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Francia, Macron e i primi sei mesi tra luci e ombre

Il giovane presidente della Repubblica francese ha superato il primo semestre: diverse le riforme già fatte, in particolare su lavoro e tasse – In cantiere alcune misure sociali e l’abolizione della tassa sulla prima casa, mentre le pensioni, gli investimenti e i tagli alla spesa pubblica sono lontanissimi dall’andare in porto – Fermo anche il bonus cultura di renziana ispirazione.

Francia, Macron e i primi sei mesi tra luci e ombre

Per il nuovo inquilino dell’Eliseo il primo semestre è andato. Il più giovane presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha chiuso i primi 180 giorni del suo delicato mandato, quello che si è sin da subito proposto di riformare profondamente la Francia, in un periodo di lenta ripresa e con la minaccia – sempre molto alta Oltralpe – del terrorismo. Proprio perché l’inizio è stato abbastanza “aggressivo”, con molte riforme fatte o messe in cantiere, la popolarità di Macron, eletto quasi plebiscitariamente al ballottaggio con Marine Le Pen, è ben presto precipitata: peggio di lui, nei primi mesi di legislatura, aveva fatto solo il predecessore Hollande. Tra le cose fatte vanno sicuramente citate la riforma del codice del lavoro, la flat tax al 30% per le rendite di capitale, la riforma dell’università, la legge anti terrorismo e la moralizzazione della vita pubblica, uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale. Come dice Les Echos, il principale quotidiano economico francese, molto è ancora da fare, ma “quanto fatto finora, al di là dei contenuti, lancia un chiaro messaggio alla Germania: la Francia è riformabile”. Ecco il bilancio, nel dettaglio.

GIA’ IN PORTO

– Lavoro: il nuovo Code du Travail, contestatissimo dai sindacati, è entrato in vigore a fine settembre. Tra le principali novità c’è proprio una nuova impostazione dei rapporti azienda sindacati, con la fusione delle rappresentanze e la precedenza assoluta alla contrattazione con l’azienda, rispetto a quella generale di categoria o rispetto alla legge (è il caso, ad esempio, dei contratti a tempo determinato, che ora saranno contrattabili col datore di lavoro). La legge riduce anche le possibilità di ricorrere al Tribunale del lavoro (tende insomma a tutelare il datore, anche attraverso la riduzione dei termini per i ricorsi), anche se in compenso aumenta le indennità da licenziamento.

– Legge di Bilancio: è in cantiere, ma ha già portato con sé tre importanti riforme: la prima è la soppressione dell’ISF, l’imposta di solidarietà sulle grandi fortune (superiori a 1,3 milioni di euro), pagata da oltre 300mila francesi e che fruttava allo Stato 4-5 miliardi. L’ISF è sostituito dall’IFI, che sta proprio per “imposta sulla fortuna immobiliare”: scompare dunque la parola solidarietà, e la tassa sarà limitata appunto ai beni immobili, escludendo ad esempio le azioni in Borsa ma anche beni mobili di grande valore come yacht e auto di lusso. Altra novità è la flat tax al 30% per le rendite di capitale, mentre dal 1° gennaio 2018 scatterà anche l’aumento della CSG, ovvero il prelievo per i contributi sociali, che sale al 9,2% per i salariati, anche se viene compensata dall’abolizione del contributo malattia e del contributo per la disoccupazione, che saranno sgravati dalla busta paga. Il governo stima dunque che i salari lordi aumenteranno.

– Scuola e università: il Governo ha individuato alcune aree sensibili, definite da “educazione prioritaria rinforzata”, e in quelle aree in classe prima elementare sarà previsto un massimo di 12 alunni. Riformato anche il ciclo universitario, in particolare mettendo fine al sorteggio per accedere agli atenei più ambiti.

– Terrorismo e conflitto d’interessi: la nuova legge per la sicurezza rende più facili i controlli d’identità e le perquisizioni amministrative, mentre sulla moralizzazione della vita pubblica, ovvero quello che noi chiamiamo conflitto d’interessi, Macron – cavalcando anche il clamoroso autogol messo a segno dal suo avversario François Fillon, che aveva assunto moglie e figli – ha vietato ai parlamentari di assumere tra i propri collaboratori membri della propria famiglia.

IN CANTIERE

– Politiche sociali: una delle principali novità in cantiere è la riforma dell’assegno di disoccupazione, che dovrebbe essere esteso anche ai lavoratori dimissionari e a quelli autonomi. Al momento il lavoratore dimissionario ha diritto al sussidio solo in caso di “dimissioni legittime”: Macron vorrebbe estenderlo a tutti, ma solo una volta ogni 5 anni. La legge è attesa per la primavera 2018 e per finanziarla il governo punta alla riduzione della disoccupazione, che secondi i piani dovrebbe essere la conseguenza delle varie riforme in atto.

– Imprese: come ad esempio quella che abbasserà la tassa per le imprese dal 33,33% al 25%. Questo atteso passaggio è però previsto, secondo le indiscrezioni, solo verso la fine del mandato, mentre entro il 2019 dovrebbe arrivare il credito d’imposta per la competitività, misura paragonabile alle nostre agevolazioni per l’Industria 4.0.

– Tassa sulla prima casa: grande cavallo di battaglia della campagna elettorale, questa misura mira a sopprimere l’imposta per l’80% dei francesi che attualmente la pagano, partendo ovviamente dalle fasce più basse, e di ridurla significativamente anche per il restante 20%. La riforma sarà spalmata nel tempo, tra il 2018 e il 2020.

IN ALTO MARE

Le riforme promesse che sembrano essersi arenate sono:

– Le pensioni: a differenza dei suoi avversari in campagna elettorale, Macron non ha mai proposto né di alzare né di abbassare l’età pensionabile. La novità, ancora al palo, doveva essere quella della “pensione a punti”, sul modello svedese.

– Il maxi piano di investimenti pubblici da 50 miliardi, di cui non si sa ancora se e come verrà mai finanziato.

– I tagli annunciati alla spesa pubblica per 60 miliardi, da fare soprattutto attraverso la riduzione del numero dei funzionari, che però finora è stata poco significativa.

– La sanità: Macron aveva promesso il rimborso totale delle cure per apparecchi acustici, occhiali e protesi dentali. Ancora niente sul tavolo.

– Bonus cultura: ispirato all’esperienza italiana, il ticket da 500 euro per i 18enni è ancora fermo.

– Riduzione parlamentari: la riforma costituzionale che vorrebbe ridurre di un terzo il numero dei parlamentari e introdurre una quota di proporzionale nella legge elettorale non è per ora sul tavolo. Non si esclude il ricorso al referendum, ma quando la popolarità del governo sarà un po’ risalita.

– Bioetica: non sarà facile, a quanto pare, nemmeno estendere il diritto alla procreazione assistita alle coppie di donne.

– Europa: della grande rivoluzione della governance continentale, per la quale Macron si era impegnato in uno stretto asse con Berlino, per ora non c’è nemmeno l’ombra.

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