Secondo posto in classifica e record di punti. La vittoria di Verona certifica l’ottima stagione dell’Inter, sin qui al di sopra di ogni più rosea aspettativa. Nemmeno ai tempi di Mourinho erano arrivati 29 punti in 11 giornate, e se è vero che il campionato è ancora troppo lungo per esprimersi con certezza sulla reale caratura della squadra, è altrettanto vero che i nerazzurri non possono più considerarsi lassù per caso.
Del quintetto di testa (la Roma ci entra di diritto vista la gara in meno rispetto agli altri) l’Inter è sicuramente quella che gioca peggio a livello estetico, però il suo spartito è tutt’altro che improvvisato. Napoli, Juventus e Lazio hanno già segnato più di 30 gol, la Roma ha la migliore difesa di tutti, i nerazzurri invece non possono gongolarsi su numeri e statistiche ma hanno solidità, cattiveria e spirito di sacrificio.
E così succede che Nagatomo e D’Ambrosio, due tra i più criticati della scorsa stagione, siano diventati terzini affidabili e insostituibili, che il giovane Skriniar venga paragonato addirittura a Samuel, che Candreva sia tornato quello della Lazio, che Perisic, da separato in casa con la testa al Manchester United, abbia ritrovato gli occhi della tigre.
Merito di Spalletti, su questo non c’è dubbio: sul 2-1 di Verona, “sporco” e “cattivo” come piace a lui, c’è soprattutto la sua firma. “Il record di punti non mi fa nessun effetto, dobbiamo percorrere un tunnel lungo fino a giugno, solo questo mi interessa – il commento del diretto interessato – In questo campionato corrono in tanti, ecco perché non voglio fare pronostici o parlare di scudetto. Se però mi chiedete cosa ci manchi per competere con Juve e Napoli io dico niente: giochiamo e poi alla fine vedremo se qualcuno sarà stato più bravo di noi”.
Messaggio forte e chiaro che, conferenza dopo conferenza, si sta facendo strada con insistenza nella testa del gruppo. Un anno fa l’Inter non avrebbe espugnato il Bentegodi, non per come si era messa la partita. Dopo il gol di Borja Valero (36’) i nerazzurri si erano fatti raggiungere da un rigore di Pazzini (59’), decretato dall’arbitro Gavillucci (dopo lungo consulto col Var) per un fallo ingenuo di Handanovic su Cerci.
Classico episodio che può ribaltare una partita, col Verona spinto dal pubblico e l’Inter costretta a togliersi lo smoking per rimettere l’elmetto. Questa squadra però ha già raggiunto la consapevolezza di essere superiore a molte del campionato, dunque nessun contraccolpo psicologico ma la bravura di sfruttare l’episodio giusto, quello in cui far emergere la maggior qualità tecnica sugli avversari.
Il siluro di Perisic (67’) ha dato 3 punti e una certezza: questa Inter c’è, eccome se c’è. Se continuerà ad esserci fino alla fine non è ancora dato a sapersi, gli indizi per crederlo però ci sono tutti e presto, continuando così, diventeranno prove inoppugnabili.