Bollette ogni 28 giorni, Vodafone rompe il fronte degli operatori Tlc e torna sui suoi passi. «Nell’aprile del 2016 abbiamo ridotto il ciclo di fatturazione – ha dichiarato l’Ad Aldo Bisio al Corriere della Sera in una recente intervista – e nei fatti aumentato i prezzi. Era un’operazione legittima in un sistema di mercato liberalizzato, dove i prezzi sono tra i più più competitivi d’Europa. Alla luce dell’attenzione posta dal Governo e dalle Autorità, ci siamo resi conto che abbiamo sottovalutato un elemento importante che ci lega ai clienti, la trasparenza. Abbiamo dunque deciso che ritorneremo al ciclo di fatturazione precedente. Sono investimenti ingenti, abbiamo avviato i lavori, e lo faremo rapidamente».
Non è chiaro ancora come Vodafone Italia riporterà indietro le modalità di pagamento – se con effetto retroattivo o solo sui nuovi contratti, se per la sola telefonia fissa o anche per quella mobile e Internet – e quando lo farà, visto che il top manager non ha ancora fornito indicazioni precise. Certamente sui tempi inciderà la necessità di riaggiornare il sistema, ma molto dipenderà da quel che decideranno governo e Agcom in particolare per quanto riguarda la retroattività. E’ evidente però che Vodafone ha capito per prima l’effetto boomerang di una mossa che ha fatto sentire “traditi” molti clienti visto che la decisione di spostare la fatturazione da 30 a 28 giorni, anche se prevedeva la possibilità di recesso dal contratto, di fatto metteva in seria difficoltà chi volesse farlo: ai contratti infatti è spesso abbinato anche l’acquisto di telefonini costosi – come l’iPhone e il Galaxy o gli ultimi modelli di Huawei – con un sistema di rateizzazione agganciato alle bollette. L’abbinamento fisso-mobile-Internet, inoltre, scelto da molti consumatori per semplificare la gestione familiare, complicava ulteriormente le cose.
TELECOMUNICAZIONI OGGI, UN DOMANI ANCHE ACQUA E ENERGIA?
Ben venga dunque il “ravvedimento operoso” di Vodafone Italia che si conferma all’avanguardia rispetto ai concorrenti come Tim e Wind-3, Fastweb e Sky, non solo sul terreno dell’innovazione ma anche su quello della trasparenza. A spingere in questa direzione, d’altronde, è stata l’azione dell’Antitrust, quella dell’Agcom e la decisione del governo di scendere in campo con il ministro dello Sviluppo Calenda che ha promesso un’intervento legislativo agganciato alla manovra finanziaria 2018 per rimuovere in via definitiva la fatturazione a 28 giorni. A preoccupare l’esecutivo in realtà, non è tanto – o non solo – la questione delle bollette telefoniche quanto piuttosto la possibilità che questo tipo di tariffazione possa estendersi un domani anche ad acqua ed energia: due settori ben più sensibili per le famiglie italiane. Nell’energia poi, dal 1° luglio 2019 scatterà la piena liberalizzazione e gli operatori già stanno posizionandosi per catturare nuovi clienti sul mercato libero.
TRASPARENZA E RECESSO
Nel rapporto con il consumatore, centrale è la questione della trasparenza e della possibilità di recesso. L’Antitrust – e in particolare la direzione generale per la tutela del consumatore guidata da Giovanni Calabrò – con 5 diverse istruttorie aveva sanzionato a suo tempo con oltre 2,5 milioni di euro Wind (due volte), Tim e la stessa Vodafone poiché, proprio per le offerte abbinate alla rateizzazione sull’acquisto dei cellulari, non veniva garantito ai clienti il diritto di recesso in occasione dello spostamento della fatturazione da 30 a 28 giorni. O perché sempre il diritto di recesso, veniva limitato nelle offerte con vincoli minimi di durata.
Sulla vicenda delle bollette, però, è scesa in campo l’Agcom che a un anno di distanza dall’introduzione delle bollette a 28 giorni, ha chiesto agli operatori – Tim, Wind Tre, Vodafone, Fastweb e Sky – di tornare sui propri passi dando loro 90 giorni di tempo per ripristinare la fatturazione tradizionale; 90 giorni durante i quali nulla è cambiato. E siccome modificare l’unità di misura comporta un aggravio di costi (le bollette passano infatti da 12 a 13 con un aumento implicito dell’8,5%) l’Agcom è tornata in campo minacciando sanzioni. Ma proprio l’avanzata dell’Agcom ha finito per fermare l’Antitrust: l’Authority comunicazioni infatti avocando a se il tema bollette, ha lasciato ai garanti del mercato solo il profilo concorrenziale (per esempio, se ci fosse o no un’intento collusivo tra gli operatori nel modificare tutti insieme le procedure di fatturazione).
PRATICHE SCORRETTE: 50 MILIONI DI MULTE
Dal 2007 l’Antitrust ha acquisito fra le sue competenze anche quella sulle pratiche commerciali scorrette o aggressive. Questa attività ha portato a circa 50 milioni di sanzioni comminate nel 2017 mentre sul fronte della concorrenza in senso stretto sono stati portati avanti 22 procedimenti quest’anno che hanno dato luogo a 350 milioni di sanzioni. Un attività importante nel suo complesso e in particolare riguardo al controllo sulla trasparenza delle pratiche commerciali.
GLI OPERATORI CHIAMANO IN CAUSA LA CORTE EUROPEA
Ora però le pratiche commerciali rischiano di cambiare titolare. Il 22 settembre del 2016 infatti, il Consiglio di Stato ha rinviato alla Corte di Giustizia europea la decisione sulla legittimità delle maxi sanzioni inflitte dall’Antitrust a Telecom Italia, Wind Telecomunicazioni ed Acotel per pratiche commerciali scorrette nei servizi premium utilizzati via Internet da terminale mobile. In contestazione ci sono i provvedimenti con i quali nel gennaio 2015 l’Antitrust sanzionò Telecom Italia con 1,75 milioni di euro, Wind Telecomunicazioni con 800mila euro e Acotel con 100mila euro. Sanzioni contro le quali gli operatori si erano rivolti al Tar del Lazio.
In pratica la contestazione riguarda il fatto che l’Antitrust si fosse pronunciata sulla questione delle pratiche commerciali scorrette che, secondo gli operatori interessati, sarebbe invece dovuta ricadere sotto la competenza dell’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni (Agcom). L’effetto dei ricorsi, che si sono sommati nel tempo, è stato quello di portare il Consiglio di Stato a sospendere la sua decisione “in attesa della decisione della Corte” europea. Sarà quindi la Corte di giustizia europea a dover stabilire se l’Antitrust è o no competente per le pratiche scorrette degli operatori o se dovrà interessarsene l’Agcom o l’autorità di settore.
La differenza non è marginale: l’Agcom è nata come autorità indipendente ma anche fortemente ancorata alla politica, in base alla sue legge istitutiva. E non si può dire che abbia brillato nella tutela dei consumatori. Completamente diversa la posizione dell’Antitrust che ha costruito nel tempo un argine a pratiche commerciali spesso aggressive. Un ruolo importante in regime di libero mercato e che diventerà fondamentale in vista della piena liberalizzazione di quello dell’energia. Sempre che la Corte Ue non decida diversamente.