Molta ampia in Veneto ma molto meno in Lombardia: affluenza al voto a due velocità nei referendum regionali per l’autonomia in Veneto e in che, data l’ovvietà della domanda, si sono conclusi con l’affermazione del Sì.
Ieri nel Veneto, dove c’era il quorum del 50,1%, ha votato il 57,9% dei cittadini aventi diritto mentre in Lombardia, dove non c’era il quorum, l’asticella si è fermata al 40%. Nel Veneto i Sì sono stati pari al 98,1% dei votanti mentre in Lombardia sono stati il 95,6%.
Esulta il Governatore del Veneto, Zaia: “Questo è il big bang delle riforme istituzionali”. E il leader della Lega Salvini se ne attribuisce la paternità,mentre altre forze politiche – dal Pd a Forza Italia e al M5S – rivendicano il loro contributo all’affermazione dell’autonomia.
In realtà la strada dell’autonomia resta in salita, perchè ora bisogna intavolare un confronto tra il Governo centrale e le Regioni per vedere se e quali delle 23 materie concorrenti (tra cui la sanità, il lavoro, la formazione, i trasporti) possono, a norma del’articolo 116 della Costituzione, essere trasferiti dal centro alle regioni. Ma il cuore della contesa riguarda il fisco, perchè Veneto e Lombardia, le regioni più ricche, vorrebbero trattenere una parte del gettito fiscale da loro prodotto.
Ammesso e non concesso che si trovi un’intesa tra Governo e Regioni, questa dovrà essere approvata a maggioranza assoluta da una legge votata dal Parlamento. Insomma, il rischio che i referendum portino a poco o nulla resta molto forte.