Alla fine di 55 grandi progetti presentati all’Unione Europea l’Italia ne ha chiusi soltanto 19. Venticinque possono stare in piedi ancora fino al 2020 e undici potranno essere completati solo con fondi nazionali. Di quelli con impatto ambientale prevalente per il Mezzogiorno – i porti di Napoli e Salerno, la bonifica dei Campi flegrei – sono in corso d’opera. Il bilancio, quindi, non è esaltante. Il portale Oper Coesione ha reso noto lo stato di attuazione dei grandi progetti a valenza europea sostenuti dalla Politica di coesione. E stiamo parlando del periodo 2007-2013. A marzo è stata fatta la rendicontazione, che in sintesi ci dice che qualcosa (più di qualcosa ) non ha funzionato. Molte attese sono state vanificate e non solo per il governo centrale, ma per le istituzioni locali e le imprese interessate ad appalti e lavori. I grandi progetti comunitari sono quelli con un investimento pari ad almeno 50 milioni di euro.
La tabella di marcia italiana è stata rispettata per 19, sacrificando opere importanti per il rilancio di vaste aree. Qualcosa è stato fatto per la banda larga in Calabria, Campania e Lombardia, alcune tratte ferroviarie pugliesi e calabresi, collegamenti stradali in Sicilia. Ma non si può essere soddisfatti quando le politiche di sviluppo di lungo periodo si affidano a questa progettualità che resta incompiuta. Le uniche due possibilità rimaste per vedere benefici sono la programmazione Ue 2014-2020 e il finanziamento con risorse italiane dei restanti 11 progetti. Ma il 31 marzo 2019 scadono i termini per il fine lavori. Le procedure, intanto, restano complesse e laboriose. Le autorità italiane si sono lamentate a Bruxelles,ma l’efficacia finora è stata scarsa. Dal Sud si ha la sensazione che non si colga appieno il senso di questi interventi. Nei fatti sono il volano economico di settori come l’ambiente, l’energia, la difesa del suolo, le tecnologie. La capacità di spesa e l’accelerazione delle opere dovrebbe essere la più spinta possibile.
E sull’onda di alcune emergenze territoriali, i progetti portati a Bruxelles all’inizio erano 76. Salvo poi vedersene bocciati 22. Quelli finanziati valgono 95,4 miliardi e comprendono anche 13,3 miliardi di risorse regionali, provinciali e comunali. L’economista Gianfranco Viesti in un suo recente studio ha sostenuto che nel Mezzogiorno la politica di coesione nazionale dal 2014 è scesa ai minimi storici. Nel periodo 2014-2020 per le Regioni meridionali sarebbero disponibili altri 54,8 miliardi di euro. Ma il dato diventa teorico quando assistiamo alla lenta capacità di spesa e di mettere a frutto le risorse. Ancora di più se scopriamo che i grandi progetti sono il 20% della dotazione complessiva dei programmi del fondo europeo di sviluppo regionale. Il loro impatto su settori vitali è trainante per comparti industriali in asfissia in condizioni normali. Quelle che al Sud spesso sono insolite.