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Cinema, “L’inganno”: Sofia Coppola e gli stratagemmi della menzogna

Nella natura umana, nonostante il diniego morale razionale, bugia e falsità sono ben presenti come, del resto, succede ampiamente nel mondo animale: la regista gioca su questo equilibrio nel suo ultimo film, interpretato magistralmente da Colin Farrell e Nicole Kidman.

Cinema, “L’inganno”: Sofia Coppola e gli stratagemmi della menzogna

Sarebbe quanto mai opportuno rileggere San’Agostino nelle sue argomentazioni sulla menzogna per meglio comprendere L’inganno, della regista Sofia Coppola, da pochi giorni nelle sale. Il tema dello stratagemma emotivo, della truffa mentale, infatti, si intreccia saldamente con quello della menzogna, volontaria o occasionale, dove talvolta l’una diventa il presupposto dell’altra. Nella natura umana, nonostante il diniego morale razionale, bugia e falsità sono ben presenti come, del resto, succede ampiamente nel mondo animale: un esempio per tutti dove il cuculo inganna gli altri uccelli facendo accudire le sue uova nei loro nidi. 

Su questo equilibrio, sottile e inizialmente labile, si svolge il racconto: siamo in piena guerra civile americana, in Virginia, in una abitazione lussuosa e padronale divenuta sede di un collegio di educande. Una delle ragazze, durante una passeggiata nel bosco, incontra un soldato nordista ferito e lo porta in casa per essere curato. Il protagonista, Colin Farrell, si trova in un ambiente formalmente ostile, diretto dalla sempre bella Nicole Kidman, ma sostanzialmente ben gradito, forse anche troppo. L’ambiente, interno ed esterno, è soffuso, ombroso,  con gli echi lontani della guerra in corso ed evoca subito una forte attrazione verso il dramma incombente. Con gli stessi tempi delle tragedie classiche, ad un certo punto gli eventi precipitano. Quando la tragedia avviene, i tempi narrativi si rompono: la conclusione è rapida e risolutiva, e riconduce lo spettatore alle reali dimensioni della natura umana, alcune delle quali, amore e violenza, drammaticamente, talvolta si intrecciano. Il titolo del film porta su un terreno ambiguo: in originale inglese, The beguiled, sembra indurre a ritenere che ci sia un soggetto che inganna ed altri ingannati, ma così non sembra e tutti, più o meno, partecipano a definire gli eventi. 

Il film piace, scorre bene, i personaggi svolgono correttamente il ruolo, i tempi sono giusti, la sceneggiatura sorregge adeguatamente la vicenda. Talvolta la regista eccede in atmosfere eccessivamente stilizzate, quasi ossessionate da formalismi ottici destinati a compiacere lo spettatore ma, comunque, il prodotto finale merita la visione. Non a caso, per questo film, Sofia Coppola ha ottenuto il premio per la migliore regia al recente Festival del Cinema di Cannes. La sua cifra stilistica sembra ormai consolidata ed è facile ricordare il suo precedente lavoro, Il giardino delle vergini suicide, dove tornano molti elementi comuni, a partire dalle difficoltà delle giovani adolescenti.  
Il film ha un illustre precedente del 1971, diretto da Don Siegel, con Clint Eastwood, dove ne riprende integralmente la trama.

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