Pirelli apre le danze e si prepara a lasciare il patto di sindacato con Mediobanca di cui è uno dei principali e storici azionisti. Il movimento, anticipato oggi martedì 12 settembre da “La Stampa”, è di quelli destinati a cambiare – e ad avviare al definitivo scioglimento – quella che un tempo è stata la “galassia del Nord”, il centro della finanza italiana, il salotto buono e crocevia dei grandi affari sotto la guida di Enrico Cuccia. In serata è arrivata dal vertice Pirelli la conferma ufficiale.
Il mondo, da allora è cambiato. Pirelli si è alleata con i cinesi ed è controllata al 100% da Marco Polo holding Italy che ha da poco presentato la richiesta di riammissione al listino. Presumibilmente il gruppo tornerà a Piazza Affari in ottobre con il 40% del capitale. Nel frattempo, la società guidata da Marco Tronchetti Provera si prepara ad uscire e vendere il suo 1,79% di Mediobanca che sommato all’8,46% in mano ad Unicredit, al 7,91% di Vincent Bolloré, al 6,6% di Mediolanum, al 2,11% di Benetton, all’1,32% del gruppo Gavio e alle quote dello 0,98% ciascuna di Italmobiliare e Fininvest (per citare solo i principali protagonisti) contribuisce al patto che controlla attualmente il 30,69% del capitale della banca milanese e che dopo scenderà poco al di sotto del 29%.
La mossa di Pirelli dovrà essere esercitata entro il 30 settembre, finestra fissata per chi vuole uscire prima della scadenza del patto a fine anno. Chi non lo fa rimarrà per altri due anni: così prevede la clausola di rinnovo automatico, stabilita dagli accordi, a condizione che i soci sindacati non scendano sotto il 25%. Condizione garantita ma per quanto? Unicredit – come ha più volte ribadito il Ceo Jean Pierre Mustier – intende alleggerire la quota in Mediobanca che considera poco redditizia, ma non prima che le azioni abbiano recuperato valore e si siano allineate a quello di libro. L’orizzonte perché ciò possa accadere è stimato dalla stessa Unicredit nell’arco di due anni e procederà di pari passo con la discesa di Mediobanca al 10% in Generali (che è l’obiettivo di partecipazione al 2019, dal 13% di oggi), con una doppia rivoluzione nei due centri del capitalismo finanziario italiano.
Tutto questo processo manifesterà in pieno le sue conseguenze nel 2020 quando a indicare gli amministratori sarà lo stesso Cda uscente, come avviene nelle società a capitale diffuso (public company) ed è già sperimentato nelle grandi banche europee. In pratica, l’uscita di Pirelli ora non pregiudica il rinnovo automatico del patto di sindacato al 2020 che si preannuncia, tuttavia, come l’ultimo. Saranno ancora i grandi soci il prossimo 22 settembre a decidere la lista di maggioranza e a presentarla all’assemblea del 28 ottobre. Scontata la riconferma degli attuali vertici della banca con Renato Pagliaro presidente e Alberto Nagel amministratore delegato. Ma sarà l’ultima volta in quanto, alla prossima scadenza triennale, sarà il Cda uscente a nominare i successivi amministratori. Perché tutto ciò si compia, naturalmente, occorre che Unicredit proceda lungo la strada già tracciata. Resta poi da vedere cosa deciderà di fare Vincent Bolloré, secondo azionista per importanza. Ma l’effetto domino dell’uscita di Pirelli pone le premesse per una vera svolta a piazzetta Cuccia.