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Facebook, Apple, Amazon, Microsoft, Alphabet: possiamo liberarci dei FAAMA?

Affascinanti e spaventosi i cinque giganti di Internet che danno vita all’acronimo FAAMA hanno una capitalizzazione di Borsa superiore al Pil della Gran Bretagna e dominano ormai molti aspetti della vita quotidiana di tutti noi – Possiamo liberarci di loro? Ecco che cosa ha scoperto il tech critic del New York Times

Facebook, Apple, Amazon, Microsoft, Alphabet: possiamo liberarci dei FAAMA?

Facebook, Apple, Amazon, Microsoft e Alphabet hanno una capitalizzazione cumulativa di 3000 miliardi di dollari. Un valore superiore al PIL del Regno Unito (2800 miliardi), che alimenta una nazione di oltre 60 milioni di persone. Gli spaventosi cinque, tutti insieme, nutrono appena mezzo milione di persone. Tanto è il numero di buste paga elargite fa tutti insieme. Uno squilibrio che lascia attoniti, non si capisce se per la valutazione sproporzionata dei FAAMA o per l’esiguità delle ricadute sociali di questa immensa ricchezza. Non è che gli spaventosi cinque siano cattivi od odiosi, tutt’altro, sono anche molto affascinanti tant’è che ciascuno di noi mantiene un rapporto importante con ciascuno di loro.

Tutte le cause più progressiste sono parte integrante del  codice etico e dei comportamento sociali e pubblici dei FAAMA. Non è un caso che alcuni dei loro capi siano sulla black list di Trump e degli alt-right. Mark Zuckerberg lancia dei manifesti politici che sembrano usciti dal più liberale dei think-thank. Insieme a quello di Sheryl Sandberg, il chief operating officer di Facebook, è uno dei nomi che circola più frequentemente come possibile candidato democratico alle presidenziali del 2020. Zuckerberg-Sandberg è un ticket politico globale di immenso richiamo. 

Tim Cook, insieme a Bill Gates, è stato considerato dalla Clinton quale candidato alla vicepresidenza. Il successore di Jobs alla testa della Apple è stato il primo CEO della Fortune 500 ad fare outing. Jeff Bezos insieme alla moglie MacKenzie finanzia le associazioni che si battono per i diritti civili degli LGBTQ e Bezos è anche il proprietario del “Washington Post” il più feroce cane da guardia di Trump che gliel’ha giurata.

Larry Page e Sergey Brin, i due fondatori di Google, vengono da una formazione montessoriana e tutte le cause più audaci, avveniristiche e pazze del mondo entrano nel loro campo di interesse. Satya Nadella è oggi uno dei manager più ammirati a tal punto da riuscire a far dimenticare la reputazione luciferina di Microsoft. Allo stile di comando energico e pugilistico di Steve Ballmer, Nadella ha sostituito una leadership meditativa e inclusiva che fa intravedere il possibile enorme contributo della cultura indiana al miglioramento del volto umano del capitalismo.

Gli spaventosi cinque restano però spaventosi. Non tanto in sé; quanto per il potere che hanno accumulato e per il controllo che stanno assumendo su molti aspetti della vita e dell’attività quotidiana degli abitanti del pianeta. Di fronte a tale potere, che indubbiamente si esercita in modo soft e camuffato, verrebbe da chiedersi: possiamo liberarci degli spaventosi cinque, o almeno di qualcuno di loro? Forse se inizia a liberarsi il consumatore singolo, poi sarà più facile arrivare a una liberazione collettiva. Il tech critic del New York Times, Farhad Manjoo, si è cimentato in questo esercizio ed ecco come ci racconta il suo percorso liberatorio. E alla fine solo uno ne restò. Chi? Leggere per sapere. La traduzione dall’inglese è di Ilaria Amurri.

BASTANO LE DITA DI UNA MANO

Qualche settimana fa ho comprato un nuovo televisore. Terminata la trafila, mi sono accorto di una cosa incredibile. Nel farmi strada fra i più microscopici dettagli che circondano questa singola operazione commerciale (decidere cosa comprare, gli accessori di cui avevo bisogno, come e dove istallarli e di quale marca) avevo trattato con una sola, onnipresente azienda: Amazon.

Non si trattava solo della TV. Mettendo insieme altri oggetti per la casa comprati di recente, ho scoperto che nel 2016 quasi il 10% dei miei acquisti in casalinghi passavano per l’azienda di Seattle, molto più di qualsiasi altra società con cui la mia famiglia abbia avuto a che fare. Per di più, con i suoi Echo, i dispositivi Fire TV, gli audiolibri, i film e i programmi televisivi, Amazon è diventata, per la mia famiglia, molto più di un semplice negozio. È il mio confessore, tiene le mie liste, dà cibo e cultura, intrattiene, educa e accudisce i miei bambini.

Può sembrare che stia esagerando, ma voi che ne pensate? Io sospetto che se esaminaste attentamente la vostra vita, ci sono buone possibilità che un’altra azienda tecnologica abbia lo stesso ruolo che Amazon ha nella mia, quello di guardiana di una comodissima prigione. È il fenomeno più evidente e sottovalutato del capitalismo nell’era di internet: tutti noi, indistintamente, siamo in balia di una manciata di aziende tecnologiche americane che al momento dominano praticamente l’intera economia globale. Ovviamente sto parlando dei miei vecchi amici, gli “spaventosi cinque”: Facebook, Amazon, Apple, , Microsoft e Alphabet, la parent company di Google.

IL PESO DEI CINQUE NELLA VITA QUOTIDIANA DELLE PERSONE

Sono fra le società più quotate al mondo, messe insieme valgono trilioni (questa settimana la capitalizzazione di Apple ha toccato gli $850 miliardi, è stata la prima società pubblica a raggiungere questa cifra e forse alle altre non manca molto) e, sebbene la Silicon Valley sia dipinta come il torbido mare della disruption, queste cinque aziende, nel tempo, sono solo diventate più ricche e potenti.

La loro crescita ha dato luogo a regolamentazioni più ampie e maggiori interventi antitrust. Inoltre, si guarda con crescente preoccupazione all’influsso più lieve che hanno non sull’economia, ma sulla cultura e l’informazione (ad esempio il timore che Facebook possa condizionare le democrazie), così come la minaccia implicita che rappresentano per le autorità governative di tutto il mondo.

Queste argomentazioni sono tutte ottime, ma sono anche piuttosto fredde e astratte. Un buon modo per quantificare il potere di queste cinque aziende sarebbe di esaminarle a livello microscopico, anziché macroscopico, per comprendere il ruolo di ognuna di esse nella nostra quotidianità e la presa particolare che ciascuna di loro esercita sulla nostra psiche.

Perciò la settimana scorsa ho inventato un gioco: se un re malvagio e tecnofobico vi obbligasse ad abbandonare tutte e cinque le “terribili”, in quale ordine le eliminereste e quanto ne risentirebbe la vostra vita? Per decidere più facilmente, prendetevi un attimo per vedere come ho risposto a questo quiz.

E ALLA FINE NE RESTA UNO

Nell’affrontare questo difficile esperimento, mi sono reso conto che scartare i primi due colossi era abbastanza facile, ma poi la scelta è diventata sempre più ardua. Facebook è stato il primo che ho eliminato. Personalmente, tendo a socializzare in rete usando Twitter, la messaggistica di Apple e l’applicazione da ufficio Slack, quindi la perdita del popolare servizio di Mark Zuckerberg (e delle sue sussidiarie, Instagram, WhatsApp e Messenger) non sarebbe poi così grave.

La seconda è stata Microsoft, che ho trovato un po’ più difficile da abbandonare. Normalmente non uso Windows, ma il programma di scrittura Word è per me uno strumento essenziale e mi seccherebbe moltissimo farne a meno.

Al terzo posto, con grande rimpianto, Apple. Non c’è niente che usi più spesso del mio iPhone e subito dopo vengono il MacBook e l’iMac 5K, forse il miglior computer che abbia mai avuto. Lasciare Apple comporterebbe profondi e fastidiodissimi cambiamenti nella mia vita, fra cui dover affrontare il pessimo software Samsung. Tuttavia potrei farcela, anche se controvoglia.

È quando si arriva alle ultime due che la vita cambia sul serio. È a questo punto che ci si rende conto di quanto profondamente gli “spaventosi cinque” si siano insinuati nella nostra vita e di come abbiamo cominciato a esserne dipendenti in tutto.

Al quarto posto ho messo Google. Non riesco proprio a immaginare di farne a meno. Senza il miglior motore di ricerca al mondo il mio lavoro diventerebbe quasi impossibile. Senza YouTube diventerebbe molto meno interessante. Senza tutto quello che può fare Google (Gmail, Google Maps, Google Calendar, Google Traduttore, Google Foto e il sistema operativo Android, di cui avrei bisogno dopo aver scartato Apple) rimarrei confinato in una vita triste e obsoleta, diciamo nel 1992.

IL SOPRAVVISUTO È: AMAZON!

Infine, eccoci arrivati alla regina del mio regno. Faccio acquisti su Amazon praticamente dal momento in cui è comparsa in rete negli anni ’90 (ero uno studente curioso, mi piaceva sperimentare). Da quel momento, di anno in anno, man mano che la mia vita diventava sempre più frenetica e carica di responsabilità (in altre parole, man mano che mi trasformavo in un tipico papà), Amazon ha assunto un ruolo sempre più importante per me.

Quando sono nati i miei figli, è diventata il nostro ipermercato di fiducia, dove comprare pannolini e altra roba per bambini. Poi ha iniziato a offrire una serie di servizi studiati per ridurre al minimo l’attività decisionale del cliente: ormai la carta igienica, la carta da cucina e molto altro mi arrivano a casa entro i tempi previsti, non devo neanche pensarci. Poi si è data all’intrattenimento, agganciandomi ancora di più: già compravo la merce imballata, allora perché non comprare anche film e programmi televisivi?

Qualche anno fa pensavo che quello fosse il massimo. Poi è uscito Echo, l’assistente vocale che comunica attraverso una persona chiamata Alexa e che ha infettato la mia famiglia come un piacevole virus.

Echo ha il potere di farsi apprezzare nei momenti più quotidiani. Ho rifatto l’impianto elettrico per poter controllare le luci con Alexa. Ho cambiato il tipo di caffè che compro perché Alexa potesse riordinarlo. Questa settimana, quando Amazon ha annunciato una nuova versione di Echo, con schermo touchscreen e funzione di videochiamata, ho provato un nuovo brivido di novità. Per come la vedo adesso, Amazon ha buone possibilità di diventare il mio cervello domestico, una specie di servitore etereo che manda avanti la baracca al posto mio.

Il che mi riporta al nuovo televisore. Sapevate che adesso Amazon vende non più solo merce, ma anche servizi a domicilio? Se comprate una TV vi proporrà un supporto da parete e se lo acquistate si offrirà di mandarvi qualcuno a casa per montarlo a un prezzo incredibilmente ragionevole. Ciò che una volta avrebbe richiesto diversi giri di negozi, un furgone, attrezzi vari, alcuni amici e tante ore adesso si può fare in pochi click.

Una sera, tre giorni dopo che avevo ordinato la TV, l’addetto di Amazon è venuto a casa e ha sistemato tutto mentre facevo da mangiare. Se la prospettiva vi fa impallidire, la reazione è quella giusta. Io sono caduto nella trappola della convenienza e voi avete ragione a ridere di me e anche a immaginarvi scenari distopici, un futuro in cui molti altri fanno quello che faccio io, in cui un’ampia percentuale di transazioni commerciali passa attraverso un solo negozio online. Di certo potete farne a meno, potete usare Target, potete sopravvivere senza diventare clienti fissi di Amazon.

Io per ora no. Ma se per voi non è Amazon, sarà una delle altre cinque o probabilmente lo è già. È troppo tardi per scappare. Ma no! Non è mai tardi per scappare.

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