Mi domandavo quando sarei tornato a parlare di rischio contagio e rischio sistemico nell’Eurozona. Da tempo non lo facevo. Anche perché qui in AdviseOnly (come sa chi ci segue abitualmente), è da un po’ che siamo freddini sull’Eurozona.
Il ritorno dello spread
Ed ora eccomi qui, con i rendimenti dei BTP in salita, lo spread rispetto al Bund pure, ed antichi Balrog che strisciano fuori dalle caverne del tempo. Si torna ovunque a parlare nevroticamente della fragilità dell’Eurozona, di euro a due velocità, di Grecia e Italia, di rischi sistemici. Nonché di fantasiosi quanto improbabili programmi d’uscita dall’euro da parte degli schieramenti politici populisti, di qui e di là dell’arco alpino. Non è in effetti un caso che questi salti di spread accadano dopo l’annuncio della Le Pen di voler uscire dall’euro e mettersi a stampare moneta.
Dopo simili affermazioni, è chiaro che i mercati finanziari si mettono all’opera, facendo un cosiddetto repricing del rischio politico nell’Eurozona: insomma, all’avvicinarsi delle elezioni in Francia, Germania, Olanda (e forse Italia), ci stanno prendendo le misure.
Per capire se e quanto preoccuparsi, vale la la pena andare ad analizzare in dettaglio gli spread. In particolare, quelli dei titoli di Stato decennali di Italia, Francia, Spagna e Portogallo rispetto al Bund, cioè il decennale tedesco. Lo facciamo misurando numericamente la forza del virus, del fattore latente ed invisibile che muove questi spread, riconducibile al rischio sistemico e di contagio nella zona euro. Infatti, se ci fosse una “rottura” dell’euro, vari Paesi potrebbero sperimentare problemi simili nel rimborsare il loro debito, e i mercati stanno già oggi iniziando a prezzare questa eventualità. Del resto, i problemi di un elemento del sistema finanziario, ad esempio una nazione o una banca, tendono a propagarsi velocemente e con impatto avverso su altri elementi del sistema, tutti molto connessi tra loro (in primis le banche). L’effetto complessivo può rapidamente diventare catastrofico.
Ho allora estratto dalla storia degli spread giornalieri degli ultimi 15 anni (fonte Bloomberg) il rischio sistemico che accomuna i Paesi più vulnerabili alle sorti dell’euro, separandolo dal rumore di fondo, utilizzando una metodologia statistica, l’analisi delle componenti principali (o PCA – se avete domande tecniche, scrivete nei commenti, sarò lieto di rispondervi).
Ebbene, il rischio sistemico associato al debito sovrano nell’Eurozona ha questo aspetto (tecnicamente è la “prima componente principale” della PCA).
Dal grafico si evince che il virus sta riacquistando forza: il trend in risalita è piuttosto netto (e dall’analisi delle componenti principali si evince che chi guida la salita è la Francia). Del resto, il rischio sistemico non è mai scomparso dall’Eurozona, suo habitat ideale: una struttura gracile, un’unione monetaria, ma non fiscale e politica, ben lontana da quell’ideale di “area valutaria ottimale” di cui spesso parlano gli economisti. Un’Eurozona dalla crescita economica asfittica, dalle banche instabili e dalla burocrazia soffocante, incapace di gestire flussi migratori e che, in breve, non ha mai risolto i suoi problemi più grandi. Un gigante d’argilla.
Questo il bicchiere mezzo vuoto.
Ma le cose sono cambiate…
Il bicchiere mezzo pieno, però, è che siamo molto lontani dai livelli drammatici del bubbone 2011-2012. In effetti, da allora qualche passo avanti è stato fatto: il sistema bancario è un po’ più solido dal punto di vista patrimoniale, l’economia non va bene ma va indubbiamente meglio e, cosa più importante di tutte le altre, Mario Draghi continua ad acquistare bond a manetta (anche se auspica di non farlo ancora per molto).
Inoltre, non c’è solo il mercato dei titoli di Stato. Grazie al nostro Barometro del rischio dell’Eurozona, che utilizza uno spettro allargato di indicatori, che guardano non solo al mercato delle obbligazioni governative, ma anche alle divise, all’interbancario, al mercato immobiliare, alle Borse e ai derivati, abbiamo indicazioni relativamente confortanti. Perché sì, il Barometro è inferiore alla soglia critica di 50, segnalando così “bassa pressione” sui mercati – cioè rischio sistemico maggiore della norma – ma non certo una situazione drammatica. Basta dare un’occhiata ai valori nel 2007 e 2008, per rendersene conto.
Insomma, l’Eurozona è oggi il maggior concentrato di rischi sistemici del pianeta (e infatti siamo “leggeri” di asset class legate al Vecchio Continente), ma non è certo il caso di farsi prendere dal panico – l’importante è monitorare i rischi ed essere pronti ad agire.
Comunque, sento che nei prossimi mesi dovremo parlare ancora di spread.
Fonte: AdviseOnly