Michele Emiliano rimane nel Partito Democratico. La minoranza, favorevole alla scissione, perde dunque uno dei suoi “tre tenori”, il leader che insieme a Roberto Speranza ed Enrico Rossi si era posto alla guida della separazione proposta da Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani.
L’annuncio alla vigilia della direzione Pd, iniziata intorno alle 15.30 e chiusa dopo poco più di due ore, che gli scissionisti hanno deciso di disertare. Il governatore della Puglia fa dietrofront e lancia la sfida ufficiale: si candiderà alla segreteria per sfidare faccia a faccia Matteo Renzi, grande assente di oggi.
La riunione è stata aperta da Matteo Orfini, “Ringrazio chi è qui oggi – ha affermato il presidente del partito -. Ho sentito in queste ore Emiliano, Rossi e Speranza e ho chiesto loro di partecipare alla direzione e al congresso e continuerò a farlo non rassegnandomi alla scelta di chi ha deciso di non partecipare”. “Chiedo a chi ha fatto una scelta diversa di ripensarci – ha continuato, riferendosi agli altri membri della minoranza – penso ci siano condizioni per andare avanti insieme ed evitare addii. Il congresso serve a questo. Quanto emerso nel dibattito in assemblea e dopo non è tale da giustificare e rendere inevitabile addii dal nostro partito. Credo che ci siano ancora margini per tenere unito questo partito”, conclude. “Alla commissione che nomineremo oggi spetta il compito di raccogliere le diverse posizioni per vedere se si può fare ancora qualche passo per ricomporre le distanze”.
Poco dopo, Orfini ha annunciato i nomi dei 18 membri della commissione che dovrà definire le regole del congresso: Silvia Fregolent, Martina Nardi, Mauro Del Barba, Ernesto Carbone, Alberto Losacco, Caterina Bini, Tommaso Ginoble, Emilio Di Marzio, Teresa Piccione, Roberto Morassut, Roberto Montanari, Claudio Mancini, Micaela Campana, Michele Bordo, Andrea De Maria, Paolo Acunzo, Antonio Rubino e anche il vicesegretario Lorenzo Guerini.
L’intervento più atteso della giornata è proprio quello di Emiliano, che dal palco annuncia con tono battagliero la propria candidatura: “L’avrei voluto fare in assemblea ma il rispetto che ho per Rossi e Speranza non me l’ha consentito. Oggi vi ribadisco che mi candiderò alla segreteria del Pd. Questa è casa mia, casa nostra e nessuno può cacciarmi o cacciarci via”.
“Con Rossi e Speranza abbiamo condotto una riflessione comune – ha continuato il governatore -, Enrico e Roberto sono persone perbene, di grande spessore umano che sono state offese e bastonate dal cocciuto rifiuto ad ogni mediazione. Renzi è il più soddisfatto per ogni possibile scissione“. Poi la bordata al rivale assente: “Matteo ci ha irriso non partecipando a questa direzione” poi si accalora: “La voglia di andar via è stata tanta ma chi non lotta ha già perso”
L’ex Premier è assente della direzione a causa di un viaggio negli Usa. Ma poco prima di partire ha lanciato una bordata agli avversari tramite la consueta enews settimanale: “”Facciamola semplice, senza troppi giri di parole. Dal primo giorno della vittoria alle primarie del 2013 alcuni amici e compagni di strada hanno espresso dubbi, riserve, critiche sulla gestione del partito e soprattutto alla gestione del Governo. Penso che sia legittimo e doveroso in un partito democratico, di nome e di fatto, che chi ha idee diverse possa presentarle in un confronto interno, civile e pacato. Tuttavia è bene essere chiari: non possiamo bloccare ancora la discussione del partito e soprattutto del paese. È tempo di rimettersi in cammino. Tutti insieme, spero, ma in cammino. Non immobili. Il destino del pd e del paese è più importante del destino dei singoli leader”.
Poco prima di Emiliano, è intervenuto anche Gianni Cuperlo, chiedendo il rinvio delle primarie a luglio (ad oggi sembra che la data prescelta sia il 7 maggio): “Proviamo a stupire noi stessi: avviamo il congresso poi affrontiamo assieme le amministrative e chiudiamo questo percorso con le primarie entro la prima parte del mese di luglio. E luglio non è una violenza sulle regole. Chiedo alla direzione di valutare questa proposta”.
Nel frattempo Matteo Renzi continua ricevere il soccorso dei “senatori del partito”. Non solo i grandi ex Walter Veltroni e Romano Prodi, ma anche lo zoccolo duro degli eredi del Pci, come Ugo Sposetti e Piero Fassino. L’ex segretario li ha ribattezzati come “i nuovi mediatori” ed è su di loro che conta per mantenere il possesso territoriale e ridurre l’appeal degli scissionisti. A svolgere un ruolo fondamentale saranno anche coloro che hanno più legami con la Cgil, vale a dire l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano e il viceministro allo Sviluppo Economico, Teresa Bellanova, cui spetta l’onere di salvare i voti dei sindacati, evitando che il fronte scissionista rubi consensi preziosissimi, non solo in parlamento, ma anche nei vari circoli territoriali.