L’esposizione ripercorre una importante stagione dell’opera del grande scultore lombardo, riguardante il rapporto tra arte e architettura, in relazione alla metropoli moderna, attraverso 16 sculture, 15 disegni e 14 fotomontaggi.
L’esposizione, dal titolo Francesco Somaini. Uno scultore per la città. New York 1967-1976, curata da Enrico Crispolti e Luisa Somaini, organizzata dall’Archivio Francesco Somaini in collaborazione con la Triennale di Milano, analizza attraverso 16 sculture, 15 disegni e 14 fotomontaggi, provenienti nella quasi totalità dalle raccolte dell’Archivio Somaini e da collezioni private italiane, il tema del rapporto tra arte e architettura in relazione alla metropoli moderna, nel cui ambito Somaini è in Italia e in Europa un pioniere, sia sotto il profilo teorico che da quello progettuale. Si tratta di una ricerca, condotta in una logica di superamento delle precedenti posizioni di “integrazione delle arti”, che l’artista sviluppa a partire dagli anni sessanta, in seguito all’impatto con la cultura e l’architettura newyorkese.
La riflessione di Somaini sulla città trova, infatti, ispirazione nelloskyline di New York, metropoli assunta a simbolo della modernità, vissuta, studiata e fotografata durante una serie di viaggi di lavoro compiuti negli Stati Uniti.
Il suo rapporto con New York iniziò proprio nel 1960 con la personale tenuta all’Istituto italiano di cultura di New York. Durante i suoi soggiorni, ha modo di incontrare importanti critici e famosi collezionisti, tra cui l’architetto Philip Johnson e la famiglia Rockefeller, Lydia Winston Malbin, Alan e Janet Wurzburger, Joseph Hirshhorn, Seimour H. Knox II e molti altri.
Questo straordinario decennio creativo nella carriera di Francesco Somaini prosegue nel 1970 con l’inaugurazione delle sculture a grande scala, progettate e messe in opera per le città di Baltimora, Atlanta e Rochester.
Somaini affida le proprie idee a una raccolta di disegni progettuali, pubblicati nel volume Urgenza nella città, curato dallo stesso scultore e da Enrico Crispolti (Mazzotta, 1972), e procede in seguito al loro sviluppo a livello plastico eseguendo la serie di grande forza immaginativa delle Carnificazioni di un’architettura della metà degli anni Settanta, come Sfinge di Manhattan del 1974 e Colosso di New York del 1976. Sculture da intendersi anche come modelli di edifici enigmatici, frutto di una originale ideazione formale che affonda le sue radici nell’antichità.
Come scrive Giulio Carlo Argan, “Somaini ha studiato coscienziosamente il problema, che coinvolgeva la sua responsabilità d’artista; ed è giunto alla conclusione che l’istituto storico e sociale della città non è scaduto. La città conserva una dimensione storica; l’intervento e l’impegno degli artisti nella ricerca di una soluzione non sono soltanto possibili, ma necessari e urgenti (…). L’assunto di Somaini è metodologico e progettuale: il compito dell’artista, oggi, non è di costruire o ricostruire la città, ma di interpretarla, renderla significante”.
Le sue sono Archisculture che, successivamente, divennero protagoniste di alcuni fotomontaggi di forte impatto, eseguiti con l’obiettivo di documentarne l’ambientazione utopica di “attingere – ricorda Bruno Zevi – un più incisivo e stridente impatto provocatorio”.
Accompagna la mostra un importante catalogo pubblicato da Skira, con testi di Francesco Somaini, Enrico Crispolti, Fulvio Irace, Giulio Carlo Argan e interventi di Beatrice Borromeo, Fabio G. Porta Trezzi e Luisa Somaini.
Francesco Somaini nasce a Lomazzo (Como) il 6 agosto 1926. Frequenta i corsi di Manzù all’Accademia di Belle Arti di Brera ed esordisce nel 1948 alla Rassegna Nazionale di Arti Figurative, promossa dalla Quadriennale di Roma. Si laurea in giurisprudenza all’Università di Pavia nel 1949. Partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia nel 1950. Dopo una fase di riflessione sulle esperienze della scultura moderna internazionale, si volge all’astrattismo e raggiunge autonomia di linguaggio verso la metà degli anni Cinquanta con opere realizzate in conglomerato ferrico (Canto aperto, Forza del nascere), che segnano la sua adesione al Movimento Arte Concreta e preludono alla grande stagione informale.
S’impone all’attenzione della critica nel 1956 con la partecipazione alla XXVIII Biennale di Venezia. Raggiunge il successo a livello mondiale con la sala alla V Biennale di San Paolo del Brasile nel 1959, dove gli viene assegnato il 1° premio internazionale per la scultura, riconoscimento che gli apre il mercato negli Stati Uniti. Nel 1960 viene invitato con una sala personale alla XXX Biennale di Venezia. L’anno seguente partecipa alla Deuxième Biennale de Paris dove riceve il 1° premio della Critica d’Arte Francese. In questi anni la sua opera incontra il favore di critici come Argan e Tapié. Interessato alla sperimentazione dei materiali, l’artista fonde le sue opere anche nel ferro, piombo e peltro, che poi aggredisce con la fiamma ossidrica e polisce nelle parti concave, per accentuarne l’espressività. E’ il tempo deiMartirii e dei Feriti, presentati nelle varie personali allestite alla Galleria Notizie di Torino, all’Italian Cultural Institute di New York, alla Galleria Odyssia di Roma e New York, alla Galleria Blu di Milano e in tutte le più importanti collettive internazionali di scultura.
Conclusasi la stagione informale, Somaini carica le sue sculture di valenze simboliche (Portali,1967), dove forme organiche sono poste in continuo rapporto dialettico con volumi geometrici di impianto architettonico, che raggiungono livelli di alta visionarietà con il ciclo delle Carnificazioni di un’architettura (1974-1976). Nella convinzione che la scultura debba svolgere un ruolo di riqualificazione del tessuto architettonico urbano – maturata durante le esperienze informali compiute a grande scala, tra il 1958 e il 1972, in Italia e negli Stati Uniti – lo scultore formalizza le proprie idee a livello teorico e utopico in una serie di studi progettuali(Crispolti, Somaini, Urgenza nella città, Mazzotta, Milano 1972). Parallelamente alla riflessione sul rapporto tra scultura, architettura e contesto ambientale, Somaini sperimenta una tecnica personale di intaglio diretto praticato mediante l’uso del getto di sabbia a forte pressione, che diviene a partire dal 1965 componente fondamentale del suo linguaggio plastico. Nel 1975 l’analisi concettuale delle procedure laboratoriali inerenti alla scultura, conduce l’artista all’ideazione di una “traccia” a bassorilievo, ottenuta mediante il rotolamento di una “matrice” scolpita che, lasciando un’impronta in divenire, sviluppa e rivela un’immagine criptica ad essa affidata in negativo. Matrici e tracce introducono l’elemento dinamico, l’azione, l’idea di un percorso, di un intervento che coinvolge architettura e contesto urbano. Queste nuove opere vengono presentate nella sala personale alla Biennale di Venezia del 1978 (Prima traccia e la scultura matrice: Antropoammonite), nella antologica al Wilhelm -Lehmbruck – Museum di Duisburg nel 1979 (Sviluppo di un paesaggio antropomorfico e matrice, 1978-79) e nella personale all’Orto Botanico di Lucca nel 1980 (Svolgimento dell’avvolto: traccia tragica, 1979).
A partire dalla metà degli anni Ottanta, Somaini si volge nuovamente all’esecuzione di opere a grande dimensione, realizzando in Italia e in Giappone, dove la dialettica dell’impronta porta alla trattazione di forme in positivo/negativo, come in Porta d’Europa, Como 1995.
L’artista procede all’intaglio diretto del marmo con il getto di sabbia ad aria compressa a partire dal 1975 (Antropoammonite I), attività che prosegue in opere successive di grande impegno come Fortunia (1988), in una serie di Lotte con il serpente caratterizzate da una organicità prepotentemente vitalistica, comeFortuniaVincitrice (2000), installata in prossimità dello svincolo dell’autostrada a Como. Opere in parte proposte nell’antologica allestita nel Palazzo di Brera a Milano nel 1997, nella Quadriennale di Roma del 1999, nelle Biennali di Carrara del 1998 e 2000 e nell’antologica al Castello di Pergine (Trento) del 2000. In questi ultimi anni lo scultore affianca sempre più l’attività disegnativa e pittorica a quella plastica. Nel 1999 pone mano a una grande serie di opere su carta che riprendono in chiave fantastica i miti e le leggende sviluppatisi attorno all’Etna, rivisitati anche attraverso la lettura di Maria Corti (Catasto magico, Einaudi, 1999). Negli anni seguenti colloca negli uffici del Centro Commerciale Bennet di Montano Lucino (Como) Fortunia Vincitrice (1997-2000) e Variazioni su Grande scultura verticale(2001).
Partecipa ad alcune importanti mostre, come Arti e Architettura, 1900-2000 curata da Germano Celant al Palazzo Ducale di Genova (2004), Scultura Italiana del XX secolo alla Fondazione Arnaldo Pomodoro e Annicinquanta. La nascita della creatività italiana, Palazzo Reale di Milano (2005). Muore a Como il 19 novembre 2005. La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma gli dedica la prima retrospettiva postuma, Il periodo informale 1957-1964 (2007).