Autorità Antitrust e Autorità anticorruzione, insieme, per condannare l’affidamento di appalti pubblici mediante la cosiddetta “adesione postuma”. Di che si tratta? Consiste nell’adesione successiva, disposta da una stazione appaltante senza confronto competitivo, agli esiti di una gara pubblica bandita da altra amministrazione. In pratica: la Regione Lombardia, per esempio, aderisce senza concorso all’appalto vinto dalla ditta X che ha partecipato e vinto alla gara pubblica bandita, per esempio, dalla Regione Lazio. All’origine di questa pratica c’è la ricerca del risparmio sui costi, connessi alla partecipazione di una gara, sia per le aziende che per le amministrazioni.
Il rischio è che questo tipo di affidamento di affidamento possa però eludere i principi di tutela della concorrenza e delle disposizioni in materia di affidamento di contratti pubblici.
Infatti, osservano le due Authority, perché sia legittimo il meccanismo dell’adesione postuma “sono necessari una corretta programmazione dei fabbisogni da soddisfare mediante l’affidamento e la puntuale definizione del valore dell’appalto oggetto di gara, che deve includere anche gli eventuali rinnovi o adesioni successive”.
Inoltre, “la clausola di adesione postuma prevista nella documentazione di gara deve essere circoscritta e ben determinata sia sotto il profilo soggettivo (stazioni appaltanti che potranno aderire alla gara) che oggettivo (valore massimo di affidamento postumo consentito)”.
Viene, infine, evidenziato come l’adesione postuma non debba, in ogni caso, dar luogo a rinegoziazione dell’oggetto del contratto, sotto il profilo sia della tipologia di attività da eseguire che delle condizioni economiche da applicare.
“Solo se vengono rispettate in maniera rigorosa tutte le predette condizioni – concludo Antitrust e Anac – il meccanismo di adesione postuma può legittimamente utilizzarsi come strumento aggregativo della domanda al fine di conseguire eventuali risparmi di spesa”.