Sarà, quella di oggi, la giornata più amara, forse più difficile per Janet Yellen. La presidente della Fed deporrà davanti al joint committee del Congresso, di fronte ad una maggioranza repubblica che gli rinfaccerà la politica dei tassi bassi che avrebbero dovuto favorire Hillary Clinton. Oggi, al contrario, non sono pochi i falchi che sperano che lei si faccia da parte. Di propria volontà o meno. Che farà Yellen la colomba? Prenderà atto del mutato scenario politico-economico e sancirà il rialzo di dicembre che ormai il mercato sconta al 94%, oppure porrà l’accento sull’inasprimento delle condizioni finanziarie seguito alla volatilità su tassi, e troverà altre scuse per rinviare la decisione? Buona la prima, probabilmente anche se le sorprese in quest’anno bisesto non mancano mai.
LA CINA SFIDA TRUMP.YUAN AI MINIMI DAL 2008
L’avanzata del dollaro ( 109,76 sullo yen, 1,0698 sull’euro) e del T bond sostiene stamane l’andamento dei mercati asiatici nonostante la chiusura debole della Borsa Usa. A Tokyo l’indice Nikkei sale dello 0,1%, analoga la variazione della Borsa di Seul, Sidney +0,2%.
Il rendimento del Treasury Bill decennale è salito ieri fino a cresciuto al 2,26%, da 2,22% della chiusura, nuovo massimo dal dicembre 2015, stamattina è a 2,20%.
La Banca del Giappone ha annunciato stanotte, a sorpresa, un programma speciale di acquisti di obbligazioni, una risposta al forte incremento dei rendimenti registratosi negli ultimi giorni.
Il premier giapponese Shinzo Abe si è incontrato con Donald Trump. Un primo contatto tra i due leader divisi dalla sorte del Tpp, l’accordo commerciale tra Asia e Stati Uniti che il nuovo presidente non intende siglare.
La prima vera sfida per il nuovo leader Usa arriva dalla Cina, accusata da Trump di concorrenza sleale per la manipolazione dei cambi. Pet tutta risposta Pechino continua a deprezzare il fixing dello yuan, in calo da dieci giorni- La moneta cinese è scivolata stamane a 6,8692 sul dollaro, ai minimi dal 2008.
SI FERMA IL DOW JONES DOPO SETTE RIALZI
Hanno chiuso in rosso gli indici di Wall Street: il Dow Jones (-0,29%) ha interrotto una striscia di sette sedute consecutive di rialzo, Giù l’S&P 500 (-0,16%). Continua invece il recupero dell’indice di Times Square, il Nasdaq, su dello 0,36% grazie alla riscossa dei titoli tech.
Dopo l’euforia elettorale i mercati si scoprono più cauti anche per la confusione che sembra regnare nella formazione dello staff del nuovo presidente. Delude il dato sulla produzione industriale. A ottobre c’è stata crescita zero, contro una previsione di +0,2%. A settembre il dato definitivo mostra un calo dello 0,2%, contro una prima rilevazione di +0,1%. Questi ultimi numeri rendono ancora più confuso il quadro di riferimento degli investitori: la congiuntura non sembra giustificare un rialzo, ma, al contrario, prende corpo il timore che la Fed punti a un’accelerazione sulla strada del rialzo dei tassi, per contrastare l’effetto inflazionistico dei piani di incremento della spesa pubblica del nuovo presidente Usa.
Accelera ancora il dollaro, scambiato a 1,0670 contro l’euro (da 1,072 del giorno prima), massimo dal dicembre 2015.
Sono tornati a salire i tassi dei titoli di Stato. Il rendimento del Trasury Bill decennale è cresciuto al 2,26% da 2,22% di martedì anche un questo caso al nuovo massimo dal dicembre 2015.
Prosegue intanto la diversificazione dei portafogli azionari: il comparto tecnologia, sceso del 3,6% nei giorni seguiti alle elezioni (pesa il rischio dei dazi sui prodotti realizzati oltre confine) ha recuperato ieri lo 0,92%.
Opposto l’andamento dei finanziari. Ma nonostante la frenata di ieri (JP Morgan -2,5%) il comparto registra ancora un rialzo del 9,3% rispetto all’8 novembre. A sostenere i prezzi, oltre alle attese sui tassi, contribuisce la previsione di regole assai meno severe sulla finanza. Si allarga così la distanza con l’Europa, sempre più restrittiva.
MOSCA APRE ALL’ACCORDO SUL PETROLIO
Poco mossi i prezzi del petrolio: Brent a quota 46,93 (-2 centesimi rispetto alla vigilia) Wti a 45,88 (+0,2%), sotto la spinta di fattori contrastanti: da una parte ci sono le scorte americane cresciute più del previsto, dall’altra gli sforzi per per arrivare ad un accordo entro il 30 novembre, data del meeting Opec di Vienna. Ieri il ministro russo dell’Energia, Alexander Novak, ha detto che Mosca è pronta a sostenere la decisione dell’Opec di congelare la produzione di greggio e vede grosse chance che si possa arrivare ad un accordo sul tema entro il 30 novembre. Il ministro ha aggiunto che c’è la possibilità di un suo incontro con il ministro dell’energia dell’Arabia Saudita, Khalid al-Falih, ad una conferenza sul gas a Doha in questo fine settimana.
Deboli i titoli del settore energia: Eni -0,6%, Saipem -1,3%, invariata Tenaris.
MILANO IN ROSSO. STANDARD & POOR’S: L’ITALIA RIPARTIRA’ NEL 2025
Azionario europeo in rosso nella seduta di mercoledì.
Milano ha chiuso in calo dello 0,71% a 16.560 punti, dopo aver toccato un massimo di giornata a 16. 803 punti e un minimo a 16. 436. Alla volatilità dell’indice contribuiscono le tensioni in vista del referendum del 4 dicembre.’
In linea le performance degli altri listini del Vecchio Continente. Parigi ha ceduto lo 0,69%, Francoforte lo 0,58%. Londra lo 0,56% e Madrid lo 0,64%.
Lo spread Btp/Bund è tornato a salire sopra i 170 punti base, chiudendo a quota 173,658 con un rendimento del 2,034% di nuovo sopra la barriera del 2%. Lo spread col decennale spagnolo in seduta è oscillato fra 41,5 e 46,9 punti base per chiudere in area 43 punti base.
Tra i titoli più colpiti dalla pioggia di vendite sull’obbligazionario seguite alla vittoria di Trump figura l’emissione italiana a 50 anni: dal collocamento ad inizio ottobre ( 5 miliardi a fronte di una richiesta del mercato per 18 miliardi) la perdita ammonta al 14%.
Sono sempre più complicate le relazioni tra l’Italia e la Commissione Ue. Secondo Bruxelles a manovra 2017 dell’Italia rischia di non rispettare i requisiti di bilancio europei, perciò il giudizio definitivo cui conti è stato rinviato alla prima parte del 2017. La commissione non è entrata formalmente nel merito della richiesta italiana di scorporare le spese previste nel 2017 per l’emergenza migranti (0,2% del Pil) e per la ricostruzione del dopo terremoto (un altro 0,2%). Ma il Commissario agli Affari economici e monetari Pierre Moscovici ha riconosciuto che “una parte significativa” dello sforamento è riconducibile a tali fattori”, aggiungendo che la Commissione ne terrà conto.
L’Italia non tornerà ai suoi livelli pre-crisi prima della metà del prossimo decennio. Questa la previsione di Jean-Michel Six, capo economista per l’area Emea di S&P Global Ratings, che ha aggiunto come la debolezza della produttività pesi molto sulla performance economica del Paese, unico tra gli Stati Ue a non aver registrato alcun incremento dal 2000. Per questo, ha stimato Standard & Poor’s, il pil italiano è destinato a non superare un +1% annuo nel periodo 2016-2018, Tra i fattori negativi pesa “lo scarso dinamismo” confermato dall’andamento dell’export: +4% nel terzo trimestre di quest’anno al di sopra dei loro picchi antecedenti la crisi finanziaria, “dato modesto comparato al +15/25% di alcuni partner di Eurolandia”.
GENERALI, LA QUOTA MEDIOBANCA SARA’ RIDOTTA AL 10%
In primo piano oggi Generali -1,19% anche perché, con la conversione dei bond detenuti in Mps potrebbe arrivare a detenere il 7-9% del capitale della banca senese, “un’opportunità interessante” a detta di Mediobanca Securities.
Ma la notizia bomba è legata al piano industriale annunciato stamane da Mediobanca: l’istituto, secondo il Financial Times, è pronta a vendere una parte della sua quota nella compagnia per finanziare i suoi progetti di crescita in nuove aree di business nelle attività di gestione del risparmio e delle ricchezze. Oggi Mediobanca ha il 13% di Generali, secondo due fonti sentite dal quotidiano finanziario inglese, questa quota potrebbe essere ridotta intorno al 10%, ma in caso di grosse operazioni, potrebbe decidere di scendere fino a poco sopra il 5%.
PIAZZETTA CUCCIA SALE AL 100% IN BANCA ESPERIA
Mediobanca ha infatti annunciato stamattina giovedì un piano industriale di focalizzazione sul risparmio gestito che prevede l’acquisto della quota non ancora posseduta in Banca Esperia: il 50% della società specializzata nella gestione di grandi patrimoni, è stato pagato 141 milioni di euro. Il piano 2016-2019 annunciato stamattina prevede di arrivare nel 2019 ad un utile operativo di un miliardo di euro, +43% dai livelli attuali. Ritorno sul tangibile Equity al 10%. Common Equity Tier 1 al 14%. Mediobanca ha chiuso il primo trimestre del suo esercizio fiscale con un utile netto di 270,7 milioni di euro, in rialzo del 10,8% anno su anno anno anche per effetto della cessione di una quota in Atlantia, vendita che ha generato 110 milioni di euro di plusvalenza. Il consensus si aspettava 155 milioni di euro. L’utile operativo è salito a 314 milioni di euro da 310 milioni di un anno prima, meglio del previsto. Il Common Equity Tier 1 è del 12,53%.
MPS, LA CONVERSIONE DEI BOND SCATTERA’ IL GIORNO 28
Nel comparto bancario i riflettori sono ancora accesi anche sul piano di conversione volontaria dei bond di Monte Paschi (-2,34%) che la banca intende far partire entro il giorno 28.
Ci saranno due distinte offerte, una per il pubblico, l’altra per gli istituzionali ma l’unica differenza sarà che il retail potrà fare un passo indietro rispetto all’adesione in caso di pubblicazione di un supplemento al prospetto. Se l’offerta sui subordinati – operazione da cui gli analisti stimano che la banca raccoglierà 1-1,5 miliardi – dovesse naufragare, non “sarà possibile prescindere dal bail-in” come ha confermato Elke Koenig, numero uno del Single Resolution Board, riferendosi alle regole dell’Unione europea che impongono perdite a bondholder e altri creditori nei salvataggi bancari.
Marzotto Sim commenta che allo stato attuale delle cose è impossibile quantificare per i potenziali aderenti la convenienza dell’offerta, in quanto non ne sono stati resi noti i termini. E’evidente anomalia di una richiesta di concambio al buio. Il comportamento più logico e razionale del singolo investitore sarebbe quindi quello di attendere fino all’ultimo per decidere se aderire e meno, atteggiamento che se adottato dalla maggioranza potrebbe creare un danno a tutti. In questa contraddizione, a nostro avviso, sta la peculiarità (e in un certo senso la debolezza) dell’offerta”.
Unicredit -4,1%: Hsbc ha confermato il giudizio Buy, target price a 2,85 euro. Il piano che la banca presenterà il 13 dicembre, dovrebbe prevedere anche la conversione di una parte delle obbligazioni in circolazione e un accantonamento da 9 miliardi di euro a fronte di crediti in sofferenza.L’emissione di obbligazioni con sottostante i crediti dubbi e deteriorati dovrebbe essere svolta da una società aperta alla partecipazione di soci di minoranza.
Banco Popolare -4,2%, Banca Pop. Milano -4,7%: Barclays ha tagliato i target price di entrambe le banche.
FCA LANCIA STELVIO. DOMANI ACCORDO CON AMAZON
Reagisce Fiat Chrysler (+2,21%) dopo le vendite innescate dalle notizie su un’azione giudiziaria nei confronti di FCA US e di Cummins relativa alle emissioni di taluni veicoli Ram, accuse smentite con veemenza dal gruppo, La riscossa del titolo ha coinciso con due notizie positive. Innanzitutto il debutto al Salone di Los Angeles della Stelvio, il primo Suv targato Alfa Romeo, sviluppato a Cassino sulla stessa piattaforma di Giulia e che dispone dello stesso propulsione. E’ una nuova mossa per strappare quote di mercato Usa ai Big tedeschi, Bmw e Mercedes in testa. Intanto è iniziata in Cina la produzione di differenziali per l nuovi momenti di Suv,
Molta attenzione ha sollevato anche la notizia che domani Fca annuncerà un accordo commerciale in Italia con Amazon.
CONTINUA LA FRANA DI FERRAGAMO E TREVI
Terna +0,7%: Citigroup ha alzato il giudizio a Buy, target price alzato a 4,60 euro. Enel invariata: Barclays ha avviato la copertura con giudizio Overweight, target price a 5,0 euro. Ferragamo -2%: secondo giorno di discesa dopo la trimestrale deludente. Trevi -11%, dopo il -19% del giorno precedente.