Giornata di profondo rosso per le Borse mondiali, piegate dal rallentamento del 10% delle esportazioni della seconda economia del globo nel mese di settembre. La sindrome cinese colpisce tutti, da Milano a Londra e il prezzo è quasi sempre superiore all’uno per cento: il Ftse Mib di Milano chiude a -1,22%. Alle 16 il Dax 30 di Francoforte lasciava sul terreno -1,45% , il Cac 40 di Parigi -1,71%, il Ftse 100 di Londra -1,2%. Apertura in netto calo anche per il Dow Jones (-0,96%9) e Nasdaq (-1,13%), a prova che Wall Street è preoccupata per lo stato di salute della Cina, ma anche per la prospettiva di un rialzo dei tassi in tempi brevi. Le minute dell’ultima riunione della Federal Reserve possono prestarsi a due letture: da un lato si riafferma la necessità di procedere in tempi relativamente brevi a un rialzo dei tassi, dall’altro non sembra che questa stretta continuerà nel breve periodo.
Il timore per un rallentamento dell’economia globale si aggiunge, però, negli Stati Uniti, alla preoccupazione per l’avvio deludente delle trimestrali con i conti di Alcoa. Oggi è stato il turno di Delta Air Lines, che porta profitti in calo, ma in misura minore da quanto previsto dagli analisti: utile netto a 1,26 miliardi di dollari, 1,69 dollari per azione, in ribasso del 4% dagli 1,32 miliardi, 1,65 dollari per azione, dello stesso periodo dell’anno scorso. Il blackout che ad agosto a costretto a terra migliaia di aerei è costato, da solo, 100 milioni di dollari. Come se non bastasse petrolio in caduta a New York, -1,4% a 49,59 dollari al barile, dopo il dato sulle scorte settimanali di greggio Usa, Il dato è cresciuto di 4,9 milioni di barili contro attese per un rialzo di 900.000 barili. Il contratto a novembre al Nymex segna un -1,4% a 49,59 dollari al barile.
A Milano perdono terreno soprattutto i bancari, che avevano tenuto bene l’argine nei giorni scorsi. A un’ora dalla chiusura, la Popolare dell’Emilia-Romagna cede il 4,36%, Banca Mediolanum -4%, Banca Popolare di Milano -4,61%, il Banco popolare lascia sul terreno il 4,69%. Dopo l’ottimismo dei giorni scorsi sull’aggregazione delle due popolari oggi il Patto per la Bpm rompe gli indugi e, come aveva fatto Lisippo, si schiera apertamente contro la fusione. In un volantino intitolato “Vota liberamente NO”, l’associazione invita i soci a esprimersi contro l’aggregazione sottolineando che “la fusione si configura come un’acquisizione della Bpm da parte del Banco con l’annullamento del valore e dell’identità”. Secondo Moody’s invece non andare per la strada della fusione “sarebbe un’occasione persa”.
Unico titolo in controtendenza Finecobank +5,58%. Il mercato vede di buon occhio il collocamento di un altro 20% da parte di Unicredit a investitori istituzionali, per gli effetti positivi che avrà sui fondamentali della banca. La stessa fiducia non trascina però Unicredit, che oggi perde il 3,64%. Forse la decisione repentina di vendere un’altra tranche di Fineco, pur mantenendo il controllo con il 35%, induce il sospetto di urgenza di capitale.
Sul fronte creditizio una notizia da segnalare è che governo, banche e sindacati sarebbero vicini a raggiungere un’intesa su un nuovo, specifico ammortizzatore per gli esuberi bancari, mentre cresce la pressione sul settore perché aumenti la redditività chiudendo filiali e riducendo il personale. Una fonte governativa spiega che gli istituti di credito potranno utilizzare tra 50 e 100 milioni l’anno per tre anni. Passando ad altri settori: sulla parità Atlantia (+0,05%), che ha avuto l’ok dalla Commissione europea per l’acquisizione del società francese Aeroports de la Cote d’Azur (Nizza), insieme a Electricité de France.
Secondo notizie stampa inoltre nelle scorse settimane il cda della società avrebbe approvato anche un programma di emissioni di bond non convertibili a medio e lungo termine fino a un massimo di tre miliardi di euro, da accompagnarsi a un riassetto del debito di Autostrade per l’Italia, cui saranno trasferite 5,5 miliardi di emissioni obbligazionarie collocate fra il 2004 e il 2014.
Sul fronte energetico bene Enel, +0,59%, mentre si accende la sfida per assicurarsi il mercato eolico in Italia. Due le offerte che ci sono su Alerion Cleanpower: una, totalitaria, al prezzo di 2,46 euro per azione, lanciata oggi da Edison, società milanese controllata dal colosso francese Edf, l’altra della utility altoatesina Fri-El, formulata nelle scorse settimane a un prezzo di 1,9 euro e fino al 29,9% del capitale. All’ultima assemblea, Amber deteneva il 15,26% di Alerion mentre il primo socio era F2i con il 16,03%. La Consob però accende un faro su questa battaglia e sull’acquisto del 2,67% della società da parte di Amber avvenuto ieri a 1,95 euro per azione, poche ore prima che venisse ufficializzato la contro Offerta di Edison-F2i.
Sul fronte monetario: in un primo momento l’euro va sotto quota 1,10 dollari per la prima volta da luglio, ma recupera rapidamente le perdite e torna a 1,103 dollari. Il dollaro riduce i guadagni anche contro le altre principali valute, dopo la pubblicazione dei dati positivi sulle richieste di sussidio di disoccupazione negli Stati Uniti. Invariato praticamente il rapporto con la sterlina. Sul fronte politico c’è da registrare l’annuncio di un nuovo referendum sull’indipendenza della Scozia da parte della premier Nicola Sturgeon.
Piangono infine i super ricchi del mondo: secondo il Billionaires Report di Ubs e Pwc infatti la loro ricchezza complessiva è scesa di 300 miliardi di dollari, fermandosi a quota 5.100 miliardi. La media per miliardo sarebbe così calata da 4 miliardi a 3,7 miliardi di dollari. Tante le ragioni: dal trasferimento di asset all’interno del nucleo famigliare all’apprezzamento del dollaro americano. In ogni caso nei prossimi 20 anni circa 460 nababbi lasceranno 2.100 miliardi in eredità ai loro nababbini, una ricchezza equivalente al Pil dell’India.