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Welfare aziendale dopo la legge di stabilità 2016

INDAGINE DELL’UNIVERSITA’ CATTOLICA DI MILANO E DI WELFARE COMPANI in collaborazione con AIDP – Notevole l’impatto delle nuove agevolazioni fiscali, specialmente per aziende del Nord e di grandi dimensioni, e, in previsione, aumento degli interventi su conciliazione vita-lavoro e dello strumento della rete di impresa per la gestione dei Piani

Welfare aziendale dopo la legge di stabilità 2016

Welfare aziendale avanti tutta, secondo una ricerca dell’Università Cattolica forte di 335 interviste a manager delle Risorse Umane, condotta dal Prof Luca Pesenti, docente di Organizzazioni Sociali e Welfare Plurale. L’indagine, Il futuro del welfare aziendale dopo la legge di stabilità 2016, promossa da Welfare Company – società di QUI! Group specializzata in soluzioni di welfare – è stata realizzata grazie alla collaborazione di AIDP – Associazione Italiana per la Direzione del Personale – con un questionario strutturato utilizzando la tecnica di intervista CAWI (Computer Assisted Web Interview) e presentata a Milano il 20 settembre scorso.

L’indagine fotografa che il 71,4% delle aziende del campione presenta al proprio interno uno o più servizi/benefit di welfare. Quadri e impiegati sono le categorie che ne beneficiano maggiormente (oltre il 65% dei casi), mentre gli operai sono all’ultimo posto (46,7%). Se si escludono le mense/buoni basto e gli orari flessibili (storicamente più diffusi), le cinque categorie di benefit più diffuse sono: Assistenza sanitaria (42,5%) – Convenzioni e agevolazioni al consumo (35,2%) – Permessi di paternità (25%) – Benefit per lo studio dei figli (23,2%) – Smart working (22,9%).

Le aziende che fanno welfare sono quelle del Nord ovest e di maggiori dimensioni. Meno rilevante il tasso di sindacalizzazione e l’andamento degli occupati. Dal punto di vista organizzativo, le aziende tendono a gestire i Piani di welfare in house. L’81% di chi ha un Piano attivo lo ha costruito attraverso accordi con singoli fornitori. Il 18,1% ha invece utilizzato un provider di servizi, il 3% i servizi proposti da Associazioni di categoria e il 5,5% ha creato una rete di imprese per la gestione del Piano. Conseguentemente la gestione del Piano prevede in maggioranza l’acquisto di servizi direttamente da fornitori (56,1%) o il rimborso spese (42,1). Il portale a menu è comunque presente in quasi un’azienda su tre.

Elementi di debolezza: scarso ricorso all’analisi dei bisogni dei dipendenti (il 23,8% delle aziende che hanno un Piano attivo). I motivi per NON attivare il Piano di welfare? Innanzitutto i costi, economici e organizzativi (richiamati da oltre il 70°% delle aziende). Commenta a tal proposito Chiara Fogliani, consigliere delegato di Welfare Company: “La ricerca rivela che 7 aziende su 10 non introducono piani di welfare perché temono sia oneroso dal punto di vista economico/gestionale. Ma è un mito da sfatare: grazie agli sgravi fiscali, 1000 euro che un’azienda eroga sottoforma di servizi di welfare invece che in prestazione in contanti comportano un risparmio di 350 euro per l’azienda e 180 euro in più in busta paga per il dipendente, che ottiene un beneficio ‘netto'”.

Le prospettive della nuova Legge di Stabilità 2016

Forte apprezzamento per l’ampliamento delle tipologie di benefit detassabili e l’eliminazione del limite di deducibilità entro il 5×1000 di costo del personale; per la libertà di scelta riconosciuta al dipendente tra premio di produttività e conversione in benefit. In generale meno interesse suscita il nuovo strumento del voucher e la rimozione del vincolo di volontarietà. A fronte delle nuove opportunità previste dalla Legge, le aziende si stanno muovendo: solo l’8,2% del campione non prevede interventi nel futuro, mentre il 33,2% sta già lavorando per la creazione di un Piano. Decisamente più “reattive” le aziende dove c’è già un Piano di welfare attivo: quasi 4 su 10 stanno già lavorando per ampliare l’offerta.

Commenta Isabella Covili Faggioli, Presidente Nazionale AIDP “La norma certo consente alle aziende di guardare con maggiore benevolenza all’adozione di piani di welfare aziendale, ma non va letta solo come occasione di saving. Il nuovo welfare aziendale rappresenta uno strumento portentoso di fidelizzazione e attenzione alle esigenze del lavoratore, tanto più in anni di crisi e di carenze del sistema sociale. Si rivela un ottimo strumento per la creazione di quel patto fiduciario per cui il lavoratore darà quel valore aggiunto che serve all’azienda per stare sui mercati e per vincere le sfide internazionali. Creare un ambiente dove il benessere del lavoratore è tra gli obiettivi principali, conduce direttamente al successo dell’azienda.”

La grande maggioranza delle imprese infatti ipotizza di intervenire principalmente sui temi di conciliazione vita – lavoro. Più di tre imprese su dieci intendono invece intervenire sui temi del sostegno all’istruzione e sulla sanità integrativa. Molto positivo il giudizio sulla possibilità di utilizzare lo strumento della rete di impresa per la gestione dei Piani: oltre la metà delle imprese potrebbe valutarne la fattibilità in futuro.

Isabella Covili Faggioli, Presidente Nazionale AIDP: “L’allargamento dell’interesse e dell’adozione di piani di welfare aziendale, come anche l’aumento del numero e del peso della figura del welfare manager, o di esperienze come il Welfare Day di Fincantieri o l’Osservatorio Confindustria Cuneo con Cgil-CISL-UIL, per la famiglia professionale che rappresento vogliono dire molto. Testimoniano e confermano che stiamo passando dalla contrattazione alla negoziazione produttiva. Un circolo virtuoso da percorrere insieme: forze sociali, impresa e istituzioni. Certo, tornando alla norma, vorremmo venisse ampliata la popolazione interessata in termini di reddito, e arricchito il pacchetto offerto. Così come non mancano ostacoli alla sua diffusione, non ultima la concorrenza che verrebbe dalla detassazione dei premi monetari di produttività che sono allo studio del Governo, ma il giudizio, come conferma nei fatti la r icerca, è generalmente molto positivo.”

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