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Giochi e tasse: l’Italia domina in Europa

In tutto il continente, il nostro Paese è per netto vantaggio quello che guadagna di più dalle imposte sui giochi – Le differenze fra i sistemi di tassazione sono molte, ma non bastano a spiegare la voragine che separa il gettito italiano da quelli di Regno Unito, Francia e Spagna.

Giochi e tasse: l’Italia domina in Europa

C’è una classifica in cui l’Italia domina incontrastata su tutta Europa: quella delle entrate fiscali prodotte dal gioco d’azzardo. Solo in queste settore, le imposte dirette e indirette portano nelle casse pubbliche italiane oltre 12 miliardi di euro (12,311 secondo i dati del ministero dell’Economia relativi al 2014), pari a circa il 3% di tutte le entrate tributarie. Una cifra che supera perfino quella dei tabacchi (10,294 miliardi), da sempre un comparto particolarmente generoso con l’Erario.

“È evidente che lo Stato italiano è quello che maggiormente incassa in Europa dal fenomeno ludico – scrive Simone Ghislandi in un saggio pubblicato sul rapporto 2016 ‘La finanza pubblica italiana’, edito da Il Mulino –, con cifre che arrivano a essere circa il doppio di quelle del Regno Unito e quasi il triplo di Francia e Spagna. Ciò a fronte di un mercato che, in termini di vincite nette, è circa il 25% più grande di quello britannico”.

Certo, il confronto diretto fra i diversi sistemi di tassazione “non è possibile – spiega ancora Ghislandi –, in quanto le definizioni stesse di materia imponibile variano in modo rilevante”. Tuttavia il paragone aiuta a capire in che modo il regime fiscale italiano sui giochi si distingua rispetto a quello degli altri Paesi europei.

Le differenze più marcate per quanto riguarda l’entità del prelievo e le modalità di tassazione si registrano su videolotterie (Vlt) e slot machine. Queste ultime producono da sole oltre la metà (54%) delle entrate erariali italiane legate ai giochi e sono tassate con un’aliquota al 17,5% (fino al 2015 era al 13%) su una base imponibile che è pari alla raccolta. Per le videolotterie, invece, da quest’anno l’aliquota è al 5,5%, cui si aggiunge però una tassazione sostitutiva addizionale del 6% sulle vincite che superano i 500 euro.

Nulla di più lontano dalle regole fiscali di Germania e Danimarca, dove le aliquote su slot e Vlt sono rispettivamente al 20 e al 41%, ma si applicano su una base imponibile costituita dalle vincite lorde. Molto diverso anche il sistema in vigore nel Regno Unito, dove ogni apparecchio è sottoposto a un’accisa che può variare da poco meno di mille a più di 6mila sterline.

Per quanto riguarda invece le scommesse ippiche, la base imponibile italiana “è la stessa di Francia e Germania – continua Ghislandi –, ma l’aliquota italiana è superiore (15% in Italia, 5% in Germania e 10% in Francia)”. L’aliquota in vigore nel nostro Paese è però nella media sul versante dei giochi online: l’Italia prevede la regola del 20% sul margine lordo, mentre la stessa base imponibile viene tassata al 15% nel Regno Unito e al 25% in Spagna.

Ma al di là dei dettagli tecnici, il primato dell’Erario italiano sui giochi non sembra poter vacillare soprattutto per i livelli altissimi raggiunti dalla raccolta, che dal 2012 si è stabilizzata intorno agli 85 miliardi l’anno. Delle novità potrebbero arrivare con la stretta anti-azzardo allo studio del governo Renzi, ma serviranno anni per capire se le misure in cantiere avranno davvero un impatto significativo sulle casse dello Stato.

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