Porte scorrevoli per il management di Barnes & Noble
Mentre le librerie indipendenti navigano con il vento in poppa, Barnes & Noble (B&N), la più grande catena di librerie del mondo, è in un cuore di tenebra. A ferragosto è stato licenziato, senza troppi riguardi, Ron Boire, un veterano della grande distribuzione, che da appena un anno aveva preso il posto di comando per fermare il declino dell’azienda. Il comunicato di B&N dichiara seccamente che Boire “was not a good fit”. I predecessori di Boire, Michael P. Huseby, dimessosi nel luglio 2015, e William Lynch, in carica dal 2010 al 2013, si sono avvicendati in un brevissimo arco di tempo senza ottenere i risultati sperati. Tre CEO in tre anni è quasi un record. La posta in gioco per B&N è veramente la continuità del business.
Non è un caso che il co-fondatore, maggiore azionista e presidente operativo, Leonard Riggio, ha postposto il suo ritiro dalle cariche operative in attesa che arrivi qualcuno in grado di rimettere davvero in sesto la situazione.
Più che ai negozi, ridottisi da 720 nel 2010 a 640, il travaglio di B&N è da attribuirsi al fallimento della sua costosa e ambiziosa strategia digitale. Una strategia per niente marginale; tutt’altro era una “signora” strategia che aveva tutte le qualità per giocare la partita con Amazon. Che ci fossero delle idee buone lo dimostra il fatto che oggi è la stessa Amazon ad adottare una strategia analoga, però capovolta. Amazon, infatti, sta affiancando alle librerie digitali, dei negozi organizzati intorno alle informazioni che il business digitale riesce a raccogliere. Negli Usa, oltre a quella si Seattle Amazon, ha in programma di aprirne altre tre, a San Diego, Chicago e Portlande si parla di altre aperture.
I problemi di B&N sono causati dalla crisi degli ebook
Paradossalmente è così. Perché B&N aveva deciso di puntare seriamente sul digitale come a sua tempo aveva fatto Xerox con la sfida, perduta, dell’ufficio senza carta. B&N l’aveva fatto con una determinazione e una convinzione veramente inusuale per un’impresa commerciale di tipo tradizionale, investendo per sei anni anni in questo progetto la quasi totalità delle risorse disponibili. La sorte di Borders, forse, aveva veramente terrorizzato il management e gli azionisti di B&N.
Se, per esempio, Walmart avesse avuto la stessa determinazione di B&N nell’affrontare la sfida dell’e-commerce, oggi non si troverebbe a riconcorrere Amazon con un distacco che appare incolmabile. Il Nook (l’e-reader di B&N uscito nel 2009), pur operando sempre in perdita, è arrivato nel 2011 ad avere quasi il 30% del mercato degli ebook. Poi il mercato degli ebook è andato in stallo per crollare con tassi argentini (giugno 2016: -16%) a causa della politica anti-ebook degli editori tradizionali che erano e sono il propellente di tutto il business di B&N. Proprio le scelte degli editori di investire sul libro, penalizzando il digitale nel breve-medio termine, ha tirato giù, insieme all’ebook, il Nook stesso e con il Nook anche B&N e il suo progetto digitale. Nel 2016 il Nook ha una quota di mercato dell’8%. Come accade sempre, le cause di questo declino
non sono solo esterne, è mancata al B&N una visione di come sviluppare un tablet competitivo e come rapportare i suoi device all’ecosistema degli ebook.
Qualcosa di analogo, seppur con cause differenti, è successo ad Apple con iBooks che oggi è qualcosa di inspiegabilmente marginale nell’offerta di contenuti della Apple. L’ibookstore, lanciato con grande clamore dallo stesso Steve Jobs nel 2010, raggiunge a fatica l’11% del mercato degli ebook. È marcatamente palese l’incapacità della Apple di costruire uno store di libri minimamente competitivo con quello di Amazon. Con la musica in streaming ci è riuscita e oggi Apple Music è un successo importante. Forse manca la volontà di fare la stessa cosa con i libri. Delle ragioni di questo mezzo fallimento, che a un certo punto ha messo molto in imbarazzo il colosso di Cupertino condannato dall’antitrust anche a pagare una salata multa con tanto di benedizione della Corte Suprema, ci occuperemo in un prossimo post.
L’incapacità di intercettare i nuovi fenomeni dell’editoria
B&N e Apple, a differenza di Amazon, hanno commesso l’errore di puntare tutto sui grandi editori mancando così di intercettare i fenomeni della nuova editoria che, a un certo punto, hanno prodotto un vero e proprio mercato parallelo, e ancora sotterraneo, che si stima in quasi in un miliardo di dollari. Il mercato degli ebook degli editori dell’Association of American Publishers (AAP) vale 729 milioni di dollari. La nuova editoria è stata invece intercettata da Amazon che sugli autopubblicati e gli editori indipendenti ha costruito un business cospicuo che supera quello che è prodotto sul Kindle store dagli editori dell’AAP. Con Apple e con B&N la nuova editoria non trova lo spazio che merita; la visibilità è inesistente e si scontra con un ecosistema che non è né amico, né aperto alle loro esigenze.
Tutto il contrario è avvenuto e sta avvenendo con Amazon dove la grande editoria sta diventando marginale e perde ogni giorno mercato a favore della nuova editoria. Author Earnings, una risorsa che monitora il fenomeno dell’self-publishing e dell’editoria indipendente, stima che l’88% dei libri prodotti da questi soggetti vengono prelevati da Amazon e che Amazon genera l’80% dei loro ricavi. B&N ha perduto questo appuntamento con la storia.
In ogni caso l’investimento di B&N sul Nook e sul negozio online è stato enorme, ma niente ha potuto reggere l’impatto micidiale del declino degli ebook dell’editoria tradizionale i cui effetti sono andati a sommarsi alle perdite operative del Nook e al calo delle vendite dei libri nei negozi. Solo nel 2016 questo calo si è arrestato con una un’inversione di marcia che però non coinvolge B&N, ma le librerie indipendenti che si stanno riprendendo una bella rivincita sulla catena che le aveva annichilite. Ricordate il film del 1998 C’è post@ per te con Tom Hanks e Meg Ryan, scritto da Nora Ephron?
I conti in disordine di B&N e le loro conseguenze
Nell’estate del 2015 il fallimento del Nook ha portato all’uscita come CEO di Michael P. Huseby che è passato a dirigere il reparto scolastico. Il posto di CEO è stato preso da Ron Boire con il compito di ridimensionare gli oneri dell’esperienza digitale e investire tutte le risorse residue sui negozi. Boire, ex-CEO di Sears Canada, Brookstore e Toys “R” Us, si è messo al lavoro cercando di elaborare nuovo concept di libreria, ma non ha avuto neppure il tempo di metterlo in pratica per via del repentino e serio peggioramento dei conti e del valore azionario di B&N.
Purtroppo sotto la gestione Boire la situazione finanziaria di B&N è peggiorata considerevolmente: c’è stata una perdita di 30,6 milioni di dollari, le azioni sono crollate del 42% e il fatturato è calato del 3,7% sull’anno precedente. Il Nook ha perso il 20%. Il mercato ha perso fiducia in B&N.
Quello che sta succedendo a B&N preoccupa molto gli autori e gli editori che hanno nella catena di negozi il luogo di maggiore smercio dei loro titoli dopo Amazon. Questo significa che, se B&N va fuori dal business, resta solo Amazon, percepito come il flagello dell’industria tradizionale del libro. La rinascita delle librerie indipendenti, che è una bella e inattesa sorpresa per autori ed editori, non riuscirebbe a compensare le conseguenze di una possibile scomparsa di BN, così come la pubblicità online non riesce a restituire agli editori dei giornali i soldi che vengono a mancare dalla diminuita pubblicità sull’edizione cartacea.
Un modello di libreria superato e la sua crisi
Senza più un business digitale trainante, Il nocciolo dei guai di B&N è l’obsolescenza del modello di libreria esistente. Si tratta di un modello concepito 25 anni fa. Oggi non ha più la forza che aveva nel passato di far entrare la gente in libreria per vendergli un libro. Tutti i principi fondativi di questo modello si stanno sgretolando. L’offerta e l’ampia selezione di titoli in esposizione, l’estensione, la centralità e la frequenza dei negozi non sono più, tutti insieme, un fattore determinate nell’attrarre visitatori e clienti. L’offerta e la selezione, rintracciabile in ogni momento sulla rete, è soverchiante e ha agito da elemento disruptivo di questo modello.
Su quel concetto di libreria si era edificato l’impero di B&N nel corso degli anni ottanta e novanta, procurandogli un vantaggio competitivo enorme sulle librerie indipendenti di allora che non erano in grado di tenere il passo con l’offerta e i prezzi dalla catena. Oggi tutto questo è venuto meno e occorre reinventare un concept della libreria di catena.
Infatti è successo che ha partire dalla fine degli anni ’90 l’offerta sterminata di titoli di Amazon ha sottratto a B&N quei clienti che già sapevano che cosa cercare e che cosa acquistare. Questi hanno smesso di frequentare la libreria. Inoltre la crescente capacità di Amazon di consegnare il libro a domicilio in tempi strettissimi ha chiuso il cappio intorno al collo dei negozi che facevano della selezione il loro punto di forza.
Bisogna riconoscere che B&N ha costruito piuttosto presto un’offerta e-commerce, ma non è mai stata in grado di competere efficacemente con Amazon che innovava a ritmi furiosi e senza riguardo per le conseguenze sui business tradizionali nei quali non aveva, a differenza di B&N, alcun interesse o coinvolgimento diretto.
Nuovi concept di negozio
Il concept di libreria che ha in mente Boire e il management di B&N è molto differente da quello delle librerie indipendenti negli USA e di Foyles a Londra, che sembrano aver trovato un varco nella densità della sfida lanciatagli dal mercato. Di ciò abbiamo già ampiamente parlato in un precedente post. Le librerie indipendenti mirano a spingere verso l’alto il valore aggiunto intrinseco al libro, investendo nel servizio offerto al lettore, quasi di curatela, e trasformando la libreria in un’impresa culturale a tutto tondo con eventi, concerti, incontri, club di lettura e spuntini intelligenti.
B&N, invece, ha un approccio prettamente commerciale, come è ovvio che sia, dato che opera nella grande distribuzione al minuto. L’idea base è quella di diversificare e ampliare l’offerta merceologica dei negozi: i libri dovrebbero essere affiancati da prodotti che il il frequentatore della libreria tradizionale finora è andato a cercare in negozi d’altro tipo. Si tratta di prodotti confinanti con il libro perché destinati al tempo libero, alla formazione, ai ragazzi, agli amanti della musica e delle attività artistiche. La libreria deve offrire anche seminari sulla programmazione e la stampa 3D.
Il concept di libreria di Boire prevede anche una riduzione dello spazio del 20/25% rispetto al modello di negozio vigente e soprattutto la presenza di un ristorante da capire se parte del negozio ridotto o in uno spazio supplementare. Sulla base di queste idee guida, B&N ha in programma di aprire nel 2017 cinque librerie/ristoranti: nello stato di New York, in California, in Minnesota, in Virginia e in Texas . Si tratta di 4 nuovi insediamenti e un riadattamento di un negozio esistente. Il negozio che sarà aperto nel marzo 2017 a Fort Worh in Texas sarà 850 metri quadrati con ristorante annesso. Si tratta di un negozio di dimensioni ridotte considerando che la dimensione media dei negozi B&N è intorno ai 3500 metri quadri. Molto contenuta è anche la libreria di Amazon a Seattle che è 500 metri quadri. Il pilot store che B&N ha aperto a giugno 2016 a Fredericksburg, in Virginia, ha una dimensione più ampia: 2500 metri quadri.
Quale sia il concept di libreria vincente non è dato di sapere. Ci sono però delle cose che si conoscono: come scrive Mike Shatzkin, uno degli insider più analitici del mercato librario d’oltreoceano, il modello della grande libreria è anacronistico. L’estensione e la selezione in sé non portano più clienti al negozio. E allora un’idea potrebbe essere quella di portare il negozio dove la gente è e si ritrova, come suggerisce Shatzkin. Più facile a dirsi che a farsi, perché bisogna rivoltare il business come un calzino. Avrà la capacità di farlo B&N? O lo farà Amazon o, magari, Facebook?