Mentre il governo prepara la svolta anti-azzardo, gli italiani continuano a giocare. E tanto. Secondo i dati dei monopoli di Stato (Aams), la raccolta di Lotto, Superenalotto, scommesse, Bingo, slot machine e via elencando è cresciuta costantemente fra il 2003 e il 2012, per poi stabilizzarsi intorno agli 85 miliardi di euro annui dopo l’ultimo picco della crisi. Al momento, l’Italia è prima in Europa per il fatturato del settore.
Insomma, siamo un popolo di giocatori. Ma chi sono, fra tutti noi, i più incalliti? La risposta non è affatto scontata. Stando alle tabelle Aams, a sorpresa, la regione che destina al gioco la spesa pro capite più elevata è l’Abruzzo: ben 328,18 euro l’anno (dati riferiti al 2014).
Sul secondo gradino del podio c’è la Lombardia (315,32 euro), mentre la medaglia di bronzo spetta all’Emilia Romagna (297,72 euro). Chiudono la top-5 il Lazio (297,16 euro) e la Liguria (283,59 euro).
Le regioni in cui il dato è più basso sono tutte all’estremo Sud: Calabria (204, 39), Basilicata (201,17) e per ultima la Sicilia, l’unico caso in cui la spesa pro capite scende sotto i 200 euro (199,92).
Molto meno sorprendente, invece, la distribuzione geografica degli altri dati legati al mondo del gioco. La ricca Lombardia spadroneggia nella classifica della raccolta (13.904 milioni di euro), così come in quelle delle vincite e della spesa (rispettivamente 10.751 e 3.154 milioni).
In tutte e tre le graduatorie il secondo posto è occupato dal Lazio, seppure con un gap oceanico rispetto alla prima posizione (raccolta 7.785 milioni, vincite 6.034 milioni e spesa 1.751 milioni).
Ma come si spiegano questi numeri? In un saggio pubblicato sul rapporto “La finanza pubblica italiana” (edizioni Il Mulino, 2016), Simone Ghislandi spiega che “in letteratura si è già trovata evidenza della natura regressiva del gioco”, in particolare per quanto riguarda “una correlazione negativa mediamente forte fra spesa pro capite e reddito famigliare medio per regione, relazione che si accentua per i giochi di pura fortuna”.