“La rinascita di Roma passa dal rilancio della Fiera”. Non ha dubbi Pietro Piccinetti che dal 12 aprile ha accettato “per amore della mia città e per il fascino della sfida” di diventare amministratore unico della nuova società fieristica. In tre mesi ha messo a punto il piano industriale 2017-19 che imprime una chiara sterzata alla corazzata capitolina, per troppo tempo lasciata andare alla deriva.Ora si punta su tre direttrici: internazionalizzazione; manifestazioni a supporto dell’industria del territorio; convegni e congressi. L’obiettivo è di traghettare la Nuova Fiera di Roma dal profondo rosso attuale all’equilibrio economico e finanziario nel 2018. Che si tratti di una sfida ambiziosa non c’è dubbio; che serva una cura da cavallo, altrettanto. Soprattutto è una sfida che si intreccia con il futuro di Roma e la palla perché sia un successo, dunque, è anche nelle mani della neosindaca Virginia Raggi.
Il prossimo e più immediato snodo di una strategia che chiama a raccolta gli azionisti in uno sforzo collettivo finalizzato al rilancio, è ora rappresentato dalla decisione del Campidoglio, attesa proprio entro il giorno in cui questa intervista viene pubblicata, sull’invio alla Regione di tutti i documenti relativi alla messa in vendita dell’area della Vecchia Fiera. Si tratta di circa 7 ettari ai bordi del centro storico e di un’operazione di recupero edilizio sulla quale il commissario Tronca ha completato il lavoro preparatorio ma ha poi deciso di lasciare al nuovo sindaco il via libera al passaggio delle carte. Un passaggio fondamentale, il solo in grado di garantire le risorse per consentire a Investimenti Spa (58,5% Camera di Commercio, 21,7% Comune di Roma, 9,8% Regione Lazio e 9,8% Lazio Innova, controllata dalla regione) di rimborsare i 200 milioni di debiti accumulati. L’alternativa sarebbe il fallimento o la vendita di tutto il complesso della Fiera, vecchia e nuova.
Nell’attesa, Piccinetti – impegnato nel private equity e tecnico di 59 anni con un esperienza ventennale nel settore fieristico, la metà passati all’estero e il resto a Milano, con un incarico anche di Ad della Fiera di Pordenone e nel board dell’associazione delle fiere europee (Cefa) – ha avviato le prime azioni e le racconta in questa intervista a FIRSTonline. Punta a trasformare la Fiera in un palcoscenico per il Made in Italy, laziale e nazionale, ad attrarre investimenti esteri e a promuovere la vocazione di Roma per il turismo congressuale. Per questa ragione è stato a Teheran, nella missione guidata ad aprile dal premier Renzi a cui riconosce il merito di aver capito l’importanza del settore fieristico come volano di sviluppo. “Dopo anni di crisi economica, fortunatamente il mercato sta ripartendo. I finanziamenti a pioggia sono finiti, giustamente, e chi cammina va con le sue gambe. Non chiediamo aiuti – è la filosofia di Piccinetti – ma attenzione. Questo governo è stato il primo a decidere di investire sulle fiere, selezionando i progetti che meritano di essere premiati. E’ quel che fa la Germania che ha messo in cantiere 850 milioni di investimenti o la Francia che ne ha in programma 500. Se tutti remiamo insieme ce la facciamo anche noi; uniti si vince”.
Il piano è ambizioso. E’ consapevole che la sua potrebbe essere una mission impossible?
“Le rispondo con dei numeri: in Italia abbiamo 34 siti fieristici, in Germania sono 70, anche piccoli ma ben radicati sul territorio. Siamo le prime due manifatture industriali d’Europa. Sono tedesche le più importanti Fiere del mondo, ricavano oltre il 50% del fatturato dall’estero,si stanno espandendo nelle regioni Asean, le nazioni del Sud Est asiatico che hanno ritmi di crescita dell’8-9% annuo. Supportano le aziende tedesche ed è per quello che la Germania esporta. Anche in Italia le opportunità non mancano, le Fiere sono il turbo dell’economia”.
In Italia, però, molte Fiere come Bologna, Genova, Forlì hanno bilanci in profondo rosso. E non parliamo di Roma dove i problemi hanno radici profonde e lontane nel tempo.
“Il settore ha risentito di una crisi industriale senza precedenti, una “guerra” che ha lasciato sul campo molte aziende, pesantemente colpito interi distretti. Tutto ciò non poteva non incidere sul settore fieristico sul quale ha influito, è vero, anche un passato di mala gestione e ha pesato la logica del poltronificio. Ora la musica è cambiata, a gestire le Fiere sono stati nominati manager, il sistema genera affari per 60 miliardi a livello nazionale e nel 2015 ha registrato un incremento di visitatori (+3,5%) e di espositori (+5,7%). Il 50% dell’export passa dalle Fiere”.
Veniamo a Roma. Come si esce dal dissesto attuale? E come il risanamento di Fiera può contribuire al rilancio anche economico della capitale?
“E’ vero abbiamo trovato una situazione drammatica e la controllante Investimenti è gravata da un debito di 200 milioni ereditato dalla Vecchia Fiera. Ogni giorno costa 22.000 euro di interessi. Tutto questo si potrà riparare con la vendita del vecchio complesso fieristico come è stata fatto a Milano, in due anni, con successo. Sono fiducioso che il Campidoglio porti avanti l’operazione. Dobbiamo far comprendere che l’Italia è la quarta potenza fieristica al mondo e questa è tutta energia per il territorio, per creare lavoro grazie all’indotto. Abbiamo lo stesso interesse: io sono qui per rilanciare la Fiera, loro per fare rinascere Roma. Abbiamo molte idee e tante sono già in cantiere”.
Ce le racconti.
“A novembre 2016, dal 22 al 27, inauguriamo la formula del country presentation con l’Iran.Ci saranno ministri e aziende iraniane, verranno a presentarsi qui. Un’occasione di incontro e scambio molto importante che potremmo replicare, se avrà successo. Abbiamo avviato colloqui con Marocco, Algeria, Cina. Prima ancora, dal 27 al 31 agosto ospitiamo l’Esc congress, il più grande congresso cardiovascolare del mondo: 35 mila delegati e complessivamente 60 mila visitatori per Roma. Una stima molto conservativa indica in 200 milioni l’indotto per Roma tra alberghi, ristoranti, shopping. Intendiamo destinare 3 Padiglioni a congressi, investendo 4-5 milioni possiamo garantire fino a 9.000 posti seduti. Per attirare investimenti esteri abbiamo poi Blast, in maggio 2017, una vera e propria expo di start up e imprese legate all’innovazione digitale. Stiamo procedendo anche ad un restyling della Fiera nel decoro e l’accoglienza. Chi verrà ne resterà stupito. E Roma, da questo punto di vista, non ha l’eguale”.
Ma come si fa a rilanciare una Fiera che non può contare su una metropolitana e trasporti pubblici efficienti: non dipende da voi ma non è, anche questo, un problema?
“Certo. La stazione Fiera di Roma è assolutamente deficitaria, i disservizi sono all’ordine del giorno e lo abbiamo scritto a Trenitalia sollecitando un ripristino della regolarità dei treni che al momento arrivano solo da Tiburtina e Ostiense. La verità è che dovrebbe fermarsi alla Fiera anche il Leonardo Express che va da Termini all’Aeroporto di Fiumicino. Anche di questo stiamo discutendo con Trenitalia. E poi c’è il nodo della pulizia: in consorzio con altri operatori, tra i quali Commercity, ci stiamo attrezzando per assicurare il servizio da soli”.
Roma è un museo a cielo aperto e una delle mete turistiche più importanti. Per non parlare dell’opportunità rappresentata dalle Olimpiadi, se si faranno.
“Roma è la quarta-quinta città turistica al mondo ed è solo al 17mo posto per il turismo congressuale. Dobbiamo scalare questa graduatoria sapendo che ogni scalino conquistato vale centinaia di milioni per l’indotto. Un volano per Roma ma per tutta l’economia italiana”.