Nel 2015, il valore delle attività finanziarie degli italiani ha proseguito la ripresa iniziata nel 2012, avvicinandosi a 4.000 miliardi di euro. Dal punto di minimo, sono stati recuperati più di 500 miliardi, grazie in particolare all’aumento delle quotazioni. Rimangono, invece, evidenti le crescenti difficoltà degli italiani nell’accantonare nuovo risparmio.
Con la crisi, le famiglie hanno cambiato la composizione del loro portafoglio finanziario, cercando di adeguarlo al nuovo contesto esterno. I bassi tassi d’interesse stanno allontanando sempre più gli italiani dai titoli di stato, arrivati a rappresentare solo il 3% del portafoglio, dal 20% della metà degli anni Novanta. Le famiglie mostrano, inoltre, un crescente disinteresse per le obbligazioni bancarie, penalizzate anche da una differente valutazione del rischio rispetto al passato: il valore dell’investimento è sceso sotto i 200 miliardi di euro, dai quasi 400 del 2009.
I bassi tassi d’interesse non penalizzano, invece, i depositi, che continuano ad attrarre l’attenzione delle famiglie, essendo l’unico strumento capace di garantire sicurezza e liquidità. Il valore complessivo dell’investimento ha superato i 1.270 miliardi, più del 30% del totale. Durante gli ultimi anni, la redditività degli investimenti finanziari delle famiglie si è ridotta. Nella composizione del reddito complessivo, è sceso il peso degli interessi: alla metà degli anni Novanta, ogni italiano incassava in media ogni anno più di 1.800 euro; nel 2015, ne ha ricevuti circa 600. Pesa la diversa composizione del portafoglio e il calo dei rendimenti medi, scesi dal 4,5% al 2,2%.
La crisi ha colpito anche gli utili distribuiti dalle società: prima della crisi, questa voce garantiva il 10% delle risorse totali delle famiglie, mentre negli ultimi anni ci si è stabilizzati al di sotto del 7%. Il brusco crollo dei rendimenti degli investimenti finanziari ha penalizzato la dinamica del reddito disponibile delle famiglie, rimasto sostanzialmente invariato nel corso degli ultimi anni, poco sopra i 1.000 miliardi di euro. La situazione appare in tutta la sua complessità passando dai valori aggregati a quelli procapite.
Nel 1995, ogni italiano aveva teoricamente a disposizione un reddito annuo pari a 12.428 euro. Nel 2008, eravamo saliti a 18.516. Nel 2015, ci siamo fermati a 17.667. Al netto della variazione dei prezzi, il potere d’acquisto dei redditi degli italiani presenta un ritardo rispetto al 2007 che si avvicina al 15%.