Nello sprint finale della campagna elettorale che precede i ballottaggi, è da Milano, forse, che sono venute le maggiori novità. Restati soli in campo, Beppe Sala e Stefano Parisi hanno messo da parte certi toni da minuetto dei primi giorni; la polemica si è fatta più diretta e, a tratti, anche più cattiva.
Un bene, tutto sommato, perché lo scenario si è fatto più nitido e lo stereotipo divulgato da molti e che presentava i due candidati quasi come dei sosia, equivalenti e interscambiabili, è stato spazzato via. A beneficio, soprattutto, degli astenuti e degli elettori incerti.
In realtà Sala e Parisi hanno in comune solo una base culturale da manager ed esperienze di dirigenza in organizzazioni complesse: poca roba, in fondo.
Per il resto (proposte programmatiche; stile di comunicazione con l’opinione pubblica; grado di autonomia rispetto al retroterra politico di riferimento) le differenze sono notevoli.
Le parole chiave di Parisi sono apparse soprattutto: cambiamento e sicurezza. Slogan suggestivi entrambi, ma abbastanza scontati. E’ naturale che il tema sicurezza, in una stagione come quella che stiamo vivendo, sia molto in alto nella graduatoria delle attese dei cittadini ma questi sanno bene, almeno in una realtà avanzata come Milano, che poteri e ruolo del Comune, in questo campo, possono operare in un ambito in definitiva circoscritto.
D’altra parte anche durante le fasi di emergenza (si pensi al tema dei campi abusivi o all’improvviso flusso di profughi dalla Siria dell’anno scorso) l’amministrazione comunale guidata da Giuliano Pisapia, alla cui esperienza Sala si richiama esplicitamente, ha dato prove di efficienza e di capacità di mobilitazione di cittadini e volontariato senza che la città ne soffrisse in modo particolare.
Ed anche nei mesi di Expo non sono emersi disagi acuti: segno che un punto di equilibrio fra spirito umanitario, doveri di accoglienza e tutela della sicurezza dei milanesi è stato salvaguardato.
E’ ragionevole prevedere che , in questa materia, Sala possa – semmai – far meglio e non peggio di Pisapia. Quanto al cambiamento, Milano nell’ultimo lustro è già molto cambiata. Ha avuto una scossa di vitalità che è stata largamente percepita sia in Italia sia all’estero. Il merito principale va, beninteso, a chi vi risiede e a chi vi lavora. Ma anche l’Amministrazione comunale ha fatto la sua parte ed anche il più ostile dei suoi critici avrebbe difficoltà a negarlo.
Il programma di Sala è: continuare su questa strada, con le correzioni, gli aggiornamenti e i rafforzamenti necessari, ma senza stravolgerla. E puntando soprattutto sulla valorizzazione delle periferie e sulla realizzazione, per davvero, della città metropolitana: la sfida più impegnativa ma anche più necessaria per Milano.
Su questi due temi Parisi non ha avanzato proposte particolarmente originali e ha preferito ribattere con un onnicomprensivo: “si cambi!”. Bene: ma con chi? Per ora il primo nome avanzato per la Giunta è stato quello di Gabriele Albertini, che di Milano è stato Sindaco sino al lontano 2006 ed è stato appena rieletto in Consiglio comunale.