I riflettori dell’Europa si accendono ancora una volta sulla Grecia. Oggi pomeriggio si terrà la riunione straordinaria Eurogruppo per esaminare “i progressi” fatti da Atene e completare la prima attesa revisione dell’accordo di salvataggio siglato l’estate scorsa, ma il via libera al trasferimento della nuova tranche di aiuti è più che mai incerto.
Ieri sera, dopo l’ennesima seduta drammatica, il Parlamento greco ha approvato il pacchetto di misure di austerità presentato da Alexis Tsipras, che prevede tagli alle pensioni, aumento dei contributi previdenziali e delle imposte. Da venerdì il Paese è stato paralizzato da un’ondata di scioperi.
A raffreddare l’ottimismo sullo sblocco della trattativa è una lettera all’Eurogruppo di Christine Lagarde, direttore generale del Fmi, secondo cui “non è credibile” l’impegno greco a definire subito formalmente altre misure preventive da far scattare nel caso in cui la Grecia non rispetti gli obiettivi di bilancio.
I creditori – soprattutto Fmi e Germania -, sono convinti che i nuovi tagli da 3 miliardi approvati dal governo ellenico con le riforme di fisco e pensioni non siano sufficienti a rispettare gli obiettivi contenuti nel piano di salvataggio, che impone ad Atene di ottenere un avanzo primario pari al 3,5% nel 2018.
Per questa ragione il Fondo e Berlino vogliono costringere la Grecia a varare subito nuove misure di austerità non previste dagli accordi della scorsa estate. In sintesi, si chiede ora al Parlamento ellenico di approvare interventi per altri 3 miliardi di euro (pari al 2% del Pil) che scatterebbero automaticamente nel caso in cui Atene mancasse l’obiettivo fissato per il 2018.
La Costituzione greca impedisce di votare una clausola di salvaguardia di questo tipo. Lo ha fatto notare nelle settimane scorse il ministro delle finanze ellenico, Euclis Tsakalotos, che ha proposto in alternativa l’impegno del suo Paese a operare tagli automatici nel momento in cui Eurostat certificasse scostamenti significativi dagli obiettivi. I creditori hanno rifiutato.