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Alibaba venderà il vino italiano in Cina

“Nel mio Paese oggi c’è una classe media di 300milioni di persone che hanno voglia di acquistare prodotti di qualità e l’Italia questi prodotti li ha, deve solo imparare a venderli”, ha detto il Ceo di Alibaba, Jack Ma, al Vinitaly di Verona.

Alibaba venderà il vino italiano in Cina

E’ il vino la prima sfida italiana di Alibaba. “Siamo qui per aiutare il vino italiano a sfondare in Cina, e non solo”, ha detto al Vinitaly di Verona Jack Ma, secondo uomo più ricco della Cina e fondatore della più grande piattaforma di e-commerce del mondo, diventata primo retailer mondiale davanti alla statunitense Wal-Mart.

Di recente, ha ricordato il manager orientale, gli sono bastati 18 secondi per polverizzare cento Mercedes e cento Maserati, mentre solo due anni fa a beneficiare di una partnership con Alibaba sono state le aragoste del Canada: il colosso asiatico riuscì a venderne 96mila in sole 5 ore. “Marco Polo impiegò 8 anni per andare e tornare dalla Cina, oggi con internet ci impieghiamo 8 secondi”, ha ancora detto Jack Ma.

L’imprenditore cinese è intervenuto ieri, a Verona, alla cinquantesima edizione di Vinitaly, per partecipare a un dibattito con il Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Un incontro, voluto dal Ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina e dal Presidente di Veronafiere Maurizio Danese, centrato sulla frontiera dell’e-commerce come strumento per conquistare il mercato agroalimentare della Cina. “Nel mio Paese oggi c’è una classe media di 300milioni di persone che hanno voglia di acquistare prodotti di qualità e l’Italia questi prodotti li ha, deve solo imparare a venderli – ha spiegato Ma – con oltre 400 milioni di acquirenti l’anno, Alibaba copre oltre l’80% del mercato web cinese composto da un totale di 688 milioni di utenti attivi”.

La sfida è stata raccolta dal premier Matteo Renzi: “Nel vino, l’Italia detiene oggi una quota di mercato cinese di appena il 6% contro il 55% della Francia – ha sottolineato Renzi – eppure il vino italiano è migliore di quello francese. L’ho detto ad Hollande e lui mi ha risposto: può darsi, ma il nostro è più costoso. E io l’ho apprezzato per questo, perché significa che la Francia è più abile dell’Italia nel raccontare i propri prodotti: è quello che ci manca e da qui dobbiamo partire per lo sviluppo futuro del comparto del vino italiano”. Da qui la scommessa digitale, una sorta di accordo siglato con Jack Ma, per spingere il made in Italy all’estero, in linea con gli obiettivi di Governo sull’export dell’agroalimentare: raggiungere entro il 2020 un fatturato di 50 miliardi di euro, di cui il 7,5 solo con il vino.

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