Mentre in tutto il mondo cresce la produzione di energia da fonti rinnovabili, il carbone si è confermato anche nel 2015 al primo posto su scala globale nella produzione di energia elettrica con una quota del 40% e con una capacità di generazione che, secondo le stime dell’International Energy Agency (IEA), crescerà dagli attuali 1.805 GW ai 2.843 GW nel 2040.
L’anno scorso l’andamento del settore del carbone ha solo leggermente rallentato: dopo 10 anni di crescita al 5% annuo, si è registrato nel 2015 un calo del 2,3% del commercio mondiale di carbone via mare, che si attesta a 1.184 milioni di tonnellate. La previsioni, da quanto è emerso nel corso del Convegno “Sistema elettrico italiano: proposte per la transizione nel post COP21”, organizzato a Roma da Assocarboni, dicono che la domanda di carbone crescerà a 5.814 Mtce (milioni di tonnellate di carbone equivalente) fino al 2020, pari ad una crescita media annua dello 0,8%; la metà della crescita avverrà in India.
Per quanto riguarda l’Italia, i dati consuntivi del 2015 sono in linea con il 2014: le importazioni di carbone per la produzione di energia elettrica si confermano a 16 milioni di tonnellate, così come le importazioni di carbone metallurgico e PCI, che si attestano a 3,5 milioni di tonnellate a fine 2015.
In Italia è tornato a crescere il contributo delle fonti fossili, soprattutto gas naturale, mentre le rinnovabili, in calo del 5,9%, hanno scontato non solo il ritorno della produzione idroelettrica sui valori medi dopo il record raggiunto nel 2014, ma anche della scarsa idraulicità del 2015. Il petrolio si conferma la prima fonte di energia primaria con una quota di circa il 36%, seguito dal gas con il 33,3% e quindi dalle rinnovabili con il 17,5% (di cui l’idroelettrico rappresenta circa il 30%).
Mentre l’Europa va al 28% a carbone, seguita dal nucleare con il 24%, l’Italia è l’unico paese dell’Unione che, pur non facendo ricorso al nucleare, ha una quota di utilizzo di carbone estremamente bassa (13%). Secondo gli ultimi dati di Assocarboni, nel 2015 l’Australia si è confermata il maggior esportatore al mondo di carbone da vapore, attestandosi a 387 milioni di tonnellate, seguita dall’Indonesia con 255 milioni di tonnellate.
Export in aumento rispetto al 2014 del 4% per la Russia (pari a 153 milioni di tonnellate), per la Colombia, con esportazioni di carbone da vapore che si attestano a 80,5 milioni di tonnellate (+7,3%) e per il Sudafrica con 75,6 milioni di tonnellate (+1,5% rispetto al 2014). L’India supera la Cina e nel 2015 si afferma come il primo importatore al mondo di carbone, con importazioni che si sono attestate a circa 210 milioni di tonnellate, rispetto al dato cinese fermo a 180 milioni di tonnellate.
Crescono anche le importazioni totali di carbone in Giappone, che si sono attestate a 190,6 milioni di tonnellate (+1,3%), in Corea con un totale di importazioni di carbone da vapore a 93,7 milioni di tonnellate (+1%), e in Turchia, dove l’import totale ha raggiunto i 34 milioni di tonnellate (+14%). Raddoppio delle importazioni di carbone per il Vietnam, che passa dai 3,09 milioni di tonnellate del 2014 ai 6,97 milioni del 2015 (+125%). Le importazioni della EU-28 nel 2015 sono stimate a 191 milioni di tonnellate.
Tornando al nostro Paese, nel 2015 l’Italia ha importato 16 milioni di tonnellate di carbone da vapore e 3,5 milioni di tonnellate di carbone metallurgico e PCI, in linea con i consumi del 2014.
I maggiori operatori italiani del settore continuano a dimostrare una straordinaria capacità di innovazione: rispetto alle più obsolete e meno efficienti tecnologie impiegate nel passato, i moderni impianti ad alta efficienza e a basse emissioni disponibili oggi in Italia per la produzione di energia elettrica, emettono tra il 25 e il 33% di CO2 in meno e vantano un rendimento medio del 40%, con un picco del 46% registrato nell’impianto di Torrevaldaliga Nord: livelli che nel mondo vengono raggiunti solo da un impianto in Giappone e uno in Danimarca.
Secondo le stime della European Power Plant Suppliers Association (EPPSA), se queste tecnologie ad alta efficienza venissero implementate anche nelle oltre 3.000 centrali a carbone ancora inefficienti presenti nei paesi in via di sviluppo, che hanno un’efficienza media del 33%, verrebbero eliminate 1,5 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno. Tale risultato consentirebbe una riduzione delle emissioni di CO2 pari a circa due volte e mezzo i 600 milioni di tonnellate già ottenuti grazie all’utilizzo delle fonti rinnovabili, ad esclusione dell’idroelettrico, con un costo totale stimato in 120 miliardi di dollari.
Le imprese italiane pagano una bolletta elettrica più cara del 50% rispetto alla media europea, dal momento che il Paese dipende per oltre il 70% del suo fabbisogno energetico dal gas naturale, fornito principalmente da Russia e Algeria, e dalle fonti rinnovabili. “Il carbone non è il nemico da combattere e la produzione elettrica da carbone ha un impatto ambientale che nel ciclo di vita è simile alle altre fonti fossili, anche in considerazione degli efficienti sistemi di abbattimento delle emissioni applicati con l’implementazione delle tecnologie sviluppate negli ultimi anni”, ha dichiarato Andrea Clavarino, Presidente di Assocarboni.