“Fare Banca in maniera sostenibile e soddisfare le richieste dei clienti: così serviamo l’economia italiana”. Chi immaginerebbe mai che nella splendida Villa Fürstenberg di Mestre, dove nel 1849 il feldmaresciallo austriaco Radetzky firmò la Resa di Venezia, ci sia la sede di una banca senza sportelli ma dalle performance stellari come la Banca IFIS, che vale in Borsa più di un miliardo e mezzo di euro con un track record di oltre il 700% dal 2002 ad oggi? Ma è qui che Giovanni Bossi, l’amministratore delegato della banca indipendente presieduta da Sebastien Egon Fürstenberg che la fondò nel 1983 e che ne detiene circa il 51%, ha rilasciato a FIRSTonline un’intervista ricca di notizie ma anche di sorprese.
Ancor più dei numeri di bilancio e di Borsa che testimoniano uno sviluppo organico senza sosta, che potrebbe conoscere presto altri colpi d’ala, è la filosofia aziendale di Banca IFIS che colpisce e che si riassume nell’obiettivo di fare al meglio il proprio mestiere, conciliando gli interessi della banca e dei suoi clienti con quelli del Paese.
FIRSTonline – Dottor Bossi, Banca IFIS ha chiuso il 2015 con un utile netto di 162 milioni di euro in aumento del 68,9% e un rialzo di Borsa del titolo di oltre il 110%: sicuramente è un anno da incorniciare per la sua banca, ma è un anno eccezionale che sarà difficile superare o è un anno replicabile?
BOSSI – Le rispondo con i numeri. Da quando nel 1995 era ai minimi di Borsa e aveva una capitalizzazione di 10 miliardi di vecchie lire, il titolo è cresciuto di 300 volte, si è moltiplicato del 30mila per cento e oggi vale 1.500 milioni di euro. Dal 2002 il track record è stato del 700%. Questo significa che il nostro progetto è apprezzato dal mercato e ha un’eccellente prospettiva di crescita di lungo termine, essendo ancora a metà del cammino. Quanto al bilancio, certamente l’esercizio 2015 ha usufruito di una plusvalenza irripetibile dovuta alla progressiva liquidazione dei titoli di Stato, su cui noi avevamo creduto e massicciamente investito nel 2010, ma il nostro trend di sviluppo resta attorno al 20% l’anno grazie alla redditività ordinaria che deriva dalla crescita organica. E così ci aspettiamo che sia anche nel 2016.
FIRSTonline – Qual è il segreto del successo di Banca IFIS? Il business model, lo stile di gestione o la debolezza della concorrenza?
BOSSI – Abbiamo lo straordinario vantaggio di non essere una banca tradizionale e di essere completamente focalizzati su tre driver: il
controllo della liquidità, il controllo della patrimonializzazione e il controllo della redditività. Questi tre elementi centrali della nostra strategia sono la base del mantra di Banca IFIS, che opera puntando a obiettivi che siano insieme buoni per la banca e i suoi clienti e buoni per il Paese. In altre parole, cerchiamo di fare bene il nostro mestiere aggiungendo valore all’economia del Paese. So che sembra un equilibrio impossibile ma conciliare i nostri interessi con quelli dell’economia italiana si può fare, e la nostra realtà lo dimostra.
FIRSTonline – Che vuol dire che non siete una banca tradizionale?
BOSSI – Siamo una banca senza sportelli e questo ci rende snelli e competitivi: oggi lo sportello bancario non è più lo strumento idoneo a fare banca perché non permette la comunicazione diretta tra la banca e il cliente ed è solo un costoso ed inefficiente intermediario. Se ne stanno accorgendo gli istituti generalisti che, dopo aver fatto la corsa ad acquistare sportelli a prezzi da capogiro, oggi sono costretti a ridurli o ad inventare prodotti non per il cliente ma per lo sportello. La “sportellite” è la malattia senile delle banche
tradizionali e per fortuna noi ne siamo completamente esenti.
FIRSTonline – Senza sportelli Banca IFIS si rivolge al cliente unicamente online?
BOSSI – Non solo. La digitalizzazione è parte integrante del nostro business model ma non c’è solo Internet: la comunicazione diretta si fa anche con il vecchio caro telefono o la stretta di mano. L’importante è mettersi al servizio del cliente ed essere in grado di servirlo al meglio in ogni momento, andando realmente incontro alle sue esigenze, sia esso un’impresa, una famiglia, un risparmiatore.
FIRSTonline – Il superamento della recessione del Paese favorirà o rallenterà il vostro attivismo nell’acquisto e gestione di portafogli di non performing loans nel settore del credito al consumo che, insieme al finanziamento delle Pmi, è il core business della vostra banca?
BOSSI – Viviamo una sostanziale stabilizzazione della nostra economia. Non precipitiamo più ma la crescita è ancora debole e avremmo bisogno di mettere un po’ di pepe alla nostra economia con una maggior inflazione, come sta cercando di fare Mario Draghi con il Quantitative Easing. In questa situazione i ritardi nel recupero dei crediti delle banche continueranno e per noi il lavoro non mancherà: il nostro business non è certo in fase di esaurimento, anzi.
FIRSTonline – Come giudica l’accordo tra il Governo Italiano e la Commissione Europea sul recupero dei crediti deteriorati attraverso le bad bank e con la garanzia pubblica (Gacs) e come inciderà questa soluzione sul vostro business?
BOSSI – La Gacs è il massimo possibile che il Governo italiano potesse ottenere dalla Commissione Europea e l’accordo tra il Governo e la UE sta muovendo il mercato eliminando le incertezze e rimuovendo le remore delle banche a vendere i crediti difficili al 20% del loro valore originario. Per noi è manna.
FIRSTonline – L’intervento sui crediti deteriorati, compreso nel decreto all’esame del Parlamento, non è l’unico atto del Governo Renzi sulle banche: prima ha riformato le banche popolari, poi ha salvato 4 banche in crisi per venderle entro l’estate, ora sta riformando le Bcc e il premier dice che entro l’anno dovrà essere completato il riassetto del credito forse alludendo alla messa in sicurezza di Mps: come giudica la politica bancaria del Governo fin qui realizzata?
BOSSI – Si può discutere quanto si vuole della qualità degli interventi ma non c’è dubbio alcuno che finalmente qualcosa di buono si è fatto. E la realizzazione della superpopolare tra la Bpm e il Banco Popolare, al di là delle quotazioni di Borsa dei primi giorni, è il segno che la politica delle riforme produce i suoi effetti. Tanto di cappello al sistema Italia.
FIRSTonline – E della politica monetaria della Bce che ne pensa? Come influiscono sul vostro business l’ulteriore riduzione dei tassi e il nuovo LTRO?
BOSSI – Certamente la riduzione dei tassi fa pagare dazio alle banche, ma l’effetto cambia a seconda della redditività del business model. Chi è poco redditizio soffre, chi è efficiente si difende meglio come succede a noi. Al netto dei titoli di Stato, che stiamo riducendo nel nostro portafoglio, i nostri margini – che partivano da livelli molto elevati – si comprimeranno un po’ attestandosi tra l’8 e il 9%: non facciamo salti di gioia ma tutto ciò non sballa di certo i nostri conti. Quando si giudica la politica monetaria della Bce non bisogna pensare che possa sostituire la politica economica e occorre che gli Stati diano prova di lungimiranza, ma il beneficio della riduzione dei tassi per Paesi altamente indebitati come l’Italia è innegabile. D’altra parte una maggior stabilizzazione di tutti i Paesi dell’Unione europea allontana i rischi e, alla fine, è un vantaggio per tutta l’area.
FIRSTonline – La Bce però ha due facce: da un lato offre un’intelligente politica monetaria e dall’altro imbriglia le banche con un’over-regulation che è forse il prezzo che Draghi deve pagare all’establishment tedesco. Lei che ne pensa?
BOSSI – Anche qui ci sono due aspetti diversi da considerare. Da una parte l’iper-regulation complica sicuramente la vita delle banche con prescrizioni talvolta ossessive, molto complesse e spesso poco chiare. Dall’altra parte la Bce tende a rendere le banche più sicure e più stabili spingendole ad aumentare il capitale e rafforzare la patrimonializzazione portandola attorno a una soglia del 15%, dove Banca IFIS sostanzialmente è già presente. Tutto questo ha le sue conseguenze.
FIRSTonline – Quali?
BOSSI – In primo luogo è necessario che le banche prendano definitivamente atto che fare profitti in banca sarà sempre più difficile, soprattutto per chi ha sulle spalle eredità pesanti e per chi non ha il gusto dell’innovazione. Va anche ricordato però che i contribuenti in America e in Europa hanno pagato fin troppo la mala gestione delle banche e dunque ben venga il tempo in cui si riducono i rischi e si aumenta il capitale delle banche. Spiace solo che il sistema Italia fatichi a far valere la sua voce e a spiegare a chi critica indiscriminatamente il nostro sistema bancario che le sue difficoltà non dipendono solo da cattiva gestione bensì anche da una recessione che ha messo in ginocchio molte aziende e che non poteva non pesare anche sugli istituti di credito. Quel che è certo è che il reale stato di salute delle banche italiane non si può misurare sulle sofferenze lorde, che sono attorno ai 200 miliardi di euro, ma è radiografato dall’entità delle sofferenze nette, che sono di 80 miliardi quando sarebbe fisiologico che si attestassero sui 40 miliardi. Siamo a metà del guado ma certamente non alla catastrofe.
FIRSTonline – Torniamo a Banca IFIS: siete una banca speciale e una banca senza sportelli, ma da dove vengono i profitti?
BOSSI – Dai nostri core business, finanziamento all’impresa italiana, dall’acquisizione e gestione dei portafogli di non performing loans (NPL), e da un settore di nicchia che però ci vede leader di mercato come i crediti fiscali. In particolare crescita il business dei crediti non performing, che arriva circa il 20% dei profitti, un altro 8-10% viene dal recupero di crediti fiscali e il restante 60-70%
dai finanziamenti e dai servizi che offriamo alle piccole e medie imprese.
FIRSTonline – Negli ultimi tempi avete anche avviato nuove attività e creato nuovi prodotti come il conto deposito rendimax e il conto corrente contomax, entrambi online: perché? Che cosa vi aspettate dalla diversificazione della raccolta e dei servizi e che cosa avete in programma per il prossimo futuro?
BOSSI – rendimax e contomax sono figli della nostra strategia incentrata sui tre driver di cui ho parlato all’inizio e sulla visione generale di Banca IFIS, che sta dimostrando nei fatti di ogni giorno che fare banca in modo profittevole per noi e per i clienti è perfettamente conciliabile con gli interessi generali del Paese. Essendo una “fabbrica di prodotti”, una banca “maker”, cerchiamo di mettere sul mercato quelli più adatti alla clientela senza i costi e l’intermediazione burocratica dei tradizionali sportelli bancari. Questo permette di garantire una redditività mediamente più alta per i risparmiatori, come nei casi di rendimax per i depositi e di contomax per i correntisti.
FIRSTonline – Banca IFIS ha in programma acquisizioni in Italia o all’estero e un’ulteriore espansione territoriale nel nostro Paese?
BOSSI – Banca IFIS punta principalmente sulla crescita sana e organica che confermerà anche nel 2016. Non nego che molti advisor bussano spesso alla nostra porta offrendoci gli attivi bancari di altri istituti perché ci vedono come una banca con eccesso di capitale. Sul mio tavolo ci sono una decina di dossier ma restano sul mio tavolo. Il che non vuol dire che, se dovesse capitare un’occasione di acquisto che risultasse per noi molto vantaggiosa, ci rifiuteremmo di prenderla in considerazione.
FIRSTonline – É un annuncio di shopping?
BOSSI – No, assolutamente, è solo un’ipotesi teorica, e per ora nulla di più.
FIRSTonline – Ma la vostra attenzione è rivolta all’estero o al mercato italiano?
BOSSI – Solo all’Italia. Non sono più tempi in cui si possa andare all’estero con leggerezza.
FIRSTonline – In questi anni Banca IFIS ha abituato il mercato a risultati stellari ma avrà pure qualche punto critico come capita anche alle migliori realtà aziendali: quelli della sua banca quali sono?
BOSSI – Non ce n’è una criticità specifica bensì una difficoltà che si potrebbe definire esistenziale o quanto meno generale e consiste nel
mantenere elevati l’energia e il dinamismo di tutta la banca in un contesto sempre più complesso. Abbiamo raggiunto risultati straordinari ma sarebbe un delitto vivere sugli allori e rinunciare al cambiamento continuo. So che è difficile ma è la nostra missione di banca innovativa e indipendente.
FIRSTonline – L’attività di Banca IFIS va al cuore dei problemi che oggi affrontano famiglie e imprese: dal suo osservatorio come vede lo stato dell’Italia di oggi? Si percepiscono segnali di miglioramento o non ancora?
BOSSI – I segnali di cambiamento ci sono ma non ovunque. Le parti più sane del Paese, che non necessariamente coincidono con quelle più ricche, si stanno abituando al cambiamento e all’importanza di un rapporto dinamico con una realtà in continua evoluzione. È impossibile non vedere che le autostrade sono tornate ad affollarsi ma soprattutto che la velocità riguarda un altro aspetto dell’economia reale: si inventano nuovi lavori, meno capital intensive di una volta e più legati all’innovazione tecnologica, che dallo smart working al welfare aziendale c’è tutto un fiorire di nuove iniziative. Non mi riferisco tanto alle start-up, che sono un fenomeno a più facce, ma alla
creatività che si sviluppa nelle aziende e nel lavoro autonomo, di cui sono testimonianza anche le Botteghe Digitali, un progetto che abbiamo lanciato per mettere in vetrina e digitalizzare il meglio delle imprese artigiane.
FIRSTonline – Dottor Bossi, Banca IFIS dice di voler servire il Paese ma qual è il suo giudizio sulla politica delle riforme del governo
Renzi e quali dovrebbero essere, a suo parere, le priorità del Governo per sostenere maggiormente la crescita?
BOSSI – Il governo Renzi sta facendo tanto sul piano delle riforme e non si può non riconoscere. Ora dovrebbe trovare la forza di smuovere e modernizzare anche i settori più stagnanti del Paese e dove le riforme impongono un costo politico a breve ma possono dare frutti maggiori nel futuro. Penso alla necessità di sviluppare la concorrenza con più coraggio (Uber è un bene o un male per i cittadini?) e di aprire nuovi mercati senza guardare in faccia alle lobbies e alle corporazioni. Mi rendo conto che sono sfide difficili ma sono irrinunciabili se non vogliamo imboccare la strada del declino.