Il Consiglio dei ministri ha fissato la data per il referendum anti-trivelle: si terrà il 17 aprile, data che aveva ricevuto il via libera dalla Corte costituzionale a gennaio. Il governo ha confermato così la decisione di evitare l’accorpamento con le elezioni amministrative, al contrario di quanto avevano chiesto Regioni, ambientalisti e no Triv, secondo i quali l’election day avrebbe fatto risparmiare oltre 300 milioni di euro. Il referendum, chiesto da 10 regioni inizialmente ma poi confermato solo da 9 dopo che l’Abruzzo si è chiamato fuori, dovrà decidere sulla durata delle concessioni alle società petrolifere. Tecnicamente, si parla dell’abrogazione della previsione che le attività di coltivazione di idrocarburi relative a provvedimenti concessori già rilasciati in zone di mare entro dodici miglia marine abbiano durata pari alla vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. Abrogando questa norma, nelle intenzioni dei promotori, tornerebbero in discussione le concessioni già autorizzate nello specchio di mare entro le 12 miglia dalla costa.
“In questo modo – ha denunciato il presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Piero Lacorazza (Pd) – non solo si rifiuta l’accorpamento con le amministrative, che farebbe risparmiare 300 milioni di euro, ma si finisce per mortificare ogni possibilità di partecipazione consapevole dei cittadini alla consultazione referendaria, che per sua natura ha bisogno di un tempo utile per conoscere e valutare il quesito che viene posto agli italiani”.