Il più caustico, al solito, è stato Max Warburton, uno tra gli analisti più famosi del mondo a quattro ruote: “Non è adeguato – ha scritto nel suo report per Bernstein Research – giudicare ambizioso il piano di Marchionne: parlare di Fantasilandia sarebbe più adeguato”.
Eppure il ceo di FiatChrysler stavolta ha evitato le scommesse più impegnative: nel piano al 2018, considerato lo scenario mutato sul fronte dell’economia globale, il gruppo dovrà senz’altro rivedere al ribasso le previsioni sui volumi che restano ben al di sotto dell’obiettivo di 7 milioni di pezzi. Ma, ha aggiunto il manager, Fca, che per ora vende 4,6 milioni di vetture, riuscirà a raggiungere i target più importanti, quelli finanziari, che includono un utile netto di 5 miliardi e debito netto industriale vicino allo zero. Del resto, ha spiegato in collegamento con analisti e media,”parlare dell’obiettivo di sette milioni di vetture come fossero verdure non ha senso. Noi abbiamo presentato nel maggio 2014 un assieme di obiettivi e il piano che stiamo presentando oggi li vede tutti in rialzo. Dal punto di vista finanziario i risultati sono tutti in rialzo ed è quello che conta”.
Già, ma il sacrificio in termini industriali è pesante: il piano Alfa, già lanciato con grande enfasi e l’ambizione di sfidare i colossi tedeschi, slitta 2020. E’ la quarta volta nell’era Marchionne che il Biscione deve rimettere nel cassetto i sogni di gloria.
In realtà, dopo l’apprezzamento iniziale, i mercati hanno preso a vendere a piene mani i titoli del gruppo, per la prima volta all’esame degli azionisti dopo la fusione tra il gruppo torinese e la casa di Detroit, ma anche ormai orfana di Ferrari. Perché questa reazione? Vediamo più da vicino il passato, il presente e, soprattutto, il futuro alla vigilia di una congiuntura che per le quattro ruote promesse di esser turbolenta, tra innovazioni tecnologiche e richieste dei regolatori.
Nel 2015 il gruppo ha chiuso con ricavi a 113,12 miliardi, in aumento del 18% sul 2014, con un Ebit rettificato (che include ancora Ferrari per essere comparabile con l’anno passato) a 5,3 miliardi.
L’utile netto “adjusted” (al netto di minusvalenze, oneri di ristrutturazione ed uscite atipiche) si è attestato a 2 miliardi di euro. I dati sono superiori alle attese: il consensus raccolto da Bloomberg stimava vendite per 112 miliardi di euro con un Ebitda a 9,828 miliardi e utile netto rettificato dalle voci straordinarie a 1,241 miliardi.
Il debito netto industriale è calato a 5 miliardi di euro, da 7,7 miliardi, per effetto della cessione di Ferrari ma anche dell’effetto cambi positivo.
Le note negative, a detta degli analisti, arrivano con il 2016. La società stima ricavi a oltre 110 miliardi (contro i 115 miliardi del consenssus), Ebit oltre i 5 miliardi di euro e un utile netto a 1,9 miliardi che non offre per ora visibilità per un eventuale dividendo con un debito netto industriale inferiore ai 5 miliardi.
Per il futuro, poi, si profila una gestione finanziaria accorta e prudente ma senza grande slancio industriale, se si eccettua la costante espansione di Jeep, anche grazie all’avvio della nuova fabbrica in Cina. Maserati è in una fase di stallo, con vendite in calo e margini dimezzati al 5% nei primi nove mesi del 2015. Il SUV, che doveva andare in produzione a Mirafiori, è in ritardo di diversi mesi. Anche la nuova Alfa Romeo Giulia, presentata a giugno, non è ancora stato messo in vendita.
L’arma più forte in mano a Marchionne resta il mercato del Nord America che rappresenta ben oltre la metà del fatturato complessivo ( da 52,4 a 69,9 miliardi), ma anche l’Europa (da 18 a 20,3 miliardi) sta dando soddisfazione. Le note dolenti arrivano dall’Asia (da 6,2 a 4,8 miliardi) e dall’America Latina, ex area forte del Lingotto che comunque promette di tornare in utile nella seconda metà dell’anno dopo il rosso del 2015 (85 milioni). Un obiettivo ambizioso se si pensa alla violenta caduta del mercato brasiliano. In Europa, Medio Oriente e Africa, mentre sono diminuiti da 8,6 a 6,4 miliardi in America Latina e da 6,2 a 4,8 miliardi nell’Asia-Pacifico.
In sintesi, non mancano le notizie positive , a partire dalla revisione al rialzo sia dell’Ebitda adjusted (da 8,7 miliardi a 9,8 miliardi) e dell’utile netto adusted (da 4,7 a 5,5 miliardi), nonostante l’uscita di Ferrari. Fino al calo a tappe forzate del debito. Ma i piani di sviluppo del gruppo, a partire da Alfa, rallentano. E non si parla più di merger con Gm o altri nel futuro. Non è insomma in momento di Fantasiland, checché ne pensi Warburton.