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Prosecco, un 2015 da record: le bollicine italiane superano il miliardo di euro di export

Il 2015 è stato l’anno non solo del sorpasso dell’Italia sulla Francia come produttore mondiale di vino, ma soprattutto della consacrazione delle bollicine del nostro Paese, che per la prima volta superano il miliardo di euro esportati: primo posto (con distacco) al mondo.

Prosecco, un 2015 da record: le bollicine italiane superano il miliardo di euro di export

E’ un momento d’oro per il vino italiano e per il nostro Prosecco… ancora di più. Se il nostro Paese si è collocato quest’anno al primo posto nella graduatoria dei produttori mondiali di vino, con 48,9 milioni di ettolitri a fronte dei 47,4 milioni di ettolitri prodotti in Francia e dei 36,6 prodotti in Spagna è sul piano dell’apprezzamento dei mercati che il vino e soprattutto le bollicine made in Italy stanno riscuotendo successo fino a qualche anno fa assolutamente insperati con un export che oramai supera nel complesso abbondantemente i 5 miliardi di euro l’anno.

“E sono proprio gli spumanti – sottolinea Francesco D’Agostino, ideatore e patron di Sparkle, la più autorevole Guida del settore – a rappresentare il fattore trainante delle esportazioni di vino italiano. Nei primi sei mesi del 2015 si è registrata infatti una crescita dell’export del 24%, con Gran Bretagna e Stati Uniti come principali mercati di riferimento. Le nostre bollicine per quantità sono prime per distacco nel mercato mondiale, superando per la prima volta la quota di 1 miliardo di euro”.

Portabandiera del successo delle bollicine italiane nel mondo è senza alcun dubbio il Prosecco di Valdobbiadene, un gioiello enologico tutto italiano. Sembrano lontani i tempi in cui il mitico Antonio Bisol, una genia di coltivatori e produttori che affondano le loro radici da cinque secoli a Valdobbiadene, lanciò la sua temeraria battaglia per l’affermazione della DOCG del Prosecco di Valdobbiadene e di Conegliano in un’epoca, erano gli anni ’70, in cui sembrava pura follia solamente pensare di produrre una bollicina “made in Italy” che aspirasse a crearsi uno spazio in un mercato dominato dalla nobiltà champenoise d’oltralpe, con etichette e prezzi da capogiro.

Quella scommessa visionaria portata avanti in anni più recenti, con tenacia e audacia, da suo figlio Gianluca Bisol, oggi è stata ampiamente vinta sui mercati mondiali. Evidentemente la visionarietà è nel DNA dei Bisol. Era il 2006 quando Gianluca Bisol, sulla scia del padre Antonio, profetizzò nuovi successi per il Prosecco di Valdobbiadene dicendosi sicuro che entro il 2020 il prosecco italiano avrebbe superato le vendite di Champagne sui mercati internazionali, suscitando qualche sorriso ironico nell’ambiente.  Ebbene quel traguardo non dovremo attenderlo fra quindici anni perché è stato doppiato quest’anno.

“In realtà ero stato sin troppo cauto – commenta con non celata soddisfazione Gianluca Bisol – dal momento che a questo risultato siamo arrivati con anni di anticipo rispetto alla mia previsione. E ora, sulla base delle mie esperienze e della conoscenza dei mercati internazionali, solo quest’anno ho visitato oltre 20 Paesi, alzo la posta e dico che entro i prossimi 15 anni la domanda di Prosecco nel mondo sarà di circa un miliardo di bottiglie e quindi dovremo decidere se e come attivarci per poter soddisfare la richiesta”.

Già il 2015 grazie a una vendemmia eccezionale sarà un’annata da quasi mezzo miliardo di bottiglie: il triplo rispetto a 6 anni fa. Esulta il governatore della Regione Veneto Luca Zaia, cultore della materia – ha studiato alla scuola enologica di Conegliano – che ha legato il suo nome, come ministro, a una legge che nel 2009 ha impresso una vera e propria rivoluzione alla produzione di Prosecco ricordando che nel 2014 sono state prodotti 306 milioni di bottiglie Doc, 72 milioni Docg da Conegliano-Valdobbiadene, 3 milioni Docg da Asolo-Montello per un totale di 381 milioni di bottiglie.

“Attualmente sono circa 28mila gli ettari destinati alla produzione di Prosecco – spiega Bisol – ma se dovessimo decidere di accontentare le richieste del mercato nel prossimo futuro dovremmo raggiungere i 60mila ettari. Sempre senza abbassare lo standard qualitativo, anzi con una continua crescita dello stesso soprattutto sul territorio più vocato, vale a dire le alte colline di Valdobbiadene. Un modello in tal senso è quello costituito dal Bordeaux, con circa 60mila ettari e una stratificazione nella proposta che riesce a coprire tutte le esigenze delle diverse tipologie di consumatore”.

Intanto Bisol festeggia nuovi traguardi: è di questi giorni la notizia che la prestigiosa rivista americana Wine Enthusiast ha attribuito il punteggio di 94/100 al “Private Cartizze Bisol”, ponendolo ai vertici della produzione spumantistica internazionale dopo  la consacrazione di Harrods: i grandi magazzini del lusso inglesi che hanno riservato al Prosecco Bisol un tributo di alto prestigio: nell’esclusivo corner dedicato agli Champagne più prestigiosi del mondo una delle cinque colonne è stata dedicata al suo Prosecco. Risultati che riconoscono la lunga storia dei Bisol le cui sorti si legano al successo del Prosecco di Valdobbiadene nel mondo.

Il Prosecco Superiore Bisol è infatti esportato in 69 paesi e si è oramai affermato come Lifestyle Symbol, un lifestile tutto italiano che si lega fortemente al territorio e che non riguarda solo il vino come attesta la  conferma della stella Michelin per il ristorante di Venissa, la suggestiva Tenuta sull’isola di Mazzorbo, autentica perla dell’arcipelago della Venezia nativa, dove i Bisol hanno riscattato dall’oblio un vitigno, Venissa, che ha origini storiche e che oggi produce un numero limitatissimo di bottiglie richieste da estimatori e collezionisti di tutto il mondo.

Tornando al Prosecco va ricordato che l’area di Conegliano Valdobbiadene comprende 15 comuni distribuiti nella fascia collinare ai piedi delle Prealpi trevigiane. I vigneti della Denominazione si estendono su una superficie pari a 6.861 ettari. Il territorio di coltivazione del Conegliano Valdobbiadene è interamente collinare e la viticoltura è quasi esclusivamente svolta a mano. Basti pensare che qui servono fino a 600 ore di lavoro per ettaro di vigneto contro le 150 della pianura. Al vertice della piramide produttiva c’è il Cartizze, cru della denominazione, dove nasce l’omonimo vino. Si tratta di un territorio di alta collina tra le frazioni di Santo Stefano, Saccol e San Pietro di Barbozza, in comune di Valdobbiadene. I vigneti del Cartizze si estendono su soli 106 ettari.

Il Rapporto economico annuale 2015 realizzato dal Centro Studi del Conegliano Valdobbiadene e coordinato scientificamente dal CIRVE dell’Università di Padova stima che nelle imprese del Distretto spumantistico di Conegliano Valdobbiadene operino 5.401 addetti alle diverse fasi della produzione, della commercializzazione e dei  servizi di accoglienza. Interessante sottolineare che per quanto attiene alla alla coltivazione del vigneto, il numero di viticoltori registrato è pari 3.243 unità. Un compito delicato dal momento che  il territorio di coltivazione del Conegliano Valdobbiadene è interamente collinare e la viticoltura è quasi esclusivamente svolta a mano. Basti pensare che qui servono fino a 600 ore di lavoro per ettaro di vigneto contro le 150 della pianura.

Il sistema produttivo del Conegliano Valdobbiadene, ha dunque investito, sulle persone facendo crescere il numero del personale impegnato ai diversi livelli della filiera produttiva, con un importante ricambio generazionale che vede crescere la quota di giovani attivi nelle diverse mansioni. Di notevole interesse, tuttavia, è il fatto che anche nel 2014 i maggiori incrementi della quota dei giovani si registrano tra gli addetti al vigneto, i direttori commerciali e i quadri imprenditoriali. Il Rapporto del Centro Studi del Conegliano Valdobbiadene mette in rilievo come l’ ingresso numericamente importante di giovani interessi tre ambiti chiave.

Da una parte i quadri imprenditoriali e la direzione commerciale rappresentano ruoli chiave per lo sviluppo delle relazioni con i mercati e presidiano dunque compiti delicatissimi in una situazione di dinamica accelerata dei diversi contesti competitivi: qui la visione aperta dei giovani potrà essere preziosa. Dall’altra poiché il vigneto è il luogo dove nasce il pregio e la distinzione del Conegliano Valdobbiadene DOCG e dove i processi di coltivazione richiederanno sempre maggiori affinamenti per accrescere  il potenziale enologico delle uve e per rispondere alle sfide sul piano della sostenibilità che la contemporaneità pone a tutti i produttori, le energie e la libertà da abitudini consolidate proprie dei giovani sono e potranno in futuro essere preziose.

Per chiudere come non ricordare la bellezza delle colline di Conegliano Valdobbiadene, definite “paesaggio culturale”. Con l’obiettivo di proteggerle, nel 2008 è stato avviato il progetto per il riconoscimento a Patrimonio Unesco e oggi il territorio è stato inserito nella Tentative List italiana.

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