Mantenere saldo il sistema bancario italiano. E’ questo l’obiettivo principale intorno al quale ruota la strategia dei sindacati bancari che il segretario generale della FIRST Cisl Giulio Romani, spiega in questa intervista a FIRSTonline. Dall’attuazione del contratto alla trasformazione delle banche, dalla difesa dei livelli occupazionali alla digitalizzazione fino agli effetti della riforma delle banche popolari e all’ipotesi di una bad bank. I sindacati sanno che il cambiamento in banca è inarrestabile ma vogliono discuterne apertamente con il nuovo responsabile sindcale dell’Abi Lodesani. Ecco con quali proposte.
Segretario Romani, il suo sindacato assieme alle altre sigle del settore bancario ha portato avanti nei mesi scorsi una trattativa serrata sul rinnovo del contratto con l’ex presidente del Comitato affari sindacali di Abi (Casl) Alessandro Profumo. Qual è l’eredità di Profumo e cosa ne pensa della nomina di Lodesani a nuovo responsabile sindacale dell’Abii?
“La nomina di Profumo arrivò in un periodo particolare con una grave difficoltà nelle relazioni fra parti sindacali e Abi. Profumo prese un’eredità complicata e ha il merito, anche se con qualche difficoltà nel percorso, di aver portato in fondo la questione sul rinnovo del contratto nazionale dei bancari, una questione che sembrava altamente improbabile a un certo punto della trattativa. Per questo gli spettano i nostri ringraziamenti per quanto fatto, anche se il suo atteggiamento estremamente neutrale causava un allungamento dei tempi”.
“Per questo da Lodesani mi aspetto un comportamento meno neutrale e spero che all’interno del Casl di Abi sia sufficientemente autorevole da provare a mettere in campo elementi di innovazione vera sui quali discutere per dare una prospettiva al settore bancario”.
Che significa oggi innovare nelle banche? Lei sa bene che il sistema attuale ha la necessità di essere profondamente modificato: in quale direzione si deve andare?
“Il settore bancario ha bisogno di essere innovato sia come organizzazione delle aziende che come organizzazione del lavoro e quindi come norme contrattuali che lo reggono. Noi sappiamo che inevitabilmente la situazione nel settore bancario cambierà. Ad esempio, sappiamo bene che la trasformazione delle banche popolari porterà capitali stranieri all’interno del sistema bancario italiano e quindi tendenzialmente perderemo quella dimensione nazionale. Sappiamo anche che la digitalizzazione dei servizi bancari porterà inevitabilmente a un cambiamento nella rete degli sportelli”.
Di carne al fuoco non ne manca. Quando incontrerete Lodesani per parlare di questi argomenti cruciali per il settore bancario?
“Ci incontreremo prima della fine dell’anno per mettere a posto alcuni punti rimasti in sospeso, come l’articolato del contratto nazionale dei bancari che abbiamo sottoscritto in primavera, perché quell’accordo deve essere tradotto in articoli del contratto che ancora non sono stati concordati e dobbiamo vedere assieme l’accordo sui permessi sindacali di settore che è scaduto ed è stato disdettato. Dopo questi argomenti, io spero che si voglia affrontare il tema della ristrutturazione del sistema insieme. Quello che mi aspetto da Lodesani è la volontà di coordinare il sistema verso un indirizzo comune perché io temo che il Paese perda l’identità del nostro sistema bancario. L’ingresso di capitali stranieri con interessi diversi e la trasformazione dello scenario delle banche popolari, che erano quelle più legate al territorio, potrebbe determinare un esito problematico e di difficile gestione per l’occupazione. Se le aziende di un sistema bancario decidono sì di farsi concorrenza ma senza far sistema vuol dire che il Paese rischia di perdere il controllo del sistema bancario perché non ha più politiche del credito e della finanza. E se questo dovesse accadere il mercato potrebbe diventare decisamente diverso per i lavoratori e dunque il rischio grosso è anche la perdita di posti di lavoro. L’idea che le banche siano legate fra loro solo per la logica continua del risparmio sui costi è utile a far bilancio ma non porta da nessuna parte”.
Un altro tema di interesse sempre crescente nel mondo delle banche è quello relativo alle crescenti sofferenze bancarie e alle ipotesi di bad bank. Lei è favorevole?
“Nei Paesi in cui la bad bank è stata fatta il sistema bancario ha ricevuto l’ossigeno necessario a investire nell’economia del Paese. Noi ci siamo già espressi a favore delle ipotesi di bad bank. Penso che la bad bank possa essere uno strumento utile ma non credo che si debba fare esclusivamente con capitali privati e penso che sia necessario intervenire attraverso capitali pubblici, come è stato fatto altrove. Una bad bank è importante anche perché sarebbe utile avere nel sistema bancario la possibilità di liberare capitale ma per investimenti in attività produttive. C’è oggi una difficoltà che deriva da una grande contraddizione: le banche hanno liquidità ma non hanno i requisiti di capitali richiesti per fare credito e allora forse bisogna liberare il capitale e l’unico modo per farlo è sottrarre dalle banche quella montagna di credito deteriorato. Ma anche questo discorso della bad Bank serve se si fa dentro un sistema in cui tutti i mettono la loro parte, anche i lavoratori per tirare fuori dai guai un sistema di cui anche i lavoratori fanno parte”.
I servizi online sono inarrestabili ma certamente posssono mettere in crisi l’occupazione nelle banche. Stanno in particolare crescendo negli ultimi tempi quelli del trading online tanto che ultimamente alcune banche online hanno abbassato le commissioni per avvicinare un numero maggiore di utenti agli investimenti finanziari. Cosa ne pensa del trading online e della tendenza delle banche a svilupparlo?
“Il trading online è uno strumento innovativo ma molto rischioso e, sottolineo, è fatto per un pubblico di risparmiatori molto esperti. Serve molta prudenza e bisogna informare gli utenti su tutti gli strumenti e su quali siano i rischi che si corrono.
Voglio assolutamente ricordare, infine, che certamente fare banca non è far avventurare il correntista nell’azzardo ma consentire di tutelare il suo risparmio”.