Con le elezioni presidenziali di oggi in Argentina finisce un’epoca: quella di Cristina Kirchner, in carica dal 10 dicembre del 2007, quando raccolse l’eredità del marito Nestor, morto due mesi prima ma che, dopo due mandati, non può essere rieletta.
Per una curiosa coincidenza in corsa per succedere alla Krichner ci sono tre candidati di origini italiane. Il primo è il peronista Daniel Scialpi, ex campione di motoscafi offshore (in una gara perse un braccio), bisnonno molisano, governatore della provincia di Buenos Aires e gran favorito della vigilia: “Da peronista governerò per tutti voi” ha detto nell’ultimo comizio.
Poi c’è Mauricio Macri, già sindaco di Buenos Aires e proprietario del Boca Juniors, sostenuto dagli imprenditori e dalla potente lobby degli agricoltori: il padre Franco, che lo detesta, è nato a Roma, nel quartiere Prati, anche se è di origini calabresi, e si è fatto una fortuna come costruttore prima di avere la licenza da Fiat e Peugeot di costruire auto in Argentina.
Macri porta avanti una linea di centrodestra. Macri, non si sa quanto a ragione, viene definito il Berlusconi argentino per via del binomio sport-politica.
Infine in lizza c’è il candidato post-peronista Segio Massa, padre siciliano, già ministro nei governi Kirchner, con cui poi ruppe i rapporti: la sua stella sembra però appannata.
Comunque vada a finire e pur tenendo dell’imprevedibilità argentina, non si prevedono grandi scosse politiche, anche se la linea assistenzialista e populista della Kirchner potrebbe attenuarsi un po’.
C’è invece da sperare che, dopo il raffreddamento degli ultimi anni, i rapporti tra Argentina ed Italia possano migliorare. Con reciproco vantaggio. E’ quello che sperano anche i tanti grandi gruppi italiani (da Telecom Italia a Tenaris, da Pirelli a Fca) che in Argentina sono presenti da molti anni.