Due anni di lavoro e un giovane ricercatore italiano del Politecnico di Torino, Stefano Traverso, mette in scacco Google. Non da solo, naturalmente, ma con un team di ricerca che coinvolge altri ricercatori tre spagnoli, un inglese, un arabo e un francese hanno scoperto i falsi clic fatti dai robot sulle pubblicità in rete. Una notizia lanciata dal Financial Times che sta facendo il giro del mondo, rilanciata dalla Bbc al Guardian, ai quotidiani online.
L’idea di andare a ficcare il naso su come viene conteggiata la pubblicità di Google viene dall’università Carlos III di Madrid dove opera Carlos Cueva, leader del gruppo. Gli altri ricercatori lavorano per l’Imdea e per i Nec Labs. Cosa scoprono? Scoprono che Google carica i conti della sua piattaforma pubblicitaria AdWords anche quando a guardare i video su YouTube sono dei “bot”, ossia dei computer robot che fanno finta di essere degli esseri umani. La cosa grave – come racconta oggi il Corriere della Sera – è che YouTube si accorge di avere di fronte dei robot. E siccome Google è proprietario di YouTube, non può sostenere di non saperne nulla. In pratica, l’accusa è chiara: chi compra pubblicità su Google paga anche per i clic dei robot.
Il colosso americano si difende ribadendo che la società investe molto per sterilizzare il traffico falso sulla rete. Ma i ricercatori hanno la prova delle fatture loro addebitate (e regolarmente pagate) .
Ora i giovani ricercatori contano di presentare i risultati del loro lungo lavoro, durato due anni, alla prossima World Wide Web Conference di aprile a Montreal. Un appuntamento a cui guardano con interesse gli stessi pubblicitari. Le frodi pubblicitarie legate alle false pagine viste sta infatti suscitando l’attenzione dei pubblicitari vista la crescita esponenziale della pubblicità on line che ha raggiunto un giro d’affari di 49 miliardi di dollari solo negli Usa. Come dire: non si tratta di bruscolini.