“Ho chiesto ai ministri Padoan e Poletti di individuare un meccanismo per consentire più flessibilità in uscita” nelle pensioni. E’ il premier Matteo Renzi a tornare alla carica nella sua rubrica sull’Unità. L’idea di fondo, di cui si discute da tempo ma che non è facile realizzare perchè ha un costo anche per le casse pubbliche che oscilla tra i 4 e gli 8 miliardi di euro, è quella di permettere ai lavoratori che lo desiderano di andare in pensione prima di quanto preveda ora la lagge, rinunciando però a una parte dell’assegno pensionistico.
Più precisamente, l’ipotesi è quella di dare a chi lo desidera la possibilità di andare in pensione a 62 anni e 35 anni di contributi con una decurtazione del 2% l’anno per quattro anni. Ma la quadratura del cerchio è complicata, come ammette lo stesso premier, che però viene incoraggiato a insistere su questa strada dai presidenti delle Commissioni Lavoro sia della Camera (Cesare Damiano del Pd) che del Senato (Maurizio Sacconi di Ncd).
Sulla flessibilità delle pensioni “spero – aggiunge Renzi – che riusciremno a trovare un primo rimedio già nella prossima Legge di Stabilità”. In gioco c’è, in buona sostanza, una correzione senza stravolgimenti della legge Fornero, ma i costi sono quelli che sono.
Non a caso, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, frena, come il suo stesso ruolo di guardiano dei conti pubblici gli impone: si può discutere di tutto “ma – afferma – è necessario preservare la stabilità e la solidità del sistema pensionisico”.
Se ne riparlerà giovedì alla Camera quando i ministri Padoan e Poletti saranno asoltati dalle commissioni Lavoro e Bilancio di Montecitorio.