Alberto Contador – 10. Ha vinto un Giro che doveva vincere perché era il grande favorito ma merita il massimo voto perché è stato anche più forte della iella che lo ha perseguitato in più tappe. Manca la lode perché non ha vinto alcuna tappa ma ha dato spettacolo sul Mortirolo e nella crono. La crisi sul Colle delle Finestre rende più umano questo campione che è certamente il più grande dell’ultimo decennio. Ora ha in mente la doppietta al Tour ma con Nibali, Froome e Quintana sarà dura tanto più se andrà in Francia con una squadra che al Giro è apparsa abbastanza fragile.
Fabio Aru – 9. Splendido. Un voto in meno di Contador ma se si dovesse usare per i girini il linguaggio di Moody’s il sardo otterrebbe un “upgrade con outlook positivo” mentre per il Pistolero il giudizio come l’outlook sarebbe ”stabile”. Perché Aru è il campione del futuro prossimo, destinato a essere a lungo un protagonista delle grandi corse a tappe. Le due cavalcate a Cervinia e al Sestrière resteranno a lungo nella memoria dei tifosi. Peccato per l’appannamento nella crono e sul Mortirolo, altrimenti Contador poteva pagare cara la defaillance durante l’ascesa al Colle delle Finestre.
Mikel Landa – 8,5. Terzo in classifica, è stata un’autentica rivelazione sulle montagne del Giro. Partito come scudiero di Aru a un certo punto, dopo le vittorie a Campiglio e all’Aprica, s’è conquistato la co-leadership dell’Astana. Tanto forte da ingenerare qualche problema nella conduzione tattica della squadra kazaka che sul Mortirolo lo libera con ritardo dal compito di scortare un Aru in difficoltà mentre addirittura lo ferma nell’ascesa finale al Sestrière, quando ormai sembrava sicuro vincitore, per attendere il sardo. Roba da piangere e Landa ha versato lacrime di dolore vedendosi sfuggire anche la maglia azzurra di leader degli scalatori. In scadenza di contratto probabilmente cambierà squadra.
Andrey Amador – 7,5. Il costaricense è andato a un passo dal podio finendo quarto, il miglior piazzamento fin qui ottenuto nei suoi quattro Giri finora disputati. Gli è mancato il successo di tappa che avrebbe bissato la vittoria ottenuta a Cervinia nel Giro del 2012, quello vinto da Ryder Hesjedal. Per la Movistar una sorta di jolly nelle corse a tappe, ovviamente dopo Valverde e Quintana.
Ryder Hesjedal – 8. Al Giro si classifica al quinto posto ma entusiasma di più di Amador per la generosità con cui si è battuto in ogni tappa, sempre alla ricerca di una vittoria che ricordasse a tutti di essere stato il vincitore del Giro del 2012, conquistando la maglia rosa nell’ultima tappa a cronometro di Milano, beffando Joaquim Rodriguez. In crisi presto nella tappa di La Spezia, il canadese ha avuto la caparbietà e la forza di risalire, tappa dopo tappa, fino a entrare nella top five del Giro grazie ai due secondi posti a Cervinia e Sestrière dietro ad Aru.
Steven Kruijswijk – 8. L’olandese merita lo stesso voto di Hesjedal anche se è finito due posti dietro. Con il canadese è stato uno dei più combattivi nell’arco delle 21 tappe, sempre tra i primi, spesso all’attacco e in fuga. L’Olanda ricca di passisti formidabili ha forse trovato l’epigono di Zoetelmek e di Breukink.
Leopold Konig – 6,5. Ha salvato con il suo sesto posto un po’ la faccia al Team Sky che l’ha nominato capitano in corsa d’opera dopo l’abbandono di Richie Porte. Il corridore ceco, buon scalatore, ha svolto il suo compito senza infamia e senza lode
Rigoberto Uran – 5. Dopo due secondi posti dietro a Nibali (2013) e a Quintana (2014), dal colombiano ci si attendeva molto di più. Partito tra i quattro favoriti del Giro, Uran, giorno dopo giorno è calato, complice anche una tracheite e la caduta nell’autodromo di Imola. Solo sulle Alpi è parso in recupero conquistando due terzi posti consecutivi. Ha chiuso 14esimo a quasi mezz’ora da Contador. Un po’ poco. Deludente.
Richie Porte – 4. Un flop totale con il ritiro dopo la penosa crono di Valdobbiadene – vinta dal suo compagno Kiryienka – che avrebbe dovuto rilanciarlo verso l’alta classifica. Il tasmaniano del Team Sky, partito tra i papabili alla vittoria finale, sfortuna a parte, ha confermato la sua inadeguatezza nelle corse a tappe di tre settimane. Può vincere, come è avvenuto quest’anno, la Parigi-Nizza o il Giro del Trentino, ma Giro e Tour gli sono praticamente proibiti.
Philippe Gilbert – 8. Il campione belga della Bmc era venuto al Giro non certamente per curare la classifica ma l’ha onorato con due imprese, una più entusiasmante dell’altra, sul Monte Berico e a Verbania, vincendo come solo lui (e pochi altri, vedi Cancellara) sa fare: con una progressione portentosa che rende poi vano ogni inseguimento. Grande.
Tom Boonen – 2. Il contrario di Gilbert. Il belga è tornato a vincere al Giro del Belgio dopo aver chiesto e ottenuto il permesso di abbandonare il Giro che non l’aveva mai visto protagonista in un’azione, tranne quando si è fermato per aiutare Uran caduto a Imola. Il fuoriclasse della Ronde e della Roubaix ha pedalato come un cicloturista che partecipava per la prima volta alla corsa rosa. Disdicevole.