Conosciuto nel mondo per la frugalità dell’ex presidente Pepe Mujica, per la legalizzazione della marijuana, o ancora per il mate, il tango e i gol di Cavani e Suarez, in pochi sanno che l’Uruguay è molto di più. Paese di poco più di 3 milioni di abitanti incastrato tra i giganti Brasile e Argentina, la terra “charrua” (dal nome dell’etnia indigena) non soffre di alcun complesso di inferiorità: anzi, approfitta dell’occasione dell’Expo 2015 a Milano per mostrare al mondo un nuovo modello ambientale, culturale e tecnologico.
Innanzitutto centrando in pieno il tema dell’evento (“Nutrire il pianeta, energia per la vita”): l’Uruguay, eletto tra i 25 Paesi più green del mondo dal Global Green Economy Index 2014 e al primo posto, secondo l’università di Yale, per qualità dell’aria e forestazione, produce alimenti per 10 volte la sua popolazione. Trenta milioni di persone possono dunque essere nutrite dal sistema agroalimentare uruguayano, e in futuro si pensa che potranno essere 50 milioni, quasi un Paese come l’Italia. Ad esempio, con un territorio di appena 176.215 km², l’Uruguay è collocato al settimo posto per l’esportazione mondiale di riso: le principali destinazioni sono Iraq e Perù.
Si tratta peraltro di cibo assolutamente sano e sostenibile, come dimostrano i dati presentati nel padiglione Uruguay dell’Expo: nelle campagne intorno a Montevideo è possibile conoscere la tracciabilità del 100% degli agrumi, del miele e della produzione di carne aviaria, il 100% dei bovini è identificato singolarmente con marchio auricolare elettronico e l’Uruguay è il primo Paese dell’America Latina con tutti i vigneti localizzati in mappe satellitari. Nel 2016, secondo le previsioni del governo, sarà anche quello con la percentuale più elevata di generazione di energia eolica al mondo.
Come unire tecnologia e qualità dell’ambiente e dell’alimentazione e come battere ogni record del Sudamerica, nonostante le piccole dimensioni, l’Uruguay lo sa fare benissimo: secondo i dati dell’International Telecommunication Union, il Paese fino a poco fa governato da Mujica è primo in Sudamerica per Indice di sviluppo delle tecnologie dell’informazione, per penetrazione di Internet tra la popolazione e per velocità di download della propria banda. Fino ad arrivare all’eccellenza planetaria: l’Uruguay è il primo Paese al mondo a mettere in atto il Plan Ceibal, avviato nel 2007 e basato sul progetto “One Laptop per Child”. Grazie a questo programma tutti i bambini delle scuole elementari (obbligatorie e pubbliche per tutti) hanno ricevuto un pc portatile dal proprio istituto.
Del resto tutto parte dalla scuola: secondo l’Onu il Paese, che per la prima volta partecipa con un proprio padiglione all’Expo, ha l’indice di alfabetizzazione più alto del Sudamerica (99,3%, pari a quello italiano), mentre secondo altri autorevoli Index è primo anche per sviluppo democratico ed è il Paese più pacifico dell’area (il 29esimo al mondo). E siccome rispettare l’ambiente significa anche e soprattutto rispettare gli altri, l’Uruguay è anche il primo Paese dell’America Latina, insieme a Porto Rico, ad aver varato una legge integrale anti-fumo (marzo 2006), ancora più restrittiva di quella applicata un anno prima in Italia e altri Paesi.
Il risultato di questa politica, perpetrata negli anni partendo dalle fondamenta, è progresso, democrazia e benessere. Secondo il Fondo monetario internazionale, l’Uruguay è il terzo Paese in America Latina per Pil pro-capite, mentre l’Onu rileva che è quello con l’indice di povertà più basso e la distribuzione del reddito più equa, senza contare che l’aspettativa di vita ha ormai superato quella dei “cugini” argentini. Un Paese non solo green e democratico, ma anche affidabile e attraente per gli investimenti esteri: le tre principali agenzie di rating mondiali, Standard & Poor’s, Fitch e Moody’s, hanno assegnato all’Uruguay l’investment grade. I punteggi sono analoghi a quelli dell’Italia, ma l’outlook è positivo.