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Pil Italia: l’Fmi migliora le previsioni

Ora sul 2015 l’istituzione di Washington stima un aumento del Pil dello 0,5%, cui seguirà un’accelerazione al +1,1% nel 2016: numeri più alti di quelli calcolati in precedenza dal Fondo, ma comunque più bassi di quelli contenuti nel Def del Governo – Migliora l’Eurozona, Rallentano Usa e Russia, stabile la Cina.

Pil Italia: l’Fmi migliora le previsioni

Il Fondo monetario internazionale ha rivisto al rialzo le previsioni di crescita economica sull’Italia, e lo ha fatto in maniera più consistente di quanto sia avvenuto per l’insieme dell’economia globale. Ora sul 2015 l’istituzione di Washington stima un aumento del Pil dello 0,5%, cui seguirà un’accelerazione al +1,1% nel 2016. I dati, pubblicati nell’ultima edizione del World Economic Outlook, sono rispettivamente di 0,1 e 0,3 punti superiori all’aggiornamento effettuato lo scorso gennaio, ma rimangono inferiori a quelli contenuti nel recente Def del governo italiano (rispettivamente +0,7% nel 2015 e +1,4% nel 2016).

Il miglioramento dell’economia italiana si rifletterà, secondo l’Fmi, anche sull’andamento del mercato del lavoro. Nel 2015 la disoccupazione si ridurrà al 12,6%, dal 12,8% del 2016, e nel 2016 al 12,3%. Nel frattempo il nostro Paese manterrà un consistente surplus di partite correnti negli scambi con l’estero, pari al 2,6% del Pil nel 2015 e al 2,5% nel 2016. Infine l’inflazione resterà debole: crescita dei prezzi al consumo a zero quest’anno e allo 0,8% nel 2016.

CRESCITA GLOBALE ED EUROZONA

Quanto alla crescita globale, l’Fmi ha lasciato invariata la previsione per quest’anno al +3,5%, mentre ha alzato solo di 0,1 punti quella sul 2016, al +3,8%. Sull’Eurozona, invece, il Fondo ha effettuato delle revisioni più sostenute: +1,5% per quest’anno (lo 0,3% in più di quanto previsto precedentemente) e +1,6% per il prossimo (con una variazione dello 0,2%). 

Il rischio di deflazione – misurato dal declino dei prezzi in un arco temporale di quattro trimestri – è fonte di preoccupazione “principalmente” per l’Eurozona nel periodo che va dal terzo trimestre 2015 al secondo trimestre 2016, ma la probabilità che un tale rischio si verifichi “è scesa sotto il 30%”.

USA

L’Fmi ha invece tagliato le stime di crescita degli Stati Uniti per quest’anno e per l’anno prossimo. Stando al World Economic Outlook, il Pil statunitense salirà del 3,1% sia nel 2015 sia nel 2016. Il dato si confronta con le stime del Weo aggiornate lo scorso gennaio, che erano più alte rispettivamente dello 0,5% e dello 0,2%.

Il Fondo prevede inoltre che la Federal Reserve inizierà ad alzare i tassi di interesse per la prima volta dal 2006 nella “seconda metà” dell’anno in corso. Si tratta di una tempistica in netto contrasto con quanto previsto per esempio nel Regno Unito, dove una normalizzazione monetaria “non è attesa prima di metà 2016” o nell’Eurozona e in Giappone, dove si prevede che una politica monetaria “molto accomodante” continui ad essere attuata.

CINA 

Per quanto riguarda la Cina, nel 2015 è atteso un Pil in aumento del 6,8%, stessa percentuale calcolata lo scorso gennaio nell’aggiornamento al Weo, ma in calo dello 0,3% rispetto all’edizione del rapporto di ottobre. Il dato è inferiore a quanto previsto da Pechino, che si aspetta un’espansione intorno al 7%, la più contenuta da 11 anni. Per l’anno scorso la Cina aveva previsto un +7,5%, target mancato di poco con un +7,4% (è stata la crescita più lenta da 24 anni). Nel 2016 è previsto dall’Fmi un ulteriore rallentamento con un Pil visto in salita del 6,3%.

RUSSIA

Cattive notizie, infine, per la Russia. Secondo l’istituto guidato da Christine Lagarde, l’economia a Mosca si contrarrà quest’anno del 3,8% dopo un +0,6% nel 2014 e un +1,3% nel 2013. La stima è stata peggiorata dello 0,8% rispetto all’aggiornamento dello scorso gennaio del Weo. Per il 2016 è atteso un -1,1% dell’economia, una contrazione dello 0,1% più ampia rispetto a quanto calcolato a inizio anno. Il Fondo giudica “appropriate” le misure adottate dalla Banca centrale russa, che in risposta a un significativo deprezzamento del rublo lo scorso dicembre ha alzato i tassi di 750 punti base al 17% e ha anche adottato un regime sui cambi valutari più flessibile.

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