Come riportato dallo studio SACE, tra il 2009 e il 2013, nonostante le turbolenze seguite alla rivoluzione del gennaio 2011, sono confluiti in Egitto 22 miliardi di euro di IDE, di cui 3,7 mld provenienti dal Bel Paese. La presenza italiana nel Paese conta al momento 130 imprese attive in diversi settori: servizi, impianti, trasporti, logistica, turismo ed energia. Il primo gruppo italiano per mole di investimenti è ENI, principale operatore petrolifero straniero. A seguire Edison, Intesa Sanpaolo, Pirelli, Italgen, Danieli, Techint e Gruppo Caltagirone. Il rallentamento economico egiziano dell’ultimo triennio ha tuttavia influito negativamente sui flussi commerciali e si stima che in questo periodo l’Italia abbia ridotto la propria quota di export di oltre 5,5 mld. Tuttavia, nel 2013, con un ammontare di esportazioni apri a 2,8 mld, l’Italia è risultata il quarto fornitore egiziano con una quota di mercato del 5,3%, seconda a livello europeo solo alla Germania (7,9%). E se si offre uno sguardo ai flussi commerciali in entrata, emerge una marcata prevalenza dei prodotti raffinati (11,9% sul totale), a rimarcare il gap energetico strutturale che caratterizza il Paese, con la meccanica strumentale a seguire (6,9%), primo settore di riferimento per l’export italiano. In particolare, l’Italia ha esportato nel Paese motori a combustione interna e turbine, macchinari per l’industria chimica, petrolchimica e petrolifera e sistemi robotizzati per l’industria. Un contributo importante arriva anche dagli scambi di greggio e derivati. Nel 2013 il 52% delle esportazioni egiziane verso l’Italia ha riguardato petrolio grezzo ritornato al mercato di origine sotto forma di prodotti energetici raffinati e prodotti chimici (706 milioni di euro e 260 mln, rispettivamente). Nei primi dieci mesi del 2014 le esportazioni italiane nel Paese hanno registrato un progresso del 4,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In deciso calo le vendite di prodotti raffinati (-33%) e chimici (-10%). Molto positiva, invece, la performance di prodotti agricoli (+265%), apparecchi elettrici ed elettronici (+47%) e mezzi di trasporto (+21%).
Secondo SACE, i settori da cui si avrà il maggiore contributo saranno quelli legati all’edilizia abitativa e alle grandi opere infrastrutturali, in particolare il comparto legno, mobili e metalli, ma anche la meccanica strumentale, grazie alla domanda proveniente da settori come quello ceramico in forte sviluppo nel Paese. A questo proposito gli occhi degli analisti saranno puntati sulla Conferenza Internazionale di Sharm el Sheikh durante la quale il governo egiziano presenterà la propria strategia di sviluppo economico. L’obiettivo diventa allora quello di rilanciare la crescita con un importante piano di investimenti in grado di attirare i capitali esteri. Tra i partner più attivi rientrano Arabia Saudita, Kuwait, EAU e Russia, mentre le maggiori opportunità si concentreranno in cinque ambiti: grandi progetti infrastrutturali; industria mineraria; edilizia abitativa; energia; trasporti ferroviari. Buone opportunità di investimento si potranno delineare anche per le PMI italiane interessate al mercato locale. Numerose le iniziative per favorire la creazione di un tessuto industriale privato e diversificato, che faccia da volano alla creazione di nuovi posti di lavoro. In tal senso rientrano le iniziative di finanza agevolata portate avanti dalla Banca Centrale Egiziana e dal ruolo delle 10 Zone Free-Trade create negli ultimi anni per attirare, grazie ad agevolazioni ed esenzioni fiscali, nuovi investimenti produttivi (tra le principali, si vedano quelle di Alessandria d’Egitto, Damietta, Ismailia e Nasr City).
Nell’attuale fase di rilancio del Paese, il ruolo dell’Italia e delle nostre imprese può diventare molto importante. Favoriti dalla vicinanza geografico-culturale e dalla storica presenza nel tessuto imprenditoriale egiziano, il Made in Italy non può perdere l’opportunità di entrare e consolidare la propria posizione in un mercato di quasi 90 milioni di persone. Tuttavia i rischi rimangono elevati: da quello operativo, legato soprattutto alla burocrazia locale e alla carenza energetica; quello di trasferimento, esacerbatosi negli ultimi anni a causa della mancanza di valuta forte e al contingentamento prodotto dalle aste gestite dalla Banca Centrale; quello di mancato incasso. Proprio per queste ragioni SACE associa al Paese un rischio elevato, evidenziando come rischi principali proprio quello di trasferimento (85/100) e quello di mancato pagamento delle controparti corporate (85/100).