Una complessa serie di relazioni diplomatiche ed economiche nel Mar Cinese Meridionale sta interessando la sovranità delle aree di Paracel e le isole Spratly tra la Cina e i Paesi limitrofi dell’Asia sud orientale come Brunei, Malesia, Filippine e Vietnam. La zona contesa si ritiene essere ricca di petrolio e gas naturale, ed è importante per la pesca. Il Mar Cinese Meridionale occupa anche una posizione strategica importante in termini di logistica internazionale, con la maggior parte delle spedizioni di energia e materie prime che passano attraverso lo Stretto di Malacca proseguendo attraverso il Mar Cinese Meridionale per mercati come Cina, Corea del Sud e Giappone. Nel 2013 e 2014 le tensioni tra Cina e alcuni membri dell’Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico (ASEAN), in particolare Filippine e Vietnam, sono aumentate in conseguenza delle incursioni cinesi.
Come riportato da Atradius, si prevede una crescita in aumento del 5,1% nella regione ASEAN nel corso di quest’anno, dopo una crescita del 4,6% nel 2014. I principali fattori di sotegno vengono da consumi privati (+4,8% nel 2015 da +4,3% l’anno precedente) ed esportazioni (+5,7% da +3,8%). Inoltre si prevede il lancio della cosiddetta Comunità Economica dell’ASEAN (AEC) entro la fine dell’anno, con conseguenze economiche di ampia portata, promuovendo in modo significativo il flusso di investimenti in entrata e uscita e rafforzando l’importanza globale dell’ASEAN come blocco economico. L’AEC unirebbe i dieci Paesi membri in un unico mercato regionale, il cui concetto di base si fonda sulla libera flusso di beni, servizi, investimenti, capitali e manodopera qualificata, eliminando barriere tariffarie e non. E, oltre all’aumento dei flussi commerciali, le imprese potranno così accedere a mercati più vasti e godere dei medesimi incentivi. Tuttavia, ci sono dubbi sul fatto che tutti i Paesi della regione siano pronte per l’AEC. Ad esempio, le piccole e medie imprese in Thailandia hanno chiesto un fondo da istituire per garantire risorse sufficienti ad attuare investimenti produttivi all’estero. Allo stesso tempo, le piccole imprese filippine hanno espresso la convinzione di non poter beneficiare le aperture offerte dall’AEC nel 2015. E anche se l’AEC prevede un libero flusso di persone e capitali, dunque di forza lavoro, persistono tuttora barriere in forma di licenze e requisiti che vanno soddisfatti per poter esercitare attività produttive in loco. Con il conseguente maggiore impulso per gli operatori della regione ad intensificare la protezione, data la pressione concorrenzaiale di prodotti e servizi provenienti dall’estero. Ecco allora che la resistenza al cambiamento, fomentata anche da gruppi di pressione nazionalisti, si sta facendo sempre più forte e di conseguenza, secondo gli analisti, il rinvio della data di lancio AEC prevista per la fine del 2015 non sarebbe da escludersi.