Si alza il velo sui nomi italiani della cosiddetta Lista Falciani, che vengono pubblicati sul settimanale l’Espresso oggi in edicola. Dall’enorme database prelevato dall’ex dipendente della Hsbc, Hervé Falciani, era già emersa la presenza di 7.499 italiani, che avevano depositato complessivamente 7 miliardi e 452 milioni di dollari nella filiale svizzera della banca inglese.
Tra queste migliaia di concittadini era affiorato qualche nome famoso, ma ora la lista si allarga: tra i nomi della Lista, per limitarsi a quelli più legati al mondo dell’economia e della finanza, figura ad esempio il presidente di Telecom Italia, Giuseppe Recchi, ex presidente di Eni, consigliere di Exor e di UnipolSai, e componente del Consiglio direttivo di Confindustria. Fino al 1999, il manager era azionista della Recchi Costruzioni, un gruppo attivo in 25 Paesi nel settore delle costruzioni di grandi infrastrutture pubbliche.
Ci sono poi il vicepresidente dell’Università Bocconi, Luigi Guatri, e Giancarlo Giammetti, stretto collaboratore dello stilista Valentino Garavani (tra i “vip” italiani presenti nel primo elenco diffuso sulla stampa, assieme a Valentino Rossi e a Flavio Briatore), c’è l’amministratore delegato del gruppo Benetton, Eugenio Marco Airoldi, ex consulente di Boston Consulting, e l’imprenditore Giulio Malgara, per 23 anni presidente dell’Upa, l’Associazione che raggruppa le 500 maggiori società industriali e commerciali che investono in pubblicità, e fondatore di Auditel (di cui è presidente).
Ci sono poi anche il finanziere Luigi Zunino, che “francamente non ricorda di avere mai avuto un conto alla HSBC di Ginevra”, Luigi Luini, il re dei panzerotti di Milano e Manfredi Catella, l’immobiliarista di Hines che in Svizzera aveva 922 mila euro, “un lascito ereditario”, risponde all’Espresso. Non ricorda nulla Franco Gusselli Beretta, dirigente della nota fabbrica di armi bresciana interpellato dal settimanale.
Spunta, tra gli altri, anche il nome del sondaggista Renato Mannheimer che proprio alcuni giorni fa ha versato all’Agenzia delle entrate più di 6,3 milioni di euro per chiudere una vicenda giudiziaria in cui era accusato di una frode fiscale da 10 milioni di euro. Il risarcimento al fisco gli ha permesso di ottenere il via libera della procura di Milano al patteggiamento di una pena di un anno e 11 mesi. Stupisce poco la presenza di Davide Serra, il finanziere filo-renziano da 18 anni residente a Londra, che ha confermato di essere titolare di un conto “in totale trasparenza e in accordo con il sistema inglese”, e che verosimilmente avrà depositi sparsi anche in altre banche visto che risiede all’estero.
Più clamore invece desta la presenza, nella lista pubblicata oggi da L’Espresso, di due politici. Dieci milioni e 700mila dollari era la disponibilità dell’ex parlamentare Giorgio Stracquadanio, scomparso nel gennaio 2014. Ex radicale poi approdato a Forza Italia, Stracquadanio apparteneva a una famiglia facoltosa. Il conto acceso presso la Hsbc era intestato anche alla sorella Tiziana e al padre Raffaele.
Nella lista compare anche il parlamentare del Pd, Giuseppe Civati, già candidato alla segreteria del partito e leader della minoranza anti-renziana, che però ha immediatamente chiarito la propria posizione. Il deposito – scrive l’Espresso – è infatti di soli 6.589 dollari, di cui il titolare è suo padre Roberto, ex amministratore delegato di aziende come la Redaelli Tecna di Milano. “Il motivo per cui compare anche il mio nome dipende unicamente dal fatto che mio padre ha aperto quel conto nel 1994 (quando avevo diciannove anni) indicandomi come procuratore, insieme a mia madre (in quanto eredi, per il caso in cui fosse mancato)”, ha scritto Civati nel suo blog. “Il conto non ha mai superato i 10mila euro, si è estinto nel 2011 (essendosi azzerato a causa delle spese di tenuta) e non risulta su di esso alcuna movimentazione”, ha concluso Civati.
La Guardia di Finanza ha controllato fino ad oggi 3.276 nomi della Lista Falciani e, per effetto dello scudo fiscale, ha potuto contestare solo 741 milioni di redditi non dichiarati. Di questi ne sono stati incassati appena 30.
Parallelamente, entra nel vivo anche l’indagine della Procura di Milano su una presunta frode fiscale “per svariate centinaia di milioni di euro” commessa da almeno 351 persone (quelle identificate sinora) attraverso il sistema di polizze assicurative della succursale italiana di una società del gruppo Credit Suisse, banca con sede a Zurigo.
La Guardia di Finanza ha dunque identificato e trasmesso agli inquirenti 351 nomi, che tutti insieme avrebbero nascosto un miliardo di euro, mentre all’esame di pubblici ministeri e Fiamme gialle ci sono altre polizze cifrate – per un totale di mille – che hanno consentito di celare all’erario circa otto miliardi complessivi. Cifre che i finanzieri hanno calcolato dopo aver esaminato i documenti trovati nella sede milanese della società Credit Suisse Life & Pension Aktiengesellschaft (Cslp); carte dalle quali “è stato possibile ricostruire un’attività di promozione di strumenti finanziari denominati ‘polizze assicurative’ rivolte a clienti italiani e non confluita nella contabilità ufficiale della Cslp”, ha di recente scritto il direttore centrale dell’Agenzia delle entrate, Aldo Polito, ai responsabili delle Direzioni regionali.