Se fossimo nello spazio si chiamerebbe Gargantua: un gigantesco buco nero che attrae e risucchia verso di sé qualsiasi cosa le si avvicini troppo. Una stella che è collassata per la forza di gravità. E saremmo nel film Interstellar, in compagnia almeno di Matthew McConaughey e Anne Hathaway. Invece siamo in Borsa, in compagnia di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola (ma anche di un bel gruppetto di piccoli risparmiatori decisamente arrabbiati), e il buco nero si chiama Mps.
Una volta era una banca. Ora è collassata per effetto delle perdite in buona parte eredità dell’ex capitano Mussari “scivolato” su acquisizioni mostre e giochi complessi dai nomi ancor più criptici (come il derivato Santorini). Già perché la voragine a Siena pare essere senza fine: ieri il cda ha approvato i conti 2014 con buco da 5,34 miliardi (1,43 nel 2013) che si è praticamente già mangiato tutto l’aumento di capitale varato appena la scorsa estate. Il board ha dovuto così aumentare la nuova ricapitalizzazione a tre miliardi (come limite massimo, l’importo esatto potrebbe essere anche inferiore) dai 2,5 precedentemente decisi.
Per non parlare delle performance di Borsa: negli ultimi 12 mesi ha perso circa il 62% del suo valore. Certo, le perdite erano largamente attese e si spiegano con la pulizia di bilancio legata all’asset quality review della Bce che ha riguardato tutte le principali banche europee e quindi con le rettifiche sui valori chieste dall’Eurotower. Allo stesso tempo la banca ha deciso di andare oltre, portando le rettifiche sul portafoglio crediti a 7,82 miliardi, sopra i 4,18 imposti dalla Bce come applicazione della revisione a tutti i 129 miliardi di crediti in portafoglio, e non solo ai 73 analizzati dalla Bce.
Ma tant’è: i numeri dell’ultimo trimestre dell’anno, annunciati ieri a Borse chiuse, hanno nuovamente sorpreso in negativo e il titolo oggi ha aperto in calo dell’1,68% (il Ftse Mib rimbalza dello 0,35%) e peggiorato nel corso del mattino, dopo aver chiuso ieri a -1,3%. “E’ un bilancio complesso come si legge dai numeri – ha commentato sul Sole24Ore Fabrizio Viola – Se si guarda con razionalità e non con emotività ai dati si può vedere come questo bilancio possa permettere alla banca di tornare, nel 2015, a esprimere la sua capacità di essere una banca normale”.
MPS SPOSA SENZA DOTE
BANCO POPOLARE POLO AGGREGANTE
Una “banca normale” destinata a essere una sposa con poca dote, in vista di un’aggregazione che ormai sembra inevitabile. “Il tema dell’aggregazione rimane sul tavolo e tutto quello che stiamo facendo lo stiamo facendo nella prospettiva di partecipare a un’operazione di consolidamento”, ha aggiunto Viola che in tandem con il presidente Profumo da tempo sta lavorando per rimettere insieme i cocci della gestione passata e che negli ultimi tempi ha ricucito le relazioni anche con la Fondazione Mps (azionista di riferimento ormai più morale che sostanziale).
La maxi pulizia sui crediti riguarda anche un’altra banca che ha diffuso i conti ieri, il Banco Popolare, che però si candida a polo aggregante nel risiko bancario che si sta per aprire (complice anche la riforma del settore delle popolari). L’istituto guidato da Pier Francesco Saviotti ha infatti chiuso il 2014 con perdite per 1,9 miliardi, anche in questo caso legate in gran parte alle svalutazioni relative all’esame di Francoforte (terminato lo scorso ottobre), tre volte tante quelle registrate nel 2013 (606 milioni).
Tuttavia, sebbene le perdite legate alla Bce fossero ampiamente note e attese, i risultati del quarto trimestre hanno anche qui deluso le attese del mercato (in avvio oggi il titolo cedeva lo 0,65% ma recupera a +2,9% dopo l’annuncio dell’accordo sull’Ucraina, i conti sono stati diffusi ieri a Borsa chiusa). Il rosso è stato di 1,8 miliardi contro meno di 700 milioni stimati dagli analisti e l’utile operativo si è fermato a 149,7 miliardi dai 298 previsti dal consenso. In particolare, la banca ha registrato rettifiche sui crediti doppie rispetto a quanto atteso dal consenso, appesantite anche dal dossier Ilva che da solo ha pesato per 140 milioni.
Anche per Saviotti, che accoglie con favore l’ipotesi bad bank, il 2015 sarà l’anno della svolta del “ritorno alla normalità”: “Sono finiti i sette anni di vacche magre”, ha detto augurandosi che “il 2015 sia il primo segno di ritorno alla normalità con una redditività certamente non entusiasmante ma comunque decorosa”. Bene il ritorno alla normalità, ma speriamo che per il sistema non significhi troppo “business as usual”.