PIAZZA AFFARI APPLAUDE I CONTI DEI BIG. INTESA E MEDIOBANCA, SORPRESE POSITIVE
Rialzi di Borsa superiori al 4% per Intesa e per Mediobanca. Piazza Affari festeggia senza riserve l’avvio della stagione delle trimestrali bancarie. E mai festa fu più propizia e beneaugurante viste le scadenze che attendono il sistema del credito, alla vigilia di una rivoluzione in più tappe: la riforma delle Popolari spa, che ieri ha superato il primo ostacolo, cioè le eccezioni preliminari presentate dall’opposizione di destra e di sinistra (a conferma della forza delle lobbies del sistema); il prossimo varo di una bad bank, ovvero uno special purpose vehicle a cui conferire parte di incagli e sofferenze; una nuova stagione di interventi sul patrimonio, per allinearsi una volta per tutte ai parametri richiesti dalla Vigilanza Europea. Una corsa ad ostacoli, complicata dal dossier Mps, da cui dipenderà in buona parte la capacità del Paese di agganciare una volta per tutte il carro della ripresa. Come è possibile, purché il sistema dimostri di sapersi scrollare dalle spalle l’onere delle sofferenze, 188 miliardi in tutto, che rallenta impieghi ed assorbe le risorse. Da questo punto di vista, le prime risposte sono positive ma non inattese: Mediobanca e Banca Intesa, infatti, sono da tempo le “prime della classe” del sistema, al di sopra di ogni sospetto. Ma l’avvio lascia ben sperare anche perché finalmente l’operazione pulizia stavolta non ha sacrificato l’interesse degli azionisti.
PIAZZETTA CUCCIA: MENO PARTECIPATE, PIU’ UTILI
Partiamo da Mediobanca, che ha pubblicato i conti del secondo trimestre alle sette e trenta spaccate, a conferma della puntualità della banca che fu di Enrico Cuccia. L’istituto ha messo a segno un aumento dei ricavi consolidati del 15,9%, da 875 milioni di euro a 1,014 miliardi a fronte di 990 milioni attesi dal consensus. Al di là delle cifre, impressiona il cambio di pelle di quello che per tanti anni fu più che altro una cassaforte di partecipazioni, potente ma non troppo redditizia. Tutt’altra musica oggi: “Quest’anno – ha sottolineato l’ad Alberto Nagel – abbiamo un’attività bancaria che va a sostituire quasi al 100% i ricavi da vendita di partecipazioni conseguiti l’anno scorso e l’andamento positivo è comune a tutte le divisioni di attività bancaria”. L’utile consolidato (261 milioni) è infatti il risultato dell’aumento degli impieghi, a loro volta in crescita sia nell’attività corporate che nel retai (anche Che Banca! s’avvicina al pareggio, grazie al maggior contributo della raccolta indiretta). Le dismissioni, solo 80 milioni nell’ultime semestre, riprenderanno di qui a giugno, quando l’esercizio si chiuderà con l’addio all’avventura di Telecom Italia. In sintesi, secondo il giudizio di Equita, risultati “decisamente migliori delle attese e di ottima qualità”, ricchi di “sorprese positive in tutte le linee operative”.
CA’ DE SASS, REDDITIVITA’ AL TOP
Non minor entusiasmo hanno suscitato i numeri di Intesa, la “banca di sistema” secondo una definizione cui per la verità l’ad Carlo Messina guarda con un certo sospetto: sì alla Banca dei Territori, ma senza alcuna velleità di far da supplenza alle carenze altrui o investire in salvataggi (vedi Alitalia). Una filosofia che ha pagato: nel 2014 l’istituto ha registrato un significativo miglioramento della redditività, superiore agli obiettivi del piano di Impresa 2014-2017, e ha confermato la sua solidità patrimoniale. L’utile netto è stato robusto: 1.690 milioni di euro, se si esclude l’aumento retroattivo della tassazione, dal 12% al 26%, della plusvalenza registrata nel 2013 sulla quota detenuta in Banca d’Italia. Il consenso si aspettava invece un utile netto a 1,5 miliardi di euro. ll risultato della gestione operativa è migliorato del 5,1% a 8.354 milioni e i proventi operativi netti hanno raggiunto i 16.898 milioni (+4%). Questi numeri hanno reso possibile una politica del dividendo più generosa del previsto. Il consiglio di gestione ha deliberato infatti la distribuzione di 7 centesimi di euro per l’azione ordinaria e di 8,1 centesimi per l’azione di risparmio a partire dal 20 maggio 2015. Il dividend yield è pari al 2,8% per l’azione ordinaria e al 3,7% per l’azione di risparmio rispetto alle quotazioni del 9 febbraio. Un bel sollievo per le Fondazioni azioniste, a partire dalla Compagnia di San Paolo e dalla Fondazione Cariplo. Non viene però intaccata la solidità patrimoniale della banca: il Common Equity ratio pro-forma Basilea 3 a regime è, infatti, salito al 13,3% dal 12,3% di fine 2013, livello top tra le maggiori banche europee.
Sul piano reddituale il dato più confortante è il rapporto cost/income pari al 50,6%, al top tra le banche europee, a conferma che la banca dei Territori sta ritrovando smalto. Non meno consolante il miglioramento del trend del credito con i flussi di nuovi crediti deteriorati provenienti da crediti in bonis in discesa al valore più basso dal 2011: flussi netti pari a 8,6 miliardi di euro rispetto agli 11 miliardi del 2013 (-22%). Il grado di copertura dei crediti in sofferenza sale al 62,7% (da 62,5%), quello dei crediti deteriorati al 46,8% rispetto al 46% di fine 2013. Un livello elevato se paragonato a quello della media dei concorrenti italiani: 37% nel terzo trimestre. Se vale il detto “chi ben comincia è a metà dell’opera”, finalmente il sistema del credito sembra vedere la luce in fondo ad un tunnel che si è rivelato molto lungo. Per la conferma non resta che attendere. Stasera verranno approvato i conti di Bpm, poi toccherà ad Unicredit, Bper e Banco Popolare. Giovedì chiuderà l’Ubi chiuderà la sfilata.