Missione compiuta
Il 6 ottobre 2011 la missione di Tim Cook stessa del giovane fonditore di campane, Boriska, dopo la morte di peste di tutti i maestri campanari nel capolavoro di Tarkovsky, Andrei Rublev. Come Boriska riesce nell’impresa con umiltà e forza d’animo a tal punto che Rublev rompe il voto del silenzio, così dopo tre anni Tim Cook sembra aver convinto tutti che si può cessare di rimpiangere Steve Jobs e guardare al futuro della Apple con serenità.Le azioni della mela sono al loro massimo storico, prossime a un valore complessivo di 700 miliardi di dollari. Una filiera di nuovi prodotti ha confermato la Apple come la più importante fabbrica dell’innovazione a livello planetario. Nel solo 2014 la capitalizzazione di Apple è cresciuta quanto l’intero valore di mercato di Google. Il “Financial Times”, che di solito guarda parecchio al sodo, ha dichiarato Tim Cook persona dell’anno 2014 dedicandogli un paginone che sembra un “native advertising”, ma non lo è. Il magazine del grande business, “Fortune”, l’ha messo al secondo posto, alle spalle del competitor Larry Page, come “businessperson of 2014”. Adam Lashinsky ha chiuso il trafiletto su Cook con queste parole: “La luce continua a brillare luminosa nelle stanze della direzione Apple anche senza il leggendario capo che per primo l’aveva accesa”. Un bel riconoscimento per Cook, per niente scontato: nel 2013 il mood di “Fortune” verso Cook era molto negativo. Un mood condiviso da tutta la grande stampa. Ma il 2014 è stato davvero l’anno di Tim Cook.
L’iPhone 6 dei record
Senza andare a esaminare nel dettaglio il lavoro di Cook come hanno fatto Brad Stone e Adam Satariano su “Bloomberg Businessweek”, basterebbe guardare a quello che è successo tra il 19 e il 25 dicembre 2014 con l’attivazione dei nuovi smartphone sotto l’albero di Natale. Secondo le stime di Flurry, specializzato in questo tipo di metriche, il 51,3% delle nuove attivazioni sono stati iPhone. Per ogni smartphone Samsung attivato ci sono stati tre iPhone; per ogni Microsoft Lumia si sono avuti nove iPhone attivati. Morgan Stanley ha stimato in 70 milioni gli iPhone venduti nell’ultimo trimestre del 2014, un quasi-raddoppio delle vendite nel terzo trimestre del 2014. Ma c’è un altro indicatore che ci dice del favore incontrato dal nuovo iPhone presso i consumatori. Nel 2013 solo il 3% delle attivazioni era costituito da smartphone di grande formato, i cosiddetti phablet. Nel 2014 la percentuale è salita al 13%, facendone il segmento con la crescita più robusta (+450%) dell’intero settore dei telefonini. Come non pensare che in questa crescita sbalorditiva ci sia proprio lo zampino della Apple con il suo iPhone 6 plus. Nello schema che riportiamo a fianco, sempre elaborato da Flurry, notiamo che gli smartphone di medio formato e i tablet veri e propri hanno ceduto punti importanti ai phablet, confermando così la tendenziale unificazione del mercato tablet-smartphone.A tre anni dalla scomparsa di Jobs, malgrado la concorrenza feroce dei coreani, dei cinesi e di Microsoft, l’iPhone continua ad essere non solo la fonte più importante dei ricavi della Apple, ma ha accresciuto considerevolmente la sua quota di quest’ultimi.
La riforma di Apple
L’iPhone 6 non è stato l’unico asso calato da Tim Cook e dal suo team prima della stagione dei grandi acquisti invernali del 2014: c’è stato anche Apple Watch e Apple Pay, due prodotti che hanno strappato molti vow e messo il silenziatore ai feroci critici di Apple che non hanno saputo scovarvi i difetti di progettazione e di realizzazione che avevano compromesso alcuni dei più importanti lanci post-Jobs come le mappe e Siri. Forse il cambiamento più filosoficamente significativo è la scomparsa del mitico prefisso jobsiano “i” a connotare ogni nuovo prodotto uscito dai laboratori di Cupertino. Al posto del marchio di fabbrica “i” adesso c’è “Apple” a sancire la preminenza del brand su qualsiasi altro fattore. Continuità e cambiamento, questa sembra essere la formula operativa di Tim Cook che sta portando avanti con metodo e gradualità. Una transizione non solo nominale che è sfociata in molte gradevoli novità che hanno smorzato tutte le spigolosità della gestione di Steve Jobs nei confronti degli investitori, dei media, dei competitor, degli stakeholder, delle acquisizioni e delle questioni sociali e ambientali nei cui confronti Cook ha mostrato una non comune sensibilità. Si è avuto un rilassamento che si sente a tutti i livelli e in tutti gli aspetti delle relazioni della casa della mela con il mondo circostante e anche all’interno dell’azienda. Per esempio Cook ha posto termine, con grande rammarico per i grandi studi legali di New York, alla famosa guerra termonucleare contro Android e Samsung dichiarata da Jobs. Le guerre, come ci dice l’ultimo film di Clint Eastwood, provocano solo distruzioni materiali e interiori. Alla fine anche Apple, al pari degli editori incriminati, ha transato con il Dipartimento della Giustizia sulla spinosa questione del prezzo degli ebook staccando un assegno da 450 milioni di dollari per chiudere la class action intentata dalle associazioni dei consumatori. Jobs non avrebbe mai firmato quell’assegno.
Il sistema di valori di Cook
La Apple è oggi, nella sua organizzazione e nelle sue relazioni interne, molto più aperta e trasparente che in passato con una diminuita ossessione per la segretezza, anche se questa resterà ancora come una sorta di necessità oggettiva.L’outing di Cook a proposito della propria sessualità ha evidenziato anche una differente sensibilità rispetto a Jobs sulle faccende della privacy e della vita personale. Ne esce anche una differente consapevolezza a proposito della leadership, del ruolo pubblico e della responsabilità sociale della corporate America. In un’intervista a “Bloomberg Businessweek” Cook ha dichiaratoSe sapere che il CEO della Apple è gay può aiutare qualcuno ad accettarsi per com’è, o arrecare un po’ di conforto a chi si sente solo oppure stimolare le persone a battersi per la propria uguaglianza, allora sarà valsa la pena di scambiare questa cosa con la mia privacy.Basterebbe confrontare questa dichiarazione con le molte asciutte smentite sulla malattia di Steve Jobs, che il co-fondatore della Apple concepiva come un fatto meramente privato circoscritto alla propria famiglia. Anche in quel caso molte persone nella condizione di Jobs avrebbero potuto trarre conforto dal sapere che un grande leader combatteva la stessa loro battaglia.La dichiarazione di Cook sulla proprio omosessualità ha ricevuto moltissimi riconoscimenti da partner con Mark Zuckerberg e da competitor storici con Satya Nadella, CEO di Microsoft e Ginni Rommety, CEO di IBM, con cui Cook sta stringendo un’importante alleanza per introdurre i prodotti Apple nei sistemi di gestione dell’informazione delle grandi imprese che hanno in IBM un punto di riferimento storico. L’outing di Tim Cook, il primo CEO a farlo della lista Fortune delle 500 maggiori aziende, ha contribuito moltissimo alla causa dei diritti dei gay, dimostrando che il mercato è totalmente agnostico sulle inclinazioni sessuali delle persone che guidano il grande business.
Una nuova cultura aziendale
Insomma Tim Cook sta veramente cambiando la cultura aziendale della Apple espungendo le molte eccentricità della gestione Jobs pur nel rispetto dell’eredità del grande leader il cui ufficio, al quarto piano dell’edificio 1 di Infinite Loop a Cupertino, è significativamente rimasto come Jobs l’ha lasciato nell’agosto del 2011.Quando Cook ha preso la guida della Apple tutta l’organizzazione era incentrata su Jobs che coordinava e dirigeva l’attività di una serie di strutture decentralizzate che non comunicavano tra loro e spesso si fronteggiavano duramente per ricevere l’attenzione di Jobs.Tim Cook ha abbattuto le mura che dividevano queste strutture e sparso una cultura di collaborazione, scambio e contaminazione. Ne è nata una organizzazione relazionale permeata dall’importante concetto di continuità operativa che è lo stesso che è stato trasferito in tutti dispositivi Apple che sono fortemente integrati tra loro e ogni attività fluisce da un device all’altro come se avvenisse all’intero un unico hardware. Con il rilascio di Yosemite e iOS 8 i dispositivi mobili e i Mac, pur avendo sistemi operativi differenti, dialogano in modo efficiente prefigurando un’integrazione pressoché totale. Una via differente da quella di Microsoft che ha costruito, non senza complicazioni e con coraggio, un unico sistema operativo. Una scelta che Tim Cook ha criticato a varie riprese.
I vestiti di Cook
Pure nell’abbigliamento Cook ha attuato una morbida discontinuità con Jobs: nelle occasioni ufficiali si vede con una camicia nera o blu un po’ sgualcita, sbottonata al colletto e con le maniche arrotolate. Spesso però si fa vedere in giro con la classica maglietta nera girocollo che era la divisa di Jobs. Continuità e cambiamento anche nel vestire, sul quale lo stesso Cook ha scherzato durante la presentazione di Apple Watch quando ha detto che il nuovo device sarà accolto con entusiasmo dalle “persone che s’intendono di moda e di stile più di quanto sia capace io”.Ed ecco che Vanessa Friedman, la critica di moda del “New York Times”, ha ripreso l’annotazione di Cook e si è offerta di dare dei consigli al CEO della Apple a proposito del proprio guardaroba come capo di un’azienda che si appresta entrare da protagonista nel mondo della moda. Lo ha fatto in un divertente articolo dal titolo “This Emperor Needs New Clothes. For Tim Cook of Apple, the Fashion of No Fashion” disponibile anche nella traduzione italiana.