Call center: superare le attuali divisioni per giungere a un contratto unico e a una unanime disciplina ai fini contributivi. E’ quanto suggerisce la commissione Lavoro della Camera, che ha messo a punto un documento a conclusione di una indagine conoscitiva sui rapporti di lavoro nei call center in Italia.
Sono 80 mila le persone impiegate nei 160 call center della penisola, la metà radunati nel sud, con un giro d’affari di 1,3 miliardi . Attualmente nel settore coesistono due contratti nazionali, quello delle telecomunicazioni (leggermente più «oneroso») e quello del terziario. E proprio per questo secondo i deputati della commissione di Montecitorio sarebbe opportuno, in primo luogo, al fine di garantire uniformità di trattamento e superare le problematiche esistenti, verificare la possibilità di pervenire a un unico contratto collettivo nazionale dei lavoratori dei call center.
“Nell’ambito di una nuova disciplina contrattuale unitaria, sarebbe, infatti, più agevole affrontare il delicato tema dell’applicazione a tutti i lavoratori dei minimi retributivi, attualmente previsti dall’accordo del 1o agosto 2013 per i soli lavoratori inquadrati nel settore delle telecomunicazioni, e, specularmente, quello dei riconoscimenti economici (adeguatamente «incentivanti») per le attività di vendita, nonché individuare gli strumenti per limitare efficacemente il ricorso a gare al massimo ribasso”, si legge nel documento conclusivo.
Secondo la commissione Lavoro di Montecitorio devono inoltre valutarsi – nell’ambito di una riflessione che coinvolga necessariamente l’Inps, in relazione al diverso inquadramento delle aziende- le differenze esistenti tra i diversi operatori del settore in relazione al versamento dell’aliquota di contribuzione alla cassa integrazione guadagni, dal momento che per gran parte degli operatori i trattamenti di sostegno al reddito dei lavoratori ricadono sulla fiscalità generale, mentre altri versano i relativi contributi, con conseguenti effetti distorsivi della concorrenza. “Sembra quindi necessario porre rimedio a tale disparità di trattamento nel quadro del più generale processo di revisione della disciplina della normativa in materia di ammortizzatori sociali previsto dalla legge delega in materia di lavoro, di recente approvata dalle Camere”.