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Sharing economy e efficienza energetica: il caso del car sharing

Può la sharing economy, e in particolare la smart mobility, essere sinonimo di efficienza energetica? Il caso di Enjoy e in generale del car sharing dimostra di sì: meno immissioni, meno traffico e più parcheggi – Un nuovo modello di consumo basato “sull’accesso e non sul possesso”: se n’è parlato a Roma al convegno degli Amici della Terra.

Sharing economy e efficienza energetica: il caso del car sharing

Il concetto più ampio è quello della sharing economy, definito dal vicepresidente di Eni Enjoy, Giuseppe Macchia, come “un nuovo modello di business e di consumo basato sul riutilizzo e non sull’acquisto, sull’accesso e non sul possesso”. Applicato al car sharing, si parla poi di smart mobility. Entrambi i concetti sono strettamente legati, per usare una volta tanto un’espressione italiana, all’efficienza energetica.

Se ne è parlato a Roma negli ultimi due giorni, in una conferenza organizzata a Palazzo Rospigliosi da “Amici della Terra”. C’erano tutti i big dell’ecosostenibilità italiana, dalle utilities alle associazioni ambientali. C’era anche Enjoy, la società di car sharing tutta italiana nata dalla partnership tra Eni, Ferrovie dello Stato e Fiat, che fornisce il parco auto di 1.300 Cinquecento rosse distribuite tra Milano, Roma e Firenze.

La startup del car sharing compie proprio in questi giorni un anno di vita (ma è attiva solo da giugno a Roma e da poche settimane a Firenze) e in questo lasso di tempo è riuscita a compiere il sorpasso sulla concorrente tedesca Car2Go, arrivata in Italia nel 2012 e presente nelle stesse tre città: entrambe le società viaggiano intorno ai 150mila utenti iscritti, con un trend crescente che farà del 2015, secondo il Time, “l’anno della consacrazione del car sharing”.

Car sharing che sempre dalla prestigiosa rivista inglese è stato inserito fra le 10 idee che cambieranno il mondo. E che anzi già lo stanno cambiando, all’interno del grande contenitore della sharing economy, in cui si va dalla mobilità, con Uber, al turismo, con Air BnB e Tripadvisor, alla musica, con Spotify, allo shopping, con eBay. Finita l’era della proprietà individuale, nasce quella della condivisione. “Grazie alla tecnologia – spiega Simone Serafini, direttore commerciale di Enjoy -, senza la quale, se pensiamo alla possibilità di fruire tramite smartphone con le app, tutto questo non sarebbe possibile, c’è stata anche una democratizzazione dei servizi: sono raggiungibili sempre e ovunque, e a costi moderati”.

Come quelli di Enjoy, che nel panorama del car sharing privato italiano offre ad oggi le tariffe più competitive (0,25 cent al minuto e 0,10 in sosta) e che ora si appresta a lanciare anche la sfida dello scooter sharing: il Comune di Milano, pioniere della mobilità smart da anni, ha ufficializzato l’arrivo del nuovo servizio per l’Expo 2015 (si parte il 21 marzo secondo quanto dichiarato dall’assessore ai Trasporti Pierfrancesco Maran), e sarà proprio Enjoy, tramite dei mezzi studiati e prodotti appositamente da Piaggio, a fornire la flotta.

Ma perché car sharing è anche efficienza energetica? “Innanzitutto è sostenibilità: le nostre auto – spiega ancora Serafini – sono tutte Euro 5 ed Euro 6 e vengono costantemente controllate. E poi il car sharing significa utilizzare la stessa macchina 7-8 persone per più ore al giorno, mentre una macchina privata viene utilizzata da una singola persona e in media per pochi minuti al giorno”. Il che significa, inevitabilmente, meno immissioni di CO2, meno traffico e più parcheggi disponibili.

Una rivoluzione, grazie anche al cosiddetto car sharing di seconda generazione: “Prima il servizio era offerto dall’ente pubblico e quindi sottostava a delle regole ben precise di iscrizione, di prenotazione e di consegna del mezzo. Ora con il car sharing privato abbiamo smaterializzato tutto: l’iscrizione è gratuita, avviene velocemente tramite app e l’auto si può trovare ovunque, senza prenotarla se è già disponibile, e lasciarla ovunque”. Il nuovo modo di concepire la mobilità piace persino ai tassisti: “Loro non ce l’hanno col car sharing ma con Uber. Nel car sharing non ci sono autisti: noleggi la macchina ma devi guidarla tu, è un altro tipo di servizio. E il fatto che grazie a questo le persone siano meno portate ad acquistare macchine private può avvantaggiare anche i tassisti”.

E dunque, se il problema non sono i tassisti, che cos’è che ostacola, a quanto pare ancora per poco, la definitiva diffusione del car sharing in tutta Italia? “Decisamente i bandi comunali – ammette Serafini -: diversi città per città e complicati, bisognerebbe studiare un modello unico”. La solita burocrazia che frena il nuovo che avanza laddove, altrove nel mondo, la sharing economy è già diventato un modello non solo di consumo ma anche di business da far impallidire i giganti della finanza. Basti pensare che Uber sta per sbarcare in Borsa con una capitalizzazione che si aggirerà sui 35-40 miliardi di dollari, pari a 1,5 volte quella di Twitter e a tre volte quella della concorrente Hertz (11,3 miliardi). Tra le startup americane di questo tipo e di questa età (è nata nel 2010 a San Francisco) Uber è ritenuta la maggiore davanti a Dropbox e Air BnB, anche loro protagoniste della sharing economy e anche loro con una capitalizzazione a 11 cifre.

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