Il Fisco italiano pesa su ogni contribuente per 15mila dollari l’anno, poco più di 12 mila euro, ma nonostante questo il nostro Paese riesce a raccogliere solo un terzo dell’Iva che gli spetterebbe se non ci fossero esenzioni, aliquote preferenziali ed evasione. E’ quanto emerge da un rapporto Ocse pubblicato oggi.
Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, infatti, l’Italia ha un “Vat Revenue Ratio” pari a 0,38. Si tratta del terzo dato più basso fra i 34 Paesi Ocse, a fronte di una media di 0,55. Sotto il nostro Paese solo Messico (0,31) e Grecia (0,37). Un valore pari a uno riflette un sistema di Iva che applica un’unica aliquota standard a tutta la base di spesa su beni e servizi consumati, con una perfetta applicazione della tassa.
Lo studio sottolinea inoltre che l’indicatore sul gettito Iva italiano, a quota 0,43 nel 2000, è calato nel 2008 e nel 2009 con l’arrivo della crisi globale (a 0,36) e dopo un temporaneo aumento nel 2010-2011 (0,40) è tornato a diminuire nel 2012. L’Ocse rileva poi che l’aliquota standard del 22% è più alta della media Ocse (19%) e si posiziona all’11esimo posto tra i Paesi dell’area.
Quanto alla pressione fiscale, l’Italia si colloca al sesto posto nell’area Ocse. Il dato è sceso è sceso lievemente dal 42,7% del 2012 al 42,6% del 2013, ma è cresciuto del 2% rispetto al 2000. Dal 2007, invece, quando ancora non era scoppiata la crisi, l’appetito del fisco tricolore è aumentato di un punto percentuale di Pil.
Le entrate fiscali italiane provengono per il 27% dalle imposte sul reddito delle persone fisiche, per il 7% da tasse sui profitti delle aziende, per il 30% dai contributi sociali e previdenziali, per il 6% dalle tasse sulla proprietà, per il 26% dalle tasse sui consumi e per il 4% da altri provvedimenti fiscali.