Il Parlamento accelera sul Jobs act e la minoranza Pd continua a fare opposizione. I numeri, tuttavia, non sono in discussione alla Camera, dove la maggioranza è ampia, e il Governo non intende porre la questione di fiducia sul provvedimento.
Questa mattina sono ricominciate nell’Aula di Montecitorio le votazioni sugli emendamenti al testo: ieri erano state respinte tutte le proposte di modifica e mancava all’appello il voto su un ultimo emendamento, che è stato bocciato. Ora si passa all’esame di circa sessanta ordini del giorno, poi l’Assemblea voterà per il via libera alla riforma. L’approvazione dovrebbe arrivare domani, ma, secondo il presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano (Pd), si potrebbe chiudere anche questa sera.
La delega sul lavoro tornerà poi in Senato per l’ok definitivo, che – stando a quanto annunciato nei giorni scorsi dal premier Matteo Renzi – non dovrebbe arrivare oltre il 9 dicembre, per far sì che possano essere varati alcuni decreti delegati già entro fine anno.
“Contrariamente alle previsioni di alcuni profeti di sventura, non solo abbiamo cambiato nel profondo la delega sul lavoro con 37 emendamenti, ma abbiamo anche evitato la fiducia alla Camera”, ha detto ieri Damiano. Anche il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, ha confermato che la maggioranza di governo “non ha bisogno di ricorrere la fiducia sul Jobs act per reggere”.
Il Partito Democratico, tuttavia, non si presenterà coeso alla votazione finale: “Io e altri 30 parlamentari non voteremo a favore del Jobs act”, ha annunciato ieri sera Pippo Civati, ospite a Piazzapulita su La7. Un altro esponente della minoranza Pd, Stefano Fassina, ha comunicato di aver “firmato, insieme ad altri 17 altri colleghi, l’emendamento del deputato di Sinistra e Libertà Giorgio Airaudo”. La proposta di modifica, che prevedeva l’applicazione dell’articolo 18 anche ai neo assunti con contratto a tutele crescenti “trascorso un anno dalla data dall’assunzione”, è stato bocciato dall’Aula di Montecitorio.