In occasione dell’apertura della “World Internet Conference”, che si tiene in questi giorni a Wuzhen, nella provincia cinese di Zhejiang, il vicepremier Ma Kai l’ha detto chiaro e tondo: “Il governo cinese rafforzerà la gestione di internet nel quadro dell’attuale legislazione”.
Alle parole sono immediatamente seguiti i fatti: è di poche ore fa la notizia che la censura ha bloccato gli accessi ad alcuni siti molto popolari, colpendo i ‘content delivery network’ – reti di computer collegati tra loro per distribuire contenuti agli utenti finali – che potenziavano la velocità di trasmissione e ottimizzavano le performance di tali siti.
Il gruppo di attivisti della rete che fanno capo alla Greatfire.org ha dichiarato che l’azione del governo si è concentrata sui “content delivery network” proprio per rendere difficile l’accesso a un gran numero di siti. La censura multimediale gode in Cina di ottima salute e funziona a pieno ritmo.
Sono migliaia i censori che monitorano costantemente il mondo del web, oscurando siti di opposizione o anche semplicemente cancellando messaggi che presentino un contenuto politico non in linea con le idee del regime. Nello stesso tempo però la Cina punta molto sul web e vanta alcuni dei siti più frequentati al mondo, come Alibaba, il gigante dell’e-commerce.
Si tratta però di un web addomesticato o, per meglio dire, imbavagliato, ben lontano da quei principi di libertà e democrazia considerati costitutivi del mondo di Internet. Fuori dalla sala dove si svolgevano i lavori della conferenza, alcuni attivisti si sono presentati con uno striscione in cui si chiedeva libero accesso a Google, Facebook e Twitter: sono stati subito portati via dalla polizia e messi in stato di fermo.
Allegati: China Post