Aiutare le più grandi multinazionali del pianeta a evadere le tasse nel proprio Paese non è esattamente come fare i furbi sulle multe prese al volante di una Panda. Eppure, perlomeno a livello cronologico, esiste un filo che unisce le due vicende, collegando idealmente gli uomini più potenti di Bruxelles e del Campidoglio.
Il caso più eclatante riguarda Jean-Claude Juncker, da pochi giorni presidente della Commissione europea, finito sotto attacco a causa delle agevolazioni fiscali di cui godono in Lussemburgo centinaia di società estere. La rivelazione è stata pubblicata ieri da un pool di testate internazionali (in Italia L’Espresso) dopo sei mesi d’indagini su decine di migliaia di documenti riservati.
L’inchiesta riguarda un presunto accordo segreto fra almeno 300 aziende e il governo del Granducato, che concedeva loro un trattamento fiscale di favore permettendo di non pagare le tasse nei rispettivi Paesi di origine. Juncker sarebbe una delle figure centrali di questa intesa, avendo ricoperto la carica di primo ministro del Lussemburgo dal 1995 al 2013.
Diversi esponenti politici di vari paesi chiedono ora le dimissioni del presidente della Commissione Ue, il quale da parte sua assicura che agevolerà il lavoro della commissaria Margrethe Vestager, responsabile della concorrenza e quindi di questo dossier, che prevede un’indagine per presunti aiuti di Stato.
Il ministro delle Finanze lussemburghese, Pierre Gramegna, ha ricordato a Bruxelles che le regole esistenti in Lussemburgo rendono le attività rivelate ieri “perfettamente legali”, ma ha ammesso che tali pratiche non sono più considerate “eticamente compatibili” e che il Lussemburgo “non è soddisfatto di questa situazione”.
Intanto, anche il sindaco di Roma Ignazio Marino deve fronteggiare alcune richieste di dimissioni. Nel suo caso non sono in gioco somme esorbitati (appena 640 euro), ma la credibilità politica del primo cittadino è comunque messa in discussione. A scatenare le polemiche sono otto multe prese da Marino la scorsa estate con la sua Panda rossa, contravvenzioni mai pagate e misteriosamente sospese dal Comune.
L’infrazione contestata, peraltro, è sempre la stessa: ingresso senza autorizzazione nelle zone a traffico limitato. Una vera beffa per il sindaco che ha fatto della pedonalizzazione del centro di Roma uno dei suoi cavalli di battaglia. “Solo un permesso non rinnovato in tempo”, si difende Marino, ma sulla vicenda c’è anche un’interpellanza parlamentare che mette a rischio la sua carica. Secondo la legge, infatti, un sindaco non potrebbe avere liti pendenti con il Comune che guida, pena la decadenza.