Dilma ce la fa. La presidentessa del Brasile, più volte contestata negli ultimi mesi (persino sonoramente fischiata durante i Mondiali di calcio a giugno), riesce a farsi rieleggere con il 51,4% dei consensi nel ballottaggio contro lo sfidante socialdemocratico Aecio Neves. Di un soffio, ma non con il Paese spaccato geopoliticamente a metà, come dicevano le previsioni. “Sarà il Presidente del Nord-Est”, veniva scritto alla vigilia, e invece Dilma Rousseff sbanca sì in quella parte di Brasile (la più povera, che però quest’anno per la prima volta nella storia non è più nella “mappa della fame nel mondo” stilata dalla Fao), ma vanta anche un 40% al Sud – prendendo 6,3 milioni di voti – e vince a Rio de Janeiro e nel Minas Gerais, stato natale sia della presidentessa uscente sia del suo sfidante. Il quale, in compenso, conquista San Paolo e in alcune città ottiene un plebiscito, come Curitiba (capitale del Paranà) dove arriva al 72%.
Tuttavia, la conferma di Dilma Rousseff getta più di un’ombra sull’economia dell’ormai ex locomotiva sudamericana, che sotto la sua guida ha iniziato a decrescere dopo il boom degli anni 2000. Innanzitutto, è attesa per oggi la reazione dei tanto temuti mercati finanziari. Le previsioni sono tutt’altro che positive: “Il Bovespa (l’indice borsistico di San Paolo, ndr), potrebbe perdere il 10% già nella prima ora di seduta”, commenta un analista di Gradual Investimentos. “I mercati scommettevano su un cambio al governo: ora saranno scontenti, e il dollaro oggi rischia di salire a 2,70 reais”. Tale quota sarebbe il nuovo picco di una valuta che sotto Dilma a continuato a deprezzarsi, salendo da 1,66 dollari di quattro anni fa agli attuali 2,5 circa.
Ma non è questo l’unico dato negativo che la Rousseff consegna al suo prossimo mandato: l’inflazione nell’ultimo anno è cresciuta del 14%, passando dal 5,91% al 6,75% e il debito pubblico federale è aumentato da dicembre 2010 del 31%, da 1.700 a 2.200 miliardi di reais. Non solo. Viene imputato alla gestione Dilma e allo scandalo sulla corruzione anche il capitombolo in Borsa dell’azienda più importante del Brasile, quella Petrobras oggi più che mai nell’occhio del ciclone: in quattro anni il valore dell’azione è passato da 27,29 a 16,50 reais. “Dopo la rielezione della Rousseff – pronostica ancora Gradual Investimentos – l’azione potrebbe scendere sotto i 15 o anche sotto i 14 reais, mentre la vittoria di Neves avrebbe portato a una netta risalita del titolo”.
Ma in attesa dell’apertura dei mercati sudamericani, il voto brasiliano ha ripercussioni immediate anche al di qua dell’Oceano. E sono anche in questo caso negative: a Piazza Affari crollano gli Etf legati al Brasile, con perdite – intorno alle 10 italiane – che vanno dal -7,33% del Msci Brazil al -10% dell’Etf che riproduce l’indice Bovespa.