Sarà una settimana di passione quella che si apprestano a trascorrere i nuovi commissari europei designati dagli Stati membri dell’Unione. Una settimana contrassegnata dal severo esame al quale uno per uno saranno sottoposti da parte delle commissioni parlamentari in vista del voto che l’Assemblea di Strasburgo, in occasione della prossima sessione plenaria in programma a fine ottobre, esprimerà sul nuovo Esecutivo europeo nel suo complesso. Voto che subito dopo dovrà essere convalidato dal sigillo del Consiglio europeo a maggioranza qualificata.
Una settimana – questa che si apre lunedì 29 settembre e che avrà una breve coda il pomeriggio di lunedì 6 ottobre e la mattina di martedì 7 – che sarà certamente impegnativa per tutti i 27 commissari sotto esame. Prova alla quale non dovrà sottoporsi il cristiano democratico Jean-Claude Juncker, ex-premier del Lussemburgo, che l’aveva già superata il 15 luglio, quando nel corso della plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo, era stato eletto presidente dell’Esecutivo di Bruxelles con un voto a scrutinio segreto.
Questi altri 27 commissari invece, a partire da lunedì prossimo, dovranno superare le forche caudine dell’audizione in sede di commissione parlamentare competente per tema. Commissione che, a termini di regolamento, è chiamata a valutare le competenze generali del commissario designato (o della commissaria, una delle nove chiamate a far parte della nuova Commissione), il suo impegno europeo, la sua indipendenza personale, la conoscenza del portafoglio assegnatogli e la sua capacità di comunicazione.
I componenti della commissione parlamentare (o delle commissioni nei casi in cui la competenza del commissario sotto esame si estende a più di un settore), qualche giorno prima di quello fissato per l’audizione, inviano cinque domande scritte al candidato. Di queste, due sono comuni per tutti: la prima sulla competenza generale, l’impegno europeo e l’indipendenza personale; l’altra sulla gestione del portafoglio e sulla cooperazione con il Parlamento. A queste due domande, i componenti della commissione in questione ne aggiungono altre tre. Preliminarmente il commissario designato ha 15 minuti per una breve relazione introduttiva, poi risponderà alle domande. E infine potrà pronunciare una breve dichiarazione conclusiva.
In totale ogni audizione dovrà avere la durata di 3 ore. Per questo motivo le audizioni saranno al massimo sei nell’arco di una giornata: due commissioni lavoreranno in parallelo contemporaneamente dalle 9 alle 12, altre due dalle 13,30 alle 16,30, e ancora altre due dalle 18 alle 21. Le audizioni saranno tutte pubbliche, al termine di ciascuna i deputati di ciascuna commissione parlamentare si riuniranno, in questo caso a porte chiuse, per redigere una valutazione della prova per ciascun commissario designato. Queste valutazioni saranno inviate al presidente dell’Europarlamento e ai presidenti della commissioni parlamentari che le trasferiranno alla conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari.
Conclusa questa fase della procedura, toccherà al Parlamento in plenaria, il 22 ottobre, il compito di votare per appello nominale per l’accettazione o meno della Commissione nel suo complesso. Se il totale dei “sì” supererà quello dei “no”, toccherà al Consiglio (quindi agli Stati membri) decretare la formale approvazione della Commissione che entrerà in carica il primo novembre.
Una procedura complessa, questa appena illustrata; e ovviamente impegnativa sia per i commissari designati sia per i componenti della commissioni parlamentare chiamati a giudicarli. Sui nomi dei nuovi commissari si è coagulata una maggioranza solida sia fra i gruppi parlamentari (e qui l’accordo appare blindato) sia fra gli Stati membri (e anche a questo proposito l’intesa trovata da quella vecchia volpe dell’arte della mediazione che è Jean-Claude Juncker dovrebbe garantire una conclusione senza problemi).
E però… In realtà nessuno oggi può garantire che tutto vada liscio come l’olio. E che improbabili ma non impossibili imprevisti possano rimettere in discussione uno scenario già tutto definito. Come in ogni trattativa che si rispetti, anche in questa che ha partorito l’elenco dei commissari designati e l’assegnazione degli incarichi è stato inevitabile (per Juncker, s’intende) mettere insieme posizioni, esigenze e richieste a prima vista inconciliabili. Con la conseguenza che un commissario (o una commissaria) potrebbe ricevere una valutazione non proprio entusiastica da parte della commissione parlamentare. Per propria oggettiva incapacità in rapporto al portafoglio che dovrebbe gestire; o più banalmente, per esempio, a causa della difficoltà di rispondere a domande imbarazzanti da parte di un deputato “peone” non legato ad alcuna cordata.
Difficile? Forse. Impossibile? Non lo può escludere nessuno. Neppure lo stesso Parlamento di Strasburgo. Che si premura di ricordarci (grazie!) quel che è accaduto nel febbraio 2010, quando la Commissione è stata eletta cinque mesi dopo la scadenza della precedente in conseguenza del ritardo nell’approvazione del Trattato di Lisbona. In quella occasione, dopo un’audizione debolissima da parte della candidata bulgara Rumiana Jeleva, il presidente Barroso invitò questa a farsi da parte e chiese una candidata alternativa al governo di Sofia. Che si affrettò a richiamare l’economista Kristalina Georgieva da Washington, dove esercitava l’incarico di vicepresidente della Banca mondiale, per spedirla in tutta fretta a Bruxelles; dove per altro in questi anni si è fatta apprezzare e ora viene confermata, passando a vicepresidente, nella squadra di Juncker.
Ancora peggio andò cinque anni prima, anche allora presidente Barroso. Il quale indusse al ritiro il nostro Rocco Buttiglione, penalizzato da una risposta sincera (anche troppo, e quindi forse ingenua, a una domanda provocatoria) e la lettone Ingrida Udre, sostituiti rispettivamente da Franco Frattini e da Andris Piebalgs, e cambiò portafoglio all’ungherese Laszlo Kovacs.
Tornando all’oggi, qualche commissario designato potrebbe incontrare ostacoli per motivi di incompatibilità o di opportunità in parte amplificati da indiscrezioni giornalistiche. In tema di possibile incompatibilità, c’è l’inglese Jonathan Hill, un ex-lobbista della City londinese al quale è stato assegnato il portafoglio Stabilità finanziaria, Servizi finanziari e Unione dei mercati dei capitali.: “Spero che gli amici britannici ora capiranno un po’ meglio la logica europea dei servizi finanziari se gliela spiegano nella lingua di Shakespeare”, è stata la spiegazione di Juncker. Qualcun altro ha detto che affidare quell’incarico a Hill è stato un po’ come mettere una volpe di guardia a un pollaio…
C’è poi lo spagnolo Miguel Arias Canete, commissario designato all’Azione per il clima e l’energia, presidente di due società petrolifere, per nulla gradito agli ambientalisti. C’è il maltese Karmenu Vella, commissario per l’Ambiente e le Politiche marittime, già direttore di una grossa società di scommesse. E c’è l’ungherese Tibor Navracsics, ministro degli Esteri del premier Viktor Orban e autore della legge che ha affossato la libertà di stampa in Ungheria.
Infine due commissarie. Una è la romena Corina Cretu, commissaria per la Politica regionale, bella signora accusata di essere stata usata dai servizi segreti di Ceausescu persedurre politici occidentali e potere così venire a conoscenza di notizie riservatissime. Circostanze che lei ha smentito sempre con molta fermezza. L’altra è la slovena Alenka Bratusek, prima premier donna nel suo Paese fino alla primavera scorsa, bruna fascinosa al punto che Google le ha dedicato una sorta di book ricco di foto e di filmati dall’inequivocabile titolo “Bratusek legs”.
Dimessasi da premier dopo che il suo partito ha perso le elezioni, era rimasta in carica per l’ordinaria amministrazione in attesa della sostituzione. Breve attesa durante la quale la Bratusek, nell’esercizio del suo ruolo di premier, in risposta alla richiesta di Juncker di segnalargli un nome da candidare per la nuova Commissione, gli ha dato il proprio. Ora è, salvo sorprese in sede di audizione, vicepresidente della Commissione per l’Unione dell’energia.
Nessuna sorpresa all’orizzonte invece per Federica Mogherini, che Juncker ha definito “ultracompetente”. Il nostro attuale ministro degli Esteri ha fatto sapere che resterà alla Farnesina sino a fine ottobre. Andrà ovviamente a Bruxelles per l’audizione fissata per la sera dell’8 ottobre. Poi, il primo novembre, prenderà possesso a Berlaymont del suo nuovo ufficio di altro rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza dell’Ue e di vicepresidente della Commissione europea.