Non solo Pd, ma anche ex Popolo della libertà, Movimento 5 stelle, Lega Nord, Udc, Gruppo Misto, Fds e Sel-Verdi. Sono di ogni collocazione politica gli indagati per peculato che facevano parte del consiglio regionale appena sciolto in Emilia Romagna. Tra loro figurano anche tutti i capigruppo in carica nel periodo 2010-2012, che avevano la responsabilità di firmare le richieste di rimborso.
Si tratta di Luigi Giuseppe Villani (Pdl), Marco Monari (Pd), Mauro Manfredini (Lega), Liana Barbati (Idv), Andrea Defranceschi (M5S), Silvia Noé (Udc), Matteo Riva (Gruppo Misto), Roberto Sconciaforni (Fds) e Gianguido Naldi (Sel-Verdi).
Martedì il Partito democratico era stato travolto dalla notizia che i suoi due candidati alle primarie per la presidenza della Regione, Matteo Richetti e Stefano Bonaccini, sono coinvolti nell’inchiesta insieme ad altri sei colleghi di partito.
Ieri i magistrati responsabili dell’inchiesta hanno replicato a chi parlava di giustizia a orologeria, considerata la vicinanza delle elezioni regionali e delle primarie Pd: “La procura della Repubblica ha lavorato anche in agosto” recita il comunicato, precisando che Bonaccini e Richetti sono stati iscritti a registro quando ancora non era stata decisa una loro candidatura alle primarie.
Bonaccini ha spiegato che gli vengono contestate spese per “poco meno di 4mila euro in un periodo di 19 mesi” (tra 2010 e 2011) e che riguardano “spese per pranzi e cene e rimborsi chilometrici per la mia attività di consigliere che ha girato per cinque anni nei territori e teneva i rapporti con gli amministratori”. L’avvocato Vittorio Manes ha precisato che “si tratta di circa 200 euro al mese: faremo istanza di archiviazione”.
Ammontano a 5.500 euro, invece, le spese ritenute illecite e contestate dai pm di Bologna a Matteo Richetti, il deputato Pd che ieri ha annunciato il proprio ritiro dalla corsa alle primarie.